Alla fine il tanto atteso emendamento sul blocco del taglio delle pensioni di oltre 700 mila dipendenti pubblici è arrivato, ma la toppa è peggiore del buco.
Medici, infermieri e personale sanitario, maestre/i, ufficiali giudiziari e personale degli Enti Locali, per non incorrere in tagli drastici dell’assegno pensionistico, legato alla quota di retributivo per chi ha lavorato tra il 1981 e il 1995, dovranno rimanere al lavoro fino al raggiungimento del requisito di vecchiaia ovvero 67 anni, per ora.
Perché nessuno può garantire che i requisiti per la pensione di vecchiaia non vengano ulteriormente peggiorati nel tempo, che è poi tra i principali motivi per i quali, appena si può, si scappa dal lavoro.
Per i sanitari è prevista la possibilità di ridurre la penalizzazione per ogni mese in più che si rimane al lavoro dopo aver raggiunto i requisiti minimi per la pensione. Fino a 70 anni, tanta è la possibilità concessa ai sanitari per il pensionamento.
E meno male che la fretta, non di certo il pudore, di concludere l’iter della legge di bilancio ha impedito di portarla a quei 72 anni, invocati dal governo per la categoria, utili per continuare a non assumere ma, al contempo, non svuotare gli Ospedali.
L’entità del danno aumenta se si considera che, dilatando fino al limite massimo dei 67 anni (attuali) la possibilità di andare in pensione per tutte queste lavoratrici e lavoratori, aumenta anche il tempo d’attesa del TFS/TFR che, attualmente, si attesta su 2 anni circa, riducendo la possibilità di una qualità della vita degna del tanto tempo messo a disposizione del lavoro.
Va anche peggio per le lavoratrici costrette ad accedere ad Opzione donna, che viene ulteriormente peggiorata sia nei requisiti di accesso che nella decurtazione economica.
Se quindi, ad esempio, sei una lavoratrice del PI, appartenente alle categorie oggetto di taglio della parte retributiva dell’assegno e vai, avendo acquisito il diritto, in pensione anticipata avrai un taglio consistente (parliamo di migliaia di euro, non bruscolini) ma se vai in pensione con Opzione donna si aggiunge un ulteriore taglio del 30/40% sull’assegno finale.
Un capolavoro, considerando che la percentuale di donne nel PI supera il 60% e che molte tra loro sono costrette alla pensione anticipata, in qualunque forma si presenti, per assolvere al lavoro di cura in un Paese in cui il welfare viene di continuo ridotto e reso inaccessibile ai più.
Fare cassa sulle pensioni e rendere continuamente precaria la qualità della vita in vecchiaia non è solo profondamente ingiusto ma anche il segno del disprezzo che questo Governo, e tutti quelli che l’hanno preceduto, nutre nei confronti dei lavoratori e delle lavoratrici dipendenti di questo Paese.
Non mancano i soldi, come dimostrano i continui e miliardari finanziamenti alle guerre o a inutili infrastrutture come il Ponte sullo Stretto, manca la volontà di difendere il lavoro pubblico e i servizi pubblici.
A tanto disprezzo non resta che rispondere nelle piazze!
Fonte
Nessun commento:
Posta un commento