Non c’è pace nè stabilità nella Libia destabilizzata dal 2011 dalla Nato. È infatti salito a 16 morti e 52 feriti il bilancio delle vittime fornito dal ministero della Salute libico sui nuovi scontri avvenuti nei giorni scorsi nella capitale libica, terminati dopo che le autorità di Tripoli hanno raggiunto un cessate il fuoco tra i due gruppi armati coinvolti.
Secondo una prima ricostruzione il Consiglio presidenziale, in qualità di comandante supremo dell’esercito, ha affidato al capo di Stato maggiore, Mohamed Al-Haddad, l’incarico di arrivare a una tregua. Haddad sarà ora affiancato dal ministro dell’Interno ad interim, Bader Aldeen Al-Tumi, nominato dopo il licenziamento del ministro Khaled Mazen, nel compito di monitorare il rispetto del cessate il fuoco.
Il problema è che solo la Forza speciale di deterrenza (Sdf/Rada), guidata da Abdelrauf Kara, ha annunciato pubblicamente di aderire alla tregua, dopo il rilascio di un proprio comandante detenuto dalle Brigate Rivoluzionarie di Tripoli, guidate da Ayoub Aburas, con cui si è scontrata in diverse aree nel sud-est di Tripoli. Le Brigate non hanno invece rilasciato dichiarazioni e ci sono notizie secondo cui si starebbero mobilitando per un contrattacco volto a riconquistare il loro territorio e vari punti di sicurezza finiti in mano a Rada. Per questo motivo, ha sottolineato il quotidiano libico Libya Herald, “il cessate il fuoco potrebbe essere di breve durata”.
La tregua ha consentito di riprendere il traffico aereo all’aeroporto Mitiga di Tripoli, sospeso per gli scontri armati.
Ma scontri sono avvenuti ieri anche a Misurata dove milizie riconosciute dallo stato si sono scontrate con un’altra fazione. La Joint Operations Force (JOF), allineata al primo ministro ad interim Abd Alhamid Aldabaiba, è stata colpita ieri a un posto di blocco all’ingresso occidentale di Misurata e hanno denunciato alcuni feriti. La JOF ha attribuito l’attacco alla Brigata Mahjoub allineata alla Camera dei Rappresentanti nominata Primo Ministro, Fathi Bashagha.
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