Il sermone tenuto alla vigilia di Natale nella città palestinese di Betlemme dal pastore luterano Munther Isaac sta circolando massicciamente su molti canali perché ha una forza morale, etica e politica indiscutibilmente notevole.
Fino ad ora le prese di posizione tra i cristiani confessanti avevano sempre il limite, per me anche ipocrita, di mantenere una equidistanza tra quello che fanno i leader israeliani e la controparte palestinese, descritta tra le righe come vittima (anche) dell’organizzazione Hamas.
Il politicamente corretto è anche tra i cristiani confessanti e i loro rappresentanti religiosi, per cui non è consentito denunciare il razzismo zelota perché disdicevole e foriero di risentite critiche negative, sia rispetto alla vulgata “atlantista” per cui lo stato israeliano è pienamente democratico (e dai valori occidentali), sia dei rappresentanti ufficiali della comunità ebraica (vedi quella italiana in particolare).
Il predicatore luterano ha però descritto chiaramente a quale mostruosa situazione sono sottoposti i palestinesi, ovvero a genocidio e pulizia etnica, accuse sotto gli occhi di tutto il mondo ma semplicemente ignorato e negato dai leader occidentali come dai loro mass-media (che edulcorano nel migliore dei casi), leader che nell’intanto si stavano sperticando in auguri natalizi orbi della carneficina sistematica e programmata in atto.
Il sermone del pastore Isaac è ancora più incisivo perché la chiesa luterana è specialmente presente in Germania, paese in cui la classe dirigente (e in particolare al governo), persegue quasi fanaticamente la difesa del regime zelota israeliano, zittendo come possibile e con la massima cura ogni critica verso lo Stato di Israele con l’accusa infamante di anti-semitismo, sperando con questo di lavarsi la coscienza della shoà fatta dai loro nonni nazisti.
La critica del reverendo luterano è però molto più ampia, perché rivolta a tutto il mondo politico e culturale occidentale (e io aggiungo guerrafondaio atlantista e suppostamente cristiano), che per ogni questione drammatica che quasi sempre ha provocato o favorito, o se ne tira fuori dicendosi incolpevole, o ignorandola quando l’ha provocata.
Un esempio?
La pulizia etnica del Nagorno Kharabak, costruita dagli yankee mettendo al potere un loro fantoccio in Armenia con l’obiettivo di mettere in difficoltà il governo russo nel Caucaso (che era quello che tutelava la popolazione armena di quella regione) con il risultato drammatico della fuga di 120 mila armeni e un commento di pochi minuti a fine di qualche TG: ci ha detto male, voltiamo pagina come in Afghanistan e facciamo finta che non è successo nulla.
Dietro la pulizia etnica recente degli armeni c’è anche e specialmente il governo turco (come nel passato), governo membro della NATO (tanto per rimarcare la qualità criminale di questa associazione) che è parte importante dell’occidente anche se con popolazione mussulmana, governo che è impegnato nel tentativo di pulizia etnica del popolo curdo e che ora, molto ipocritamente si scaglia contro il genocidio a Gaza.
Netanyahu si è risentito, e a ragione, perché il suo governo zelota non sta facendo nulla di diverso da quello riuscito in Nagorno Kharabak e contro i curdi, quindi non rompessero le scatole perché ognuno ha il suo razzismo da implementare.
Il natale è passato, il genocidio a Gaza continua ma sono sicuro che i nostri leader atlantisti ci faranno gli auguri di un sereno anno nuovo condito da qualche lacrimuccia di circostanza.
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