di Valeria Cagnazzo
Il Presidente Paul-Henri Sandaogo Damiba, al potere dal golpe militare del 24 gennaio scorso, lo ha voluto con forza, e così l’8 luglio scorso il palazzo presidenziale della capitale Ouagadougou ha ospitato un inedito incontro ai vertici. Per consultarsi sulla situazione di emergenza del Burkina Faso in termini di sicurezza e di povertà, per Damiba era necessario sentire il parere degli ex Presidenti del Paese tuttora in vita. Cinque leader molto distanti gli uni dagli altri, con un passato più o meno trasparente, una fedina penale più o meno integra, chiamati a discutere di persona sullo stato di una Nazione che in un modo o nell’altro li ha rigettati.
In un Paese in ginocchio a causa della crisi economica e soprattutto della violenza jihadista, che provoca quotidianamente attentati e stragi, per Damiba è essenziale un confronto a larghe intese. Secondo il Presidente, che guiderà il Burkina per un periodo di transizione di massimo tre anni, l’obiettivo di questo incontro è “la ricerca della coesione sociale di fronte alla situazione difficile che attraversa” il Paese.
A Ouagadougou sono quindi arrivati i Presidenti Michel Kafando, Yacouba Isaac Zida (in esilio in Canada dopo le accuse di appropriazione illecita di fondi pubblici) e Jean-Baptiste Ouédraogo. Marc Christian Kaboré, primo Presidente eletto democraticamente nel Paese nel 2015 e destituito con il colpo di stato del gennaio scorso dallo stesso Damiba, è stato costretto a partecipare al vertice con la forza. Un gesto che fa vacillare molto il significato della definizione di “riconciliazione nazionale” con la quale il golpista Damiba ha battezzato i tentativi, compreso questo incontro, volti a riappacificare un Burkina Faso alla deriva dopo decenni di golpe, guerra civile e terrorismo jihadista.
La presenza più discussa di tutte è, però, quella del quinto di questi ex Presidenti, di fatto il primo di loro cronologicamente: Blaise Compaoré. Al potere per ventisette anni fino al 2014, quando un colpo di stato destituì il suo governo e lo costrinse a rifugiarsi in Costa d’Avorio, sotto la protezione francese. Da otto anni, Compaoré non varcava il confine burkinabé. Non è rientrato nel Paese neanche nell’aprile scorso, per sedere al banco degli imputati nel processo per l’omicidio dell’ex Presidente del Burkina Faso, Thomas Sankara.
Il 6 aprile scorso il tribunale di Ouagadougou lo ha condannato all’ergastolo in contumacia per essere il responsabile dell’uccisione di Sankara e di 14 suoi collaboratori nel colpo di stato che lo portò poi al potere nel 1987. Una condanna pesantissima alla quale Compaoré si è sottratto grazie all’esilio ivoriano.
Il 7 luglio, invece, dimenticando ergastoli e anni di lontananza, Blaise Compaoré è tornato in Burkina Faso viaggiando a bordo di un Gulfstream G500, un business jet di proprietà della presidenza ivoriana, accanto alla moglie Chantal. Il giorno dopo ha raggiunto il palazzo di Kosyam per incontrare Damiba calpestando un tappeto rosso.
All’incontro della mattina seguente alla presenza di Compaoré, né Kafando, né Zida, né Kaboré hanno voluto partecipare. Si è trattato quindi di un vertice a tre, tra Ouédraogo, Compaoré e Damiba, che ha colto l’occasione per precisare alla stampa come la situazione attuale del Paese non consenta di “concedersi il lusso di perdere il tempo in polemiche”. E ha aggiunto: “Ai burkinabè che si sono espressi contro il nostro approccio, diciamo che questo processo non è fatto per consacrare l’impunità, ma per contribuire alla ricerca di soluzioni per un Burkina Faso di pace e coesione. Chiediamo loro di porre i migliori interessi della Nazione al di sopra di qualsiasi considerazione politica o di parte”.
L’arrivo di Compaoré nel Paese ha, infatti, scatenato vivaci proteste da parte dei burkinabé. Sebbene una parte della popolazione abbia accolto la notizia del rientro dell’ex Presidente con entusiasmo, invocando i tempi della sua Presidenza dominati dalla sicurezza e dalla pace interna, le critiche non sono mancate. Secondo alcuni, dietro al tentativo di “riconciliazione nazionale” si nasconde il progetto di riabilitare il ruolo politico di Compaoré, addirittura di riesumare il suo regime. La consultazione presidenziale di un uomo condannato all’ergastolo per l’omicidio di Sankara è stata vista come l’offerta di un’amnistia per le sue responsabilità in quella morte.
All’uscita dalla riunione, Damiba, accanto a Compaoré e Ouédraogo, ha dichiarato che l’oggetto dell’incontro è stata principalmente “la ricerca di una pace duratura per il Paese”. I due ex presidenti, in tarda mattinata, hanno poi diramato un comunicato congiunto, in cui hanno sottolineato la drammaticità delle situazioni del Paese, dal quale due milioni di persone sono fuggite a causa del terrorismo jihadista e in cui “metà del territorio è fuori controllo”. Hanno quindi invocato il “superamento delle convinzioni politiche, generazionali, etniche, religiose e di altro tipo tradizionale”, essenziale per riuscire “a ricostruire insieme le fondamenta del Paese in un sussulto patriottico“.
Intervistato dall’agenzia di notizie Jeune Afrique, l’avvocato della famiglia dell’ex Presidente Thomas Sankara, Me Bénéwendé Stanislas Sankara, ha dichiarato: “Blaise Compaoré si è sottratto alla giustizia di quello che è ormai il suo vecchio Paese, dal momento che ha ottenuto la cittadinanza ivoriana. E dal momento che è rientrato in Burkina, egli deve, in conformità con le disposizioni legali, essere arrestato e portato davanti alla giustizia militare”.
Non solo non è stato arrestato, ma dopo l’incontro Compaoré è stato ospitato nella villa Khadafi, di proprietà dello Stato. Secondo alcune indiscrezioni, si sarebbe poi recato nel suo villaggio natale, Ziniaré, per trascorrere il fine settimana nella casa di famiglia, insieme alla sorella Antoinette. Secondo l’avvocato, questa impunità è legata al fatto che “la politica e l’esercito hanno preso il sopravvento sulla legalità. Per me è un abuso di potere e una negazione della giustizia”.
Quanto alle intenzioni dichiarate da Damiba di una “riconciliazione interna” del Paese per giustificare il vertice con Compaoré, Stanislas Sankara ha spiegato di non crederci affatto: “L’annuncio dell’arrivo di Blaise Compaoré ha diviso profondamente anche il Burkinabè e ha esacerbato le divisioni all’interno della popolazione. Non è certo il miglior alibi”.
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