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31/12/2023

Scaricare l’Ucraina, usandola ancora. Ma come?

di Francesco Dall'Aglio

Alcune cose sono successe, durante gli ultimi giorni, e alcune di queste cose presentano motivi di interesse.

La prima è certamente l’editoriale di Serge Schmemann pubblicato il 27 dicembre sul New York Times e intitolato “L’Ucraina non ha bisogno di tutto il suo territorio per sconfiggere Putin” che, come era prevedibile, ha sollevato un bel po’ di discussioni.

I titoli degli articoli, però non sono tutto, anzi sono quasi niente: c’è bisogno del testo.

A prima vista l’articolo (soprattutto, ripeto, se consideriamo solo il titolo) non sembra discostarsi molto dall’idea generale che si sta facendo strada da un po’ di tempo, ossia che una vittoria militare ucraina non sia più ipotizzabile (resto stupito dal fatto che si è davvero pensato potesse esserlo, ma questo è un altro discorso) e sia necessario non solo trattare, ma all’occorrenza trattare da una posizione di debolezza.

Lo stesso giorno era stato pubblicato anche un articolo di Politico che diceva più o meno lo stesso: passare alla difensiva, potenziare le difese, soprattutto quelle antiaeree, “far risorgere” l’industria ucraina per mettere il paese in grado di sopperire ai suoi bisogni senza troppo sostegno estero eccetera, in modo da arrivare a questi benedetti negoziati nel migliore dei modi, e poi aggiunge tutta una serie di considerazioni interessanti in chiave di politica interna americana che non sto qui a ripetere.

L’articolo del NYT però fa un passo avanti, suggerendo di arrivare ai negoziati anche non nel modo migliore, ma dando per scontato che parte del territorio sia persa e non sia, almeno al momento, recuperabile. Questo, però, non significa cedere, e la lettura dell’articolo lo conferma.

In primo luogo l’idea dei negoziati è presentata come un’idea di Putin, non della controparte ucraina, riprendendo un articolo sempre del NYT del 23 dicembre.

Questo, scrive Schmemann, è “sia sospetto che allettante“. Sospetto perché, al di là del fatto che Putin non è degno di fiducia, lascerebbe la Russia in controllo del 20% del territorio ucraino e le darebbe tempo e modo di riorganizzare le forze per riprendere le ostilità, magari aspettando che Trump diventi Presidente (che poi è la preoccupazione maggiore del NYT, ma anche questo è un altro discorso).

Se però Putin fosse serio, continua Schmemann, l’Ucraina dovrebbe accettare perché “il territorio recuperato non è la sola misura della vittoria in questa guerra“.

La controffensiva è andata male, non è sicuro che in futuro riceverà la stessa assistenza da parte degli alleati, e l’ipotesi di una guerra d’attrito certamente non favorisce l’Ucraina.

Ma, appunto, “riconquistare territorio è la maniera sbagliata di immaginare il risultato migliore. La vera vittoria dell’Ucraina sarà sorgere dall’inferno della guerra come uno stato forte, indipendente, prospero e sicuro, fermamente piantato in Occidente“, cioè quello che “il signor Putin teme di più“.

In che modo l’Ucraina possa diventare forte e prospera, soprattutto perdendo il 20% del suo territorio con regioni economicamente importantissime e la più grande centrale nucleare d’Europa, è lasciato nel vago, così come non si spiega perché Putin dovrebbe temere una cosa del genere.

Secondo Schmemann, perché gli ricorderebbe che era la strada che la Russia avrebbe potuto seguire dopo il 1991 quando “entrambi i paesi si sono liberati dall’Unione Sovietica, prima che il signor Putin entrasse nel Cremlino e soccombesse al rancore e al fascino del potere dittatoriale e dell’illusione imperiale“, abbandonando il paradiso democratico e riformista della gestione Eltsin che tanto ci piaceva (quest’ultima è una considerazione mia. A differenza di quella di Schmemann è sensata).

Certo, un armistizio sarebbe difficile per Zelensky, “l’intrepido presidente ucraino“, che già si è urtato quando Zaluzhny ha osato parlare di stallo del fronte. Ma, e qui viene la parte interessante, “esplorare [l’idea di] un armistizio non è ritirarsi. Al contrario, la lotta deve continuare, anche quando inizieranno le trattative, per mantenere pressione militare ed economica sulla Russia“.

Lo ripeto: la lotta deve continuare, the fight must go on. Perché ovviamente l’armistizio non deve portare alcun vantaggio alla Russia. Né l’Ucraina né “buona parte del mondo” accetterebbero l’annessione di territorio ucraino, e soprattutto non sarebbe una vittoria per Putin, per quanto lui la presenterebbe come tale.

Segue elenco di situazioni che nell’economia dell’articolo serve poco, ma è utile per dare ai NAFO [NATO friends, ndr] e agli Iacoboni un po’ di gioia in questo momento duro: esercito russo massacrato e umiliato, il piano di installare un governo amico è fallito, ritirata caotica da Kiev (?), guerra terribilmente costosa, valorosa Ucraina sostenuta da miliardi di dollari in fondi e armi americane ed europee, un anno per prendere Bahmut, le ondate umane ovviamente di “riservisti male addestrati e carcerati arruolati” non riescono a prendere Avdiivka, migliaia di morti, la meglio gioventù emigrata, l’ammutinamento di Prigožin, le tremende sanzioni che hanno posto fine a quasi tutto il commercio con l’Occidente (tranne gas, petrolio, uranio, alluminio, fertilizzanti, diamanti…) e portato a un’inflazione galoppante anche se Putin e i suoi sgherri comunque ci hanno guadagnato in qualche modo; economia che nel breve periodo va bene stimolata dalle spese militari e dalla necessità di sostituire i materiali sanzionati ma che alla lunga andrà malissimo, l’Unione Europea che accetta di aprire i negoziati sull’accesso dell’Ucraina (e vorrei vedere, dopo quello che gli abbiamo promesso), la Finlandia nella NATO e la Svezia quasi.

Insomma abbiamo vinto, in caso non fosse chiaro. Però non bisogna rilassarsi.

In effetti, pare che dalle nostre parti siano finiti i soldi e, un po’, la volontà politica, e se Trump dovesse venire eletto presidente guai a noi. A maggior ragione, bisogna arrivare ai negoziati.

La prima fase, ci informa Schmemann citando la roadmap messa su dalla RAND Corporation (ah…), dovrebbe consistere nell’accordarsi sulla. cessazione delle ostilità, il ritiro delle truppe e l’arrivo di una missione esterna di monitoraggio. Chi debba farne parte è lasciato nel vago.

Poi bisognerà fornire all’Ucraina garanzie di sicurezza, bontà loro riconoscendo il fatto che la Russia non gradirebbe che le suddette garanzie fossero l’ingresso nella NATO.

Poi ci sarà da risolvere il problema dei crimini di guerra (russi), delle riparazioni (russe), delle sanzioni (alla Russia). E, ovviamente, “qualsiasi armistizio sarebbe ben lontano dall’essere una risoluzione finale“; meglio ancora, e con queste parole si conclude l’articolo, “nessun armistizio temporaneo potrebbe precludere per sempre all’Ucraina di recuperare tutte le sue terre“.

Quindi, come per Minsk 1 e 2, facciamo l’armistizio e poi lo violiamo; intanto continuiamo a mandare armi e soldi, perché, come stanno dicendo in tanti, è cosa buona per l’economia USA; facciamo pagare alla Russia le riparazioni di guerra; manteniamo le sanzioni; e istituiamo un tribunale per i crimini di guerra russi (e solo per quelli).

Resta da chiedersi in base a quale criterio alla Russia una sistemazione del genere dovrebbe convenire, ma naturalmente l’idea è che siano talmente tanto stremati da avere assoluto bisogno, quasi più dell’Ucraina, di una tregua nei combattimenti e quindi accetteranno qualsiasi cosa, anzi la stanno proponendo loro.

In realtà a mettere le cose in chiaro, dal punto di vista delle prospettiva russa, ci ha pensato subito Medvedev nel suo solito ruolo di “bad cop”: l'”operazione militare speciale” continua, e il suo obiettivo è sempre quello di disarmare le forze ucraine.

Non solo (perché le condizioni del negoziato non sono più quelle dei primi mesi del 2022): cambio di regime e annessione di Odessa, Dnepropetrovsk, Kharkov, Nikolaev, Kiev “e molte altre città russe occupate“. Su questo, dice Medvedev, sono aperti a ogni negoziato.

Questa era la prima cosa che volevo analizzare. Sui missili di ieri e oggi, russi in Ucraina e ucraini in Russia, scriverò più tardi. (30 dicembre 2023)

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