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14/11/2022

Attentato a Instanbul. La Turchia accusa il PKK, ma è una tesi frettolosa

Risultano esserci già ventidue arresti per l’attentato nelle strade centrali di Instanbul avvenuto ieri pomeriggio. Ad annunciarlo è stato il ministro dell’Interno turco Souleyman Soylu.

“La persona responsabile di aver piazzato ieri la bomba nel viale Istiklal, nel centro di Istanbul, che ha causato 6 morti e 81 feriti è stata arrestata” ha dichiarato il ministro dell’Interno della Turchia, Suleyman Soylu, che ha subito accusato il Partito dei lavoratori del Kurdistan (PKK) dell’attentato. “Secondo le nostre conclusioni, l’organizzazione terroristica del Partito dei Lavoratori del Kurdistan è responsabile”, ha affermato il ministro, citato dall’agenzia di stampa turca “Anadolu”. “Anche altri 21 sospetti sono stati arrestati” ha aggiunto il ministro, senza specificare le modalità che hanno condotto all’arresto del presunto responsabile né se si tratta di una donna, come aveva dichiarato in precedenza il presidente turco Recep Tayyip Erdogan.

Il ministro ha accusato le forze curde che controllano gran parte della Siria nord-orientale, che Ankara considera terroristi, di essere dietro l’attacco: “Riteniamo che l’ordine per l’attacco sia stato dato da Kobane”.

L’attentato però fino ad ora non è stato rivendicato e di nemici il governo turco non ha certo solo i curdi. C’è un Isis che si è sentito tradito dalla Turchia, c’è chi non gradisce il ruolo di mediazione che Ankara sta svolgendo nella guerra in Ucraina, ci sono gli armeni del Nagorno Karabach recentemente attaccati dall’Azerbaijan con l’aperto sostegno della Turchia. Insomma potrebbe esserci l’imbarazzo della scelta.

Colpisce il fatto che in un servizio sull’attentato della televisione di stato tedesca, la DW, si afferma che il ministro degli Interni turco Soylu ha tirato in ballo anche gli Stati Uniti, paragonando un messaggio di cordoglio della Casa Bianca a un “assassino che si è presentato per primo sulla scena del crimine”. Ma questo “dettaglio” sulle dichiarazioni di Solyu non compare su altre testate internazionali. Il contesto di tale dichiarazione è ascrivibile alle ripetute tensioni tra Turchia e Stati Uniti per l’ostrascismo di questi ultimi verso l’offensiva militare turca contro le enclave curde nella Siria del Nord.

La rapidità con cui le autorità di Ankara hanno subito accusato il PKK potrebbe rivelarsi strumentale a legittimare l’offensiva militare turca nel nord della Siria e a stoppare la campagna internazionale che chiede la rimozione del PKK dalla lista nera delle organizzazioni terroristiche.

In una nota le YPG curde smentiscono nettamente ogni paternità dell’attentato di Instanbul: “Neghiamo categoricamente ogni legame con Ahlam al-Bashir, l’autore dell’attacco terroristico – scrivono in un comunicato – L’affermazione secondo cui l’aggressore, Ahlam al-Bashir, è entrato nel territorio turco proveniente dall’Afrin occupato dai turchi, che è stato interamente sotto il controllo dell’intelligence turca del Partito AK, del Movimento Nazionalista, e Ha y’at Tahrir al-Sham (al-Qaeda) dal 2018, conferma che questa vicenda è stata preparata dal governo del Partito AK ed Erdogan che soffrono a causa delle prossime elezioni del prossimo anno”.

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