Era una notizia attesa ma non per questo meno dolorosa. Questa notte è morto il nostro compagno e fratello Riadh Zhagdane. Raggiunge così la sua splendida compagna di vita Raoudha che ci aveva lasciati poco tempo fa.
Scrivere di Riadh significa descrivere la vita e la traiettoria di un combattente, ragione per cui lo chiamavamo “fedayn” come i combattenti palestinesi al fianco dei quali si è sempre schierato incondizionatamente.
Riadh era un militante comunista anche nel suo paese d’origine, la Tunisia, dalla quale era dovuto fuggire per le persecuzioni politiche.
Arrivato in Italia ci ha messo poco a diventare un attivista sindacale nel suo luogo di lavoro e nella categoria della logistica. Prima con l’Sdl e poi con l’Usb.
Riadh da anni era responsabile del lavoro sindacale dell’Usb nel settore durissimo e conflittuale della logistica. Un settore dove la lotta di classe somiglia spesso a quella dell’Ottocento ed in cui gran parte dei lavoratori sono immigrati.
E questo pezzo di mondo del lavoro per Riadh è stato l’acqua in cui ha nuotato e combattuto apertamente e sempre in prima fila. Ad un picchetto la polizia gli ruppe la testa con una manganellata. Tanto che qualche volta abbiamo dovuto tirarlo via per la giacca.
Quegli slogan come “Chi tocca uno tocca tutti!” e “Schiavi Mai!”, che i lavoratori della logistica lanciano come fattore di coesione, riscatto, identità, hanno sempre suonato chiari e forti nelle corde di Riadh, per quello che stava facendo adesso e per quello che si portava come eredità delle lotte contro il neocolonialismo.
Riadh è stato un sindacalista combattivo di prima grandezza, ma era anche un comunista a tutto tondo. Ragione per cui ha aderito quasi naturalmente alla Rete dei Comunisti.
Riadh è la dimostrazione di cosa significa essere un comunista dentro il conflitto sociale. Un esempio per le compagne e i compagni delle nuove generazioni.
È vero che ci sono morti che pesano come piume e morti che pesano come montagne. Riadh per tante compagne e compagni era una montagna, un combattente, il nostro “fedayn”.
Salutiamo a pugno chiuso il compagno Riadh Zaghdane e abbracciamo suo figlio Nidhal.
Il saluto collettivo a Riadh si terrà lunedi 11 dicembre alle ore 15.00 al Centro sociale Intifada (via Casalbruciato 15, Roma).
Oppure dalle 13.00 alle 14.30 alla camera ardente dell’Ospedale Vannini (Via Acqua Bullicante)
Scrivere di Riadh significa descrivere la vita e la traiettoria di un combattente, ragione per cui lo chiamavamo “fedayn” come i combattenti palestinesi al fianco dei quali si è sempre schierato incondizionatamente.
Riadh era un militante comunista anche nel suo paese d’origine, la Tunisia, dalla quale era dovuto fuggire per le persecuzioni politiche.
Arrivato in Italia ci ha messo poco a diventare un attivista sindacale nel suo luogo di lavoro e nella categoria della logistica. Prima con l’Sdl e poi con l’Usb.
Riadh da anni era responsabile del lavoro sindacale dell’Usb nel settore durissimo e conflittuale della logistica. Un settore dove la lotta di classe somiglia spesso a quella dell’Ottocento ed in cui gran parte dei lavoratori sono immigrati.
E questo pezzo di mondo del lavoro per Riadh è stato l’acqua in cui ha nuotato e combattuto apertamente e sempre in prima fila. Ad un picchetto la polizia gli ruppe la testa con una manganellata. Tanto che qualche volta abbiamo dovuto tirarlo via per la giacca.
Quegli slogan come “Chi tocca uno tocca tutti!” e “Schiavi Mai!”, che i lavoratori della logistica lanciano come fattore di coesione, riscatto, identità, hanno sempre suonato chiari e forti nelle corde di Riadh, per quello che stava facendo adesso e per quello che si portava come eredità delle lotte contro il neocolonialismo.
Riadh è stato un sindacalista combattivo di prima grandezza, ma era anche un comunista a tutto tondo. Ragione per cui ha aderito quasi naturalmente alla Rete dei Comunisti.
Riadh è la dimostrazione di cosa significa essere un comunista dentro il conflitto sociale. Un esempio per le compagne e i compagni delle nuove generazioni.
È vero che ci sono morti che pesano come piume e morti che pesano come montagne. Riadh per tante compagne e compagni era una montagna, un combattente, il nostro “fedayn”.
Salutiamo a pugno chiuso il compagno Riadh Zaghdane e abbracciamo suo figlio Nidhal.
Il saluto collettivo a Riadh si terrà lunedi 11 dicembre alle ore 15.00 al Centro sociale Intifada (via Casalbruciato 15, Roma).
Oppure dalle 13.00 alle 14.30 alla camera ardente dell’Ospedale Vannini (Via Acqua Bullicante)
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Ci ha lasciati un grande combattente. Gli insegnamenti di Riadh un faro per tutti quelli che lottano contro le ingiustizie.
Venerdì 8 dicembre il nostro compagno e fratello Riadh Zaghdane si è spento a Roma all’ospedale Figlie di San Camillo, dove era stato ricoverato d’urgenza il giorno prima. Durante tutto l’ultimo anno Riadh aveva combattuto contro un tumore molto aggressivo che lo aveva attaccato in varie parti del corpo. Nonostante il quadro clinico fosse molto negativo, Riadh non solo non si è mai arreso alla malattia ma non ha mai mollato neanche per un istante di contribuire al lavoro dell’organizzazione e di partecipare, con tutte le sue forze, alle lotte e alle iniziative. Durante le cure chemioterapiche Riadh ha continuato a partecipare a incontri e riunioni e, nonostante le proteste dei compagni che lo invitavano a fermarsi, si è continuato a spostare per la penisola, intervenendo ad assemblee e manifestazioni.
Lucido e attento fino alla fine, Riadh ha continuato a trasmettere indicazioni e consigli ai compagni, sempre con uno spirito positivo, sempre guardando in avanti, contagiando tutti noi con il suo spirito combattivo. Inseguito da denunce e procedimenti penali per le mille battaglie sociali e sindacali sostenute, Riadh non si è mai lasciato intimorire ed ha continuato a condurre e partecipare in prima fila, esponendosi in prima persona con coraggio e senza mai fare un passo indietro.
La forza di Riadh era impressionante. Tutti quelli che lo hanno conosciuto sono sempre rimasti impressionati dalla sua spinta fortissima e dalla tenacia con cui conduceva le battaglie. Lo sanno bene quei padroni che hanno avuto la sventura di confrontarsi con lui nelle trattative sindacali, che Riadh affrontava con una determinazione incrollabile, oltre che con una profonda competenza della materia.
Riadh non si scoraggiava mai, anche nelle situazioni più complicate era sempre alla ricerca della soluzione per non indietreggiare. Combattere era la sua filosofia di vita.
Un istinto naturale lo portava ad assumere il punto di vista degli interessi dei lavoratori in ogni contesto. La sua era, prima ancora che una deduzione razionale, la espressione viva e concreta di una innata coscienza di classe. Per lui non contavano le barriere culturali, religiose, etniche o di genere, su tutto prevalevano sempre, istintivamente, gli interessi di classe, il desiderio di affermare una giustizia sociale universale, senza nessuna distinzione.
Militante fin da giovanissimo nella sua terra, la Tunisia, dove si era formato come comunista, venuto in Italia si è immediatamente sintonizzato con il movimento sindacale conflittuale e con le sue organizzazioni: prima in SdL e poi, fin dalla sua nascita, in Usb. Protagonista prima della costruzione della federazione romana e poi del settore nazionale della logistica, Riadh a novembre dello scorso anno era entrato a far parte dell’esecutivo nazionale confederale dell’organizzazione.
Ci lascia un vuoto incolmabile ma anche una grandissima eredità di passione, di forza, di combattività e di coraggio. Sta a noi, compagne e compagni di Usb, raccogliere e sviluppare i suoi insegnamenti che sono l’unica arma che abbiamo per combattere il dolore che da oggi ci portiamo dentro.
Potremo salutare Riadh lunedì 11, dalle 13:00 e alle 14:30 alla camera ardente dell’Ospedale Vannini ex Figlie di San Camillo, e presso il Centro Sociale Intifada alle ore 15 in Via Casalbruciato 15.
Unione Sindacale di Base
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