Mentre il ministro Crosetto interveniva al Copasir per rinnovare d’ufficio il decreto che consente di inviare armamenti all’Ucraina, nella vicina piazza del Pantheon si è svolta una manifestazione che è tornata a chiedere di fermare l’invio di armi e di proseguire nel coinvolgimento dell’Italia nella guerra in Ucraina.
Il governo con una “furbata”, con il solo passaggio al Copasir, ha aggirato il voto parlamentare che doveva rinnovare entro il 31 dicembre il decreto che autorizza l’invio delle armi italiane. Ma il ministro ha agito rinnovando automaticamente il decreto e rinviando ad una indefinita data di gennaio l’eventuale ratifica parlamentare di una decisione già presa.
Una decisione che indubbiamente ha fatto comodo a molti, sia nel governo che nell’opposizione, evitando l’imbarazzo di un voto parlamentare su una decisione che la maggioranza della popolazione ha più volte dimostrato di non gradire e che imbriglia l’Italia dentro una escalation militare contro la Russia intorno alla quale sta crescendo in Europa scetticismo e voglia di mettere la parola fine.
Ancora una volta il Paese si trova dentro una guerra senza esserne stato reso consapevole e soprattutto senza essere d’accordo. Era già accaduto con il governo Draghi, quando il Parlamento stava discutendo il 9 marzo 2022 se inviare o meno armi all’Ucraina e il primo aereo militare italiano con le armi a bordo già partiva dall’aeroporto di Pisa verso l’Ucraina proprio il 9 marzo.
Sono queste le conseguenze degli automatismi previsti dall’adesione alla Nato. Prima si va in guerra poi se ne discute in Parlamento.
La manifestazione al Pantheon, con la partecipazione di forze politiche e associazioni pacifiste si è ridata appuntamento a quando – e se – il Parlamento sarà chiamato a ratificare una sciagurata scelta di guerra che è dovuta ricorrere ancora una volta ai sotterfugi per essere confermata.
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