Sono tempi di guerra, e anche il confronto tra idee diverse subisce le torsioni che la guerra impone. Non serve forse citare le piattaforme social che censurano i messaggi o le notizie che riguardano la Palestina e non provengono dalle “fonti ufficiali” dell’area euro-atlantica e sionista.
Quelle torsioni modificano la stessa tessitura di micro-media che aveva fin qui garantito la sopravvivenza di modi di ragionare, e posizionamenti, almeno attenti alla complessità del reale. La censura e l’autocensura scattano con una velocità imprevedibile anche nei luoghi più pacifici...
Il caso che ci segnala Eros Barone, di cui ospitiamo volentieri alcuni interventi, ci sembra indicativo del clima e dell’erosione dello spirito critico anche “a sinistra”.
Da tempo inserisce nel blog “La letteratura e noi” commenti riguardanti argomenti di letteratura, storia e politica, avendo individuato in questo blog un ulteriore terreno in cui portare avanti la lotta teorica, ideologica e culturale comunista.
Nessun problema, fin quando non si parla di Palestina. Recentemente ha inserito un commento critico-polemico ad un articolo di Luisa Mirone riguardante un suo intervento didattico sulla questione palestinese.
Dopo alcuni giorni di attesa per la cosiddetta “moderazione”, il gruppetto che dirige il blog ha deciso di non pubblicarlo.
Episodio minore, certo. Anche noi gestiamo un giornale on line e siamo quotidianamente alle prese con commenti di ogni genere. Per “moderarli” seguiamo una regola tutto sommato semplice: non passano gli insulti, le promozioni e naturalmente i fascisti (sionisti compresi).
Siamo un giornale che offre gratuitamente informazione e i nostri spazi devono fornire nel complesso un ambiente favorevole a un certo modo di vedere il mondo, in concorrenza con altri modi. Non è insomma un “servizio pubblico” o uno spazio neutrale.
Perciò le critiche anche drastiche, ma argomentate, sono decisamente utili. E stimolano la riflessione, spingono a rispondere.
Il tono del commento fatto da Eros Barone sul blog di letteratura può suonare fastidioso per chi ne è oggetto, come ogni critica, ma di certo è argomentato e non insultante. Dei “democratici”, o addirittura “progressisti”, ci si possono certamente misurare, controdedurre.
Se non lo fanno vuol dire che il tema – la Palestina, che pure ha prodotto scrittori e poeti di grande spessore – risulta “divisivo” o indigesto per il comitato di gestione. Che il suo schieramento “culturale” e politico non ammette critiche ad Israele, quanto meno.
Ma, come ci è capitato di scrivere, sono proprio le questioni “divisive” quelle su cui si costruisce una unità che abbia un senso. Etico, morale, umano.
Siamo in tempi di guerra. Ognuno sceglie in quale “esercito” arruolarsi. Sui valori non si tratta, altrimenti non se ne hanno.
A voi le righe “criminose” che non dovevano esser lette.
Quelle torsioni modificano la stessa tessitura di micro-media che aveva fin qui garantito la sopravvivenza di modi di ragionare, e posizionamenti, almeno attenti alla complessità del reale. La censura e l’autocensura scattano con una velocità imprevedibile anche nei luoghi più pacifici...
Il caso che ci segnala Eros Barone, di cui ospitiamo volentieri alcuni interventi, ci sembra indicativo del clima e dell’erosione dello spirito critico anche “a sinistra”.
Da tempo inserisce nel blog “La letteratura e noi” commenti riguardanti argomenti di letteratura, storia e politica, avendo individuato in questo blog un ulteriore terreno in cui portare avanti la lotta teorica, ideologica e culturale comunista.
Nessun problema, fin quando non si parla di Palestina. Recentemente ha inserito un commento critico-polemico ad un articolo di Luisa Mirone riguardante un suo intervento didattico sulla questione palestinese.
Dopo alcuni giorni di attesa per la cosiddetta “moderazione”, il gruppetto che dirige il blog ha deciso di non pubblicarlo.
Episodio minore, certo. Anche noi gestiamo un giornale on line e siamo quotidianamente alle prese con commenti di ogni genere. Per “moderarli” seguiamo una regola tutto sommato semplice: non passano gli insulti, le promozioni e naturalmente i fascisti (sionisti compresi).
Siamo un giornale che offre gratuitamente informazione e i nostri spazi devono fornire nel complesso un ambiente favorevole a un certo modo di vedere il mondo, in concorrenza con altri modi. Non è insomma un “servizio pubblico” o uno spazio neutrale.
Perciò le critiche anche drastiche, ma argomentate, sono decisamente utili. E stimolano la riflessione, spingono a rispondere.
Il tono del commento fatto da Eros Barone sul blog di letteratura può suonare fastidioso per chi ne è oggetto, come ogni critica, ma di certo è argomentato e non insultante. Dei “democratici”, o addirittura “progressisti”, ci si possono certamente misurare, controdedurre.
Se non lo fanno vuol dire che il tema – la Palestina, che pure ha prodotto scrittori e poeti di grande spessore – risulta “divisivo” o indigesto per il comitato di gestione. Che il suo schieramento “culturale” e politico non ammette critiche ad Israele, quanto meno.
Ma, come ci è capitato di scrivere, sono proprio le questioni “divisive” quelle su cui si costruisce una unità che abbia un senso. Etico, morale, umano.
Siamo in tempi di guerra. Ognuno sceglie in quale “esercito” arruolarsi. Sui valori non si tratta, altrimenti non se ne hanno.
A voi le righe “criminose” che non dovevano esser lette.
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La “maestrina dalla penna rossa” in versione ‘radical’ così scrive con inappuntabile diligenza:
“…fornisco io stessa le informazioni-chiave per inquadrare la questione almeno dal 1947 ad oggi. Lo faccio in modo volutamente denotativo, aiutandomi con la Dataroom di Milena Gabanelli e Maria Serena Natali che trovo sul Corriere della sera (26.10.2023) e che gli fornisco senza commenti”.
Se si considera che il livello dell’intervento didattico che emerge da questi asserti apparentemente anodini e falsamente neutrali [cfr. l’espressione apotropaica “in modo volutamente denotativo” riferita – udite! udite! – al “Corriere della Sera”, cioè ad uno dei massimi portavoce della politica imperialistica e filosionista] è, ad un tempo, ipocrita e ipocritico, si capisce subito che l’ottica di tale intervento è quella pilatesca della divisione delle ragioni – 50% ad Israele, 50% ai palestinesi – a proposito dei quali si lascia intendere comunque che, siccome sono “brutti, sporchi e cattivi” in quanto diretti da Hamas, si sono ampiamente meritati l’orrendo massacro in corso.
Prosegue quindi la “maestrina dalla penna rossa”, precisando che i commenti li lascia... ad alcuni articoli prelevati, in giorni diversi, da varie testate (Corriere, Repubblica, L’Unità, Avvenire, Il Manifesto), che condivido su Classroom, e per qualche approfondimento... propongo alcuni contributi in video che l’ISPI ha destinato alle scuole”.
In buona sostanza, se la base informativa è di questo genere (rileggere, per credere, la lista dei giornali ammanniti agli allievi e l’intervento, presumibilmente giudicato autorevole, di uno degli Istituti cui è stato storicamente delegato il compito di coadiuvare, sul terreno storico, documentale e culturale, la politica estera dell’imperialismo italiano), ebbene, se il pastone informativo e comunicativo ha questo marchio di fabbrica e serve di fatto a confermare le opinioni dominanti sul conflitto israelo-palestinese diffuse massicciamente dai ‘mass media’ padronali e governativi (cfr. “il grande umanesimo di Israele e del progetto sionista”, accreditato ad uno Stato razzista, bellicista e imperialista), la “maestrina dalla penna rossa” non dovrebbe rattristarsi per aver raggiunto il suo obiettivo didattico, aumentando, sia pure in modo più indiretto e meno rozzo, il tasso di tossicità di cui è saturo l’ambiente politico-ideologico che ci circonda.
La conclusione del suo itinerario didattico-pedagogico è pertanto davvero disarmante, essendo all’insegna, nonostante i riferimenti assolutamente impropri a Brecht e a Fortini, del più piatto filisteismo: “Penso di aver fatto il mio dovere professionale e civico. Penso di aver compiuto con i miei ragazzi e le mie ragazze un altro passo importante sul percorso di apprendimento degli strumenti e delle finalità dell’argomentazione”.
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Constato che gli unici commenti che questo sito ammette sono o quelli di carattere eulogico (‘ut supra’) o quelli moderatamente divergenti dalla linea politico-editoriale del gruppetto che lo dirige.
L’incapacità di confrontarvi con posizioni dure ed argomentate è tipica dell’opportunismo sia nel campo politico che nel campo culturale.
Constato poi che vi sono degli (delle) “intoccabili”, per cui, anche se il riferimento è garbatamente ironico, vale il principio invertito del “noli me tangere”, laddove la Mirone sarebbe... Gesù e io, dunque... Maria Maddalena.
Sulla Palestina e su Israele, come a suo tempo sul Vietnam, è giusto e necessario dividersi con un taglio netto: io sto con i palestinesi al 100% e voi, anche se cercate maldestramente di dissimulare la vostra scelta, siete schierati in realtà al 100% con i sionisti.
Del resto, è tipico del pavido quietismo eludere il confronto sulle questioni spinose e ricorrere alla censura, nascondendo la polvere sotto il tappeto e dando più spazio, indirettamente e di soppiatto, alla bestiale politica del governo israeliano.
In definitiva, come sempre, per citare due versi da “Su fratelli, su compagni”, “I nemici, gli stranieri / non son lungi ma son qui”. Che altro dire se non che la vostra è una ingiustificabile e triste capitolazione all’ordine costituito imposto dal blocco imperialista-sionista?
Fonte
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