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24/12/2023

Argentina: da non confondere con un incubo, è la realtà

Le città argentine stanno perdendo rapidamente la loro tradizionale vertigine. Sopravvive un silenzio stridulo, letargico. L’euforia per la vittoria della Coppa del Mondo è passata, anche se i media continuano a insistere sul fatto che “noi argentini siamo campioni del mondo”.

Le persone sono consapevoli che nulla sarà più come prima. Conservavano nel loro intimo più profondo quelle idee di uguaglianza, solidarietà, fraternità, conservavano i sorrisi e gli abbracci. Adesso è arrivato il si salvi chi può, per quasi tutti, tranne per quelli che già avevano tutto… e vogliono di più.

Non si tratta di uno shock economico – al quale i cittadini sono abituati –, non si tratta di un cambio di governo, ma di un cambiamento culturale. Non sarà più lo stesso… e mancano quasi quattro anni.

Quel ch’è certo è che in meno di una settimana l’estremista di destra Javier Milei, strenuo difensore della capacità di autoregolamentazione del mercato e nemico dell’intervento statale nell’economia, ha tradito quasi tutte le promesse centrali della sua campagna, con il triste corollario che, nonostante ciò, ha fatto tanti danni all’Argentina come se li avesse rispettati.

Ma queste misure applicate dal governo di estrema destra erano già state adottate in Argentina da Mauricio Macri (2015-2019), Fernando de la Rúa (1999-2001) e Carlos Menem (1989-1999), e sono sempre finite in un disastro, con un paese indebitato e un popolo impoverito e arrabbiato.

L’attuale ciclo di declino è stato causato da Macri, il cui ministro delle Finanze, Luis Caputo (oggi titolare del ministero dell’Economia di Milei), ha gestito con il Fondo Monetario Internazionale (FMI) il più grande prestito che questo organismo abbia mai concesso, 45 miliardi di dollari che sono scomparsi nelle mani della corruzione e degli speculatori.

E quel ciclo è continuato con il fallimento del governo del cosiddetto progressista Alberto Fernández, che è rimasto legato agli ordini del FMI, sperperando il capitale politico e sociale accumulato dal peronismo in 78 anni.

Nella sua prima settimana, Milei ha già contratto nuovi prestiti usurai da organizzazioni pronte a finanziare gli errori del suo governo, per coprire le scadenze del FMI, peggiorando inevitabilmente con questo la cronica carenza di dollari.

Una delle sue prime misure è stata la nazionalizzazione di 30 miliardi di dollari di debito privato estero. Ciò significa che un gruppo di aziende importatrici si è indebitato all’estero e ora il governo vuole far pagare il conto a tutti gli argentini.

Milioni di argentini sono passati dal delirio di odio contro il peronismo – e soprattutto contro il kirchnerismo –, promosso dai media mainstream, all’incubo neoliberista-anarcoliberista, con un’inflazione galoppante e privati ​​di ogni protezione statale che permetteva loro di superare la situazione.

Il portavoce presidenziale Manuel Adorni ha affermato che “vogliamo porre fine al business della povertà. È una decisione del presidente.” Si presume che si riferisse all’eliminazione dei sussidi e aiuti statali ai meno fortunati.

Tutto sembrerebbe calcolato, poiché anticipando i disordini sociali, questo presidente che chiude tutte le sue dichiarazioni con il grido di “Viva la libertà, maledizione!” ha pubblicato un protocollo degno delle dittature in cui tutte le forme di protesta vengono criminalizzate e vengono lanciate minacce fasciste, come l’identificazione di tutti i partecipanti alle manifestazioni, nonché dei loro veicoli. [1]

Passando sopra il ripudio della popolazione, alla maniera dell’ex candidata presidenziale e ora ministro della Sicurezza, Patricia Bullrich, il deputato di Avanza Libertad José Luis Espert si è fatto notare con violenza e con il suo ormai classico messaggio di apologia del crimine: “Carcere o pallottola”.

Deputati nazionali e provinciali, organizzazioni per i diritti umani, organizzazioni sindacali e sociali, artisti, intellettuali e personalità di tutti i settori hanno ripudiato le dichiarazioni dell’estrema destra. Nel mezzo di un brutale aggiustamento con gravi conseguenze sociali e con la promessa di ordine, il governo cerca di reprimere le manifestazioni pubbliche contro gli effetti delle misure ufficiali. Niente di nuovo: intendono impedire con la repressione il diritto costituzionale alla protesta sociale.

Per mesi Milei ha recitato il suo messaggio di odio verso “la casta” (la politica tradizionale), ha parlato di far saltare in aria la Banca Centrale, di dollarizzare l’economia, si porre fine all’inflazione e deregolamentare, soprattutto, i settori del commercio estero (esportazioni e importazioni).

Ma “la casta” è ancora lì: ha incorporato la destra neoliberista (il Macrismo) e la destra peronista nel suo gabinetto di governo e qualsiasi approvazione legislativa dipende da loro. Come dice un graffito nel quartiere portuale di Flores: “Milei al governo, Macri al potere”.

I governatori di 11 delle 23 province argentine hanno dichiarato lo stato di emergenza economica e successivamente hanno annunciato i loro piani di controllo e riduzione della spesa pubblica, viste le misure adottate questa settimana dal governo Milei. Le province non potranno pagare gli stipendi ai funzionari questo mese e il prossimo gennaio

Se qualcuno della classe media sognava che il suo sogno di dollarizzazione si realizzasse (per risparmiare, viaggiare o proteggersi dai soliti shock inflazionistici), si è ritrovato sorpreso da una svalutazione del 118%, che ha attaccato il sogno delle classi medie di dollarizzare il Paese. Oggi il dollaro è diventato praticamente irraggiungibile per coloro che cercano questa valuta come strumento di risparmio, investimento, viaggio o anche per proteggersi da shock inflazionistici come questo.

Ha instillato la paura nei cittadini, assicurando che se il suo shock economico non fosse stato applicato, ci sarebbe stata un’iperinflazione del tremila per cento annuo (prima del suo insediamento era già al 160%) e li ha “convinti” della necessità di un aggiustamento necessario e temporaneo. Ma il fatto reale è che in una settimana i prezzi – cibo, servizi, trasporti, carburante – aumentano di giorno in giorno: il prezzo del cibo si è addirittura triplicato e con la soppressione dei sussidi, i trasporti pubblici (autobus, treni) non possono essere pagati dai lavoratori.

Il governo ha informato l’Unione Industriale Argentina della sua decisione di abrogare la Legge sull’Approvvigionamento, che consente allo Stato di imporre sanzioni contro la carenza deliberata di beni e servizi che coprono i bisogni essenziali, cercando così di sradicare ogni possibilità di intervento governativo, anche in situazioni di emergenza per la popolazione.

Ma mancano ancora quasi due settimane all’inizio del nuovo anno, che si preannuncia disastroso e catastrofico per la stragrande maggioranza di un Paese dove il 40% vive già in povertà: quel giorno entrerà in vigore il ritiro del sostegno statale ai servizi di base (luce, acqua, gas), in una nuova e grande tariffa ai danni dei cittadini.

Il governo ha anche eliminato il contenimento dei prezzi degli affitti e li ha dollarizzati, una misura che penalizzerà gli inquilini.

Il nuovo anno sarà duro. Non hanno lasciato spazio alla nostalgia visto che anche questa democrazia, così oltraggiata e svuotata di contenuti, è in pericolo. È un soggetto storico quello che deve ricomporre le sue forze, ricreare le sue strategie e i suoi linguaggi, perché, senza dubbio, il dialogo con il “grande popolo argentino” si è interrotto.

Nessuno – peronisti, radicali, trotskisti, comunisti, centristi, sindacalisti, leader sociali – si salva da ciò che verrà ed è urgentemente necessaria una riorganizzazione popolare, che dovrebbe essere fatta dal basso: l’unica cosa che si costruisce dall’alto è un pozzo.

di Aram Aharonian, giornalista e comunicatore uruguaiano, master in Integrazione, ideatore e fondatore di Telesur. Presiede la Fondazione per l’Integrazione Latinoamericana (FILA) e dirige il Centro Latinoamericano di Analisi Strategica (CLAE).

Note

Ndt. 1): Come nei collaudati regimi fascisti e nazisti del secolo scorso, altoparlanti e schermi giganti ricordano permanentemente alla gente, nelle stazioni e nelle piazze, che manifestare è vietato e disobbedire costa caro. Ciliegina sulla torta, questi messaggi incitano anche alla delazione. Ma a quanto pare gli argentini non si sono fatti intimidire più di tanto e, una volta annunciato il decreto di Milei che cancella circa 30 leggi che potevano essere di sostegno alle classi disagiate, sono scesi in massa nelle piazze con le casseruole a protestare.

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