La memoria è elastica, si sa... Quella dei “sinistrati” italici poi è particolarmente labile, quasi da proverbiale “pesce rosso”...
Così capita che all’indomani della nascita del primo governo guidato da una post-fascista – che comunque era già stata ministro, sotto Berlusconi, insieme a La Russa e Gasparri, peraltro – molti abbiano scoperto in Giuseppe Conte una “speranza progressista”.
Il ragionamento, o sedicente tale, segue sempre lo stesso percorso che ha portato le formazioni variamente titolate al “comunismo” nel pozzo nero dell’irrilevanza: “se ci alleiamo con Tizio o con Caio sommiamo i nostri (pochi) voti ai loro (molti, anche se diminuiti) e se abbiamo culo ci guadagniamo persino un deputato o un consigliere regionale o comunale”, ecc.
Nella speranza, insomma, di recuperare una (futura e ipotetica) visibilità si è accettato di vedersi scomparire nel presente. Restando poi sempre sorpresi dal fatto che gli elettori si fossero dimenticati di loro...
Nel caso della “riconsiderazione” di Conte e dei Cinque Stelle in generale la memoria sembra però più debole del solito. Il loro “progressismo”, dichiarato dopo l’espulsione dal governo di Mario Draghi – ricordiamo che loro si erano limitati a non votare la fiducia sul cosiddetto “decreto aiuti”, ma SuperMario colse al volo l’opportunità della crisi che ha portato ad elezioni anticipate – è stato quasi un modello di scuola: si va a votare e l’unico spazio vuoto è quello a sinistra del governo “con tutti dentro”.
In un attimo ci si è dimenticati del governo con Salvini, dei “porti chiusi”, dei “decreti sicurezza” (peraltro non modificati neanche durante la coabitazione con il PD e poi con tutti gli altri) e di altri provvedimenti vergognosamente di destra.
Anche sul piano internazionale si è steso un velo di ipocrita silenzio sulla “relazione speciale” con Donald Trump. E forse in questo caso potrebbe anche essere invocato lo “stato di necessità”, perché ogni governo italiano ha dovuto, nel dopoguerra, ottenere un placet dopo incontro con il presidente Usa in carica.
Ma perché dimenticarsi di Bolsonaro? Nel caso del fascista brasilero lo “stato di necessità” sicuramente non c’era. Ed anche il contenuto dei rapporti tra i due paesi non era tale da motivare abbracci e complimenti reciproci. Ancora meno per l’unico “successo” ottenuto durante quel mandato: l’arresto di Cesare Battisti ormai quasi settantenne, sbattuto e fotografato in prima pagina come un trofeo di caccia. Ma poi, tre giorni fa, con un totale cambiamento di approccio, Conte si è invece sperticato nelle lodi a Lula.
Si può cambiare repentinamente opinione a secondo se si è al governo o all’opposizione? Certo, ma di questi “progressisti” si può certamente fare a meno. Altrimenti il ricorso sistematico alla “catarsi” come avvenuto per il PD verrebbe applicato anche a Conte e con i medesimi risultati.
Se si vuole ricreare un’opposizione sociale e politica credibile, libera di determinare le proprie scelte e non semplicemente “eleggere” uno a caso (che si venderà il giorno dopo... volete la lista dei nomi?).
In Italia si vota tutti gli anni, e anche più volte in un anno.
Abbiamo bisogno di una rappresentanza politica che possa aiutare studenti, operai, pensionati, in una stagione che più difficile non si era mai vista.
Non ci basta, e non ci serve, una figurina sullo sfondo di un’aula, che recita la parte dell’”alternativa” mentre capitalizza una rendita di posizione in cambio del silenzio.
Conte e i grillini non sono meglio del PD...
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