Il primo posto ottenuto al ballottaggio delle elezioni legislative francesi dal Fronte Popolare rappresenta un grosso risultato e
una grossa sorpresa. Cominciamo dalla sorpresa: la mattina della stessa domenica delle elezioni, sulla base dei sondaggi a disposizione, il presidente Macron stava valutando le modalità di assegnazione di un incarico, in Italia diremmo esplorativo, a Bardella, premier designato dalla destra di RN. Ancora nel pomeriggio della domenica, su siti e blog francofoni, circolavano sondaggi e risultati di exit poll che attribuivano una corposa maggioranza relativa al partito di Marine Le Pen. Lo stesso stato maggiore del fronte popolare, secondo diverse fonti della stampa francese, è rimasto sorpreso dal risultato. Questo per ricordare, specie in politica, che a volte i modelli previsionali dei comportamenti degli elettori sembrano aver conquistato la realtà e altre, come in questo caso, lo scarto tra previsione e mondo reale rimane ampio per quanto sofisticati siano i modelli predittivi che si utilizzano.
Il grosso risultato del Fronte Popolare è sotto gli occhi di tutti: aver raccolto in termini elettorali i frutti di anni di mobilitazioni di differenti soggetti di massa contrari allo smantellamento dei diritti sociali che in Francia ha visto diverse stagioni politiche, per quasi un trentennio, a partire dall’inverno 1995. In questo lungo periodo lo schieramento di sinistra ha visto differenti ristrutturazioni, tra clamorose sconfitte e risultati incoraggianti, per arrivare al risultato storico di oggi col primo posto in parlamento in termini di deputati eletti. Per il Fronte Popolare si tratta di acquisire nuovi consensi in vista del tentativo (tra possibili elezioni legislative anticipate del 2025 o presidenziali del 2027) di conquista del potere. Certo, la tenuta antifascista della Francia, con il sistema delle desistenze, è un fatto positivo ma i cartelli delle sinistre – a cominciare dal primo governo Herriot che nel 1925 fu fatto direttamente fuori dalla banca di Francia per arrivare alla breve esperienza di Leon Blum – hanno una storia decisamente tempestosa. Solo a partire dall’inizio del primo settennato Mitterand, con un governo PS-PCF, il governo di sinistra in Francia ha trovato un processo di stabilizzazione ma entro un quadro di costruzione della governance multivello europea le cui politiche sono quello che il Fronte popolare di oggi di fatto nega.
Già perché il problema del Fronte Popolare, oltre all’allargamento del consenso utile per una definitiva vittoria elettorale, è quello di avere una strategia sistemica utile per affrontare coloro che votano tutti i giorni, influenzando le politiche dei governi, ovvero i mercati finanziari. Questo a maggior ragione quando la base elettorale della sinistra esprime la difesa di quello che per i mercati finanziari va aggredito: diritti sociali, spesa pubblica, beni comuni. Nei giorni precedenti al ballottaggio era toccato al RN di Marine Le Pen giustificarsi di fronte ai mercati finanziari sulle politiche da adottare, in caso di eventuale vittoria, e infatti su Bloomberg era apparso un articolo da Parigi che parlava di accantonamento, da parte del RN, degli sgravi fiscali per ricchi (che indeboliscono il bilancio dello stato e non piacciono alle borse) e di sostanziale adesione al piano di austerità Ue prospettato per la Francia. In caso di governo del Fronte Popolare gli attacchi, da parte dei mercati finanziari, possono moltiplicarsi, unirsi a quelli della governance Ue e Bce, creando un caso Grecia dalle dimensioni francesi, quindi molto più grandi, rispetto al quale il Fronte Popolare deve avere una strategia sistemica efficace e marcata visto che la sua esperienza somiglia molto di più a quella dei governi Blum ed Herriot che a quella del periodo Mitterand.
La vicenda francese dimostra che la reazione alla disgregazione dei diritti sociali, in atto in tutto il continente dalla caduta del muro di Berlino con differenti velocità da paese a paese, ha toccato un serio livello di criticità sistemica diventando un rompicapo politico più grande che nel recente passato. Quando la Francia, paese cardine della governance UE che conosciamo, entra in crisi politica a partire dai diritti sociali è l'”Europa”, come convenzionalmente viene chiamata, che subisce seri scossoni. Specie nel momento in cui alle politiche di austerità prospettate dalla Ue, per essere finanziariamente “sostenibile” sui mercati internazionali, si aggiunge un impegno bellico continentale, dall’immediato riflesso planetario e dai contorni pericolosi e indefiniti. La crisi greca, visibile già da inizio 2009, ha rappresentato un forte elemento di criticità per tutta l’Ue entro la crisi complessiva del debito sovrano europeo, almeno fino al 2015. E stiamo parlando di un paese con il PIL più piccolo del continente non paragonabile alla Francia. Una eventuale crisi francese, causata dallo scontro tra difesa dei diritti sociali e attacco di mercati finanziari e governance europea, rappresenterebbe qualcosa di molto più esteso sul piano continentale rispetto alla già tragica esperienza greca. Per questo il Fronte Popolare, che merita i complimenti e gli auguri per l’esperienza che rappresenta, deve mostrare appena possibile una strategia in grado di disinnescare una crisi alla greca e di garantire i diritti sociali che sono una conquista di civiltà da non cancellare e casomai da estendere.
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