Lo stato di salute della superpotenza che ha dominato gli ultimi 30 anni non è affatto buono.
La Corte Suprema del Colorado ha escluso Donald Trump dalla corsa presidenziale nel 2024 per quanto riguarda il proprio Stato, dichiarandolo ineleggibile per la Casa Bianca, a causa del suo coinvolgimento nell’”insurrezione” del 6 gennaio 2021, quando centinaia di suoi sostenitori assaltarono il Congresso.
Dal punto di vista formale, cioè legale, la decisione non fa probabilmente una grinza. Come molte altre iniziative giudiziarie che lo hanno “preso in considerazione”. Ma è prevedibile che anche questa volta il tycoon truffatore proverà a rovesciare il tavolo gridando al complotto dell’establishment nei suoi confronti.
Ed è anche evidente che questa volta il grado di conflittualità interna agli Usa può salire di livello. Impedire la sua partecipazione alle primarie di uno Stato – sui 50 totali – è un atto immediatamente concreto, che può cambiare tutta la corsa alla Casa Bianca (si voterà il primo martedì del prossimo novembre).
Mentre tutte le inchieste giudiziarie precedenti gettavano un’ombra sulla statura “morale” di The Donald, questa può bucare le ruote della sua macchina elettorale, obbligando i repubblicano a scegliersi un altro candidato. Inevitabilmente meno forte e conosciuto.
Trump ha annunciato subito di voler ricorrere alla Corte Suprema federale. Che, è bene ricordare, è di orientamento fortemente conservatore, grazie anche alle nomine fatte dallo stesso Trump quando era in carica (i membri della Corte Suprema sono a vita e sostituiti dal presidente solo dopo la morte).
La domanda cui i giudici supremi dovranno è se Trump è legittimato a candidarsi per ricoprire il ruolo di presidente degli Stati Uniti. Il pronunciamento varrà ovviamente non solo per il Colorado, ma per tutti gli altri Stati.
Per capire la portata della decisione nel Colorado: è la prima volta che negli Stati Uniti si esclude un candidato in base alla sezione 3 del 14esimo emendamento, secondo cui chiunque sia coinvolto in un’”insurrezione contro la Costituzione”, dopo aver giurato fedeltà a essa, non può diventare presidente.
Ma non è stata neanche questa una sentenza davvero convincente: la Corte Suprema statale ha infatti deciso con una votazione di 4 a 3. Il che lascia ampi margini di critica ai complottisti trumpiani, sempre sensibili a spiegazioni dietrologiche circa i problemi del loro idolo.
Casi simili erano stati del resto rigettati in Minnesota e New Hampshire. In Michigan un giudice ha invece stabilito che la questione era politica e non spettava a lui decidere, mentre secondo una corte d’appello Trump non andava tolto dalla corsa.
Come si vede, il quadro giuridico è tutt’altro che univoco. E inevitabilmente la partita si giocherà anche questa volta sul piano politico, con una radicalizzazione dello scontro che può avere esiti al momento poco prevedibili.
Che buona parte del mondo debba ancora essere “governato” da una potenza così in crisi di identità non è sicuramente “rassicurante”. Specie se spostiamo lo sguardo sui tanti fronti di guerra che gli Usa hanno aperto sotto la claudicante presidenza di Joe Biden.
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