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28/12/2024

USA - Trump vuole il ritiro degli USA dall’OMS, di nuovo: cosa significa?

Il Financial Times, appena prima di Natale, ha pubblicato un articolo nel quale vengono rese note le indiscrezioni che sarebbero arrivate a vari esperti dal gruppo di transizione per la seconda presidenza Trump. Nella cerchia del tycoon si starebbe affermando l’idea di tentare di nuovo l’uscita dall’Organizzazione Mondiale della Sanità.

Nel luglio del 2020 il magnate statunitense aveva già tentato questa mossa, dovendo però rispettare i tempi tecnici che prescrivono il preavviso di un anno, durante il quale Washington avrebbe dovuto continuare a pagare i suoi contributi. La decisione sarebbe dunque divenuta effettiva solo nell’estate 2021 (quando ormai The Donald poteva essere fuori dalla Casa Bianca).

Trump aveva fatto questa scelta in netta polemica con la direzione dell’Oms, accusata di aver malgestito la pandemia di Covid-19 e di essere compromessa con la Cina. Ma sapeva anche che la decisione finale sarebbe stata in capo al vincitore delle allora imminenti elezioni.

Il primo atto di Biden nello Studio Ovale fu proprio quello di inviare una lettera al segretario ONU Guterres, fermando tutto e scrivendo: “gli Stati Uniti continueranno a essere un partecipante a pieno titolo [dell’OMS] e un leader globale nell’affrontare tali minacce [pandemiche] e nel promuovere la salute e la sicurezza sanitaria globali”.

L’iniziativa presa da Trump nel 2020 rimandava il passo finale a un futuro in cui era ancora incerto chi sarebbe stato al governo, ma era un passo che avrebbe certamente rappresentato un terremoto dal punto di vista delle relazioni diplomatiche, se fosse stato portato a compimento.

Già di per sé la semplice notifica significava minare un’istituzione sanitaria internazionale nel pieno di una pandemia.

Questa volta ci sarebbe però tutto il tempo di andare fino in fondo, tanto più se la notifica venisse davvero inviata nei primi giorni del mandato presidenziale, in una sorta di azione speculare a quella che fece Biden a inizio 2021.

Sempre il Financial Times fa presente che altri esponenti vicini a Trump vorrebbero una radicale “riforma” dell’istituzione, ma ci sono segnali sul fatto che questa volta il tycoon possa fare sul serio.

Innanzitutto, la nomina di Robert Kennedy ai vertici della sanità statunitense: il politico è famoso per le sue posizioni ‘no vax’, seppur mitigate in alcuni discorsi riferendosi esclusivamente a trial brevi e malattie associate.

Ma anche l’aver scelto Jay Bhattacharya per guidare il National Institutes of Health: nel 2020 si era scontrato proprio col Direttore Generale dell’OMS sulle misure di contenimento del Covid-19.

Già qualche settimana fa Trump aveva confermato al Time che avrebbe eliminato alcuni vaccini infantili, se uno studio avesse mostrato correlazioni con l’autismo. Ma un conto è rivedere alcune obblighi nazionali, un conto è porre una pietra sopra un’agenzia ONU. Gli Stati Uniti possono davvero permettersi una mossa del genere?

Il magnate che sta per tornare alla Casa Bianca è già diventato famoso per dichiarazioni sopra le righe, usate poi come strumento per aprire una mediazione. È successo persino con lo stesso OMS, quando nel maggio 2020 accusò Ginevra di essere un burattino di Pechino, e alla fine ottenne un’inchiesta sulla gestione pandemica.

Non era riuscito però ad ottenere un cambio ai vertici dell’organizzazione, e alla fine decise di notificare l’uscita. Anche stavolta la strada intrapresa potrebbe essere sostanzialmente la stessa, ovvero quella di minacciare per ottenere qualcosa in cambio.

E la leva su cui fa affidamento Trump è certamente importante: Washington ha garantito circa il 16% dei fondi dell’OMS nel periodo 2022-23.

In un certo senso, è però ancora più interessante che il secondo finanziatore dell’organismo sanitario, dal 2020 a oggi, è stata la Bill & Melinda Gates Foundation, ovvero una fondazione privata. Come sta avvenendo da alcuni anni ormai, e come avveniva all’epoca degli imperi coloniali, la filantropia è tornata ad essere un vettore centrale di diplomazia e di indirizzo per le politiche in campo sanitario.

Proprio sulla sanità i due magnati statunitensi aveva avuto alcuni screzi in passato, ma ora il tycoon sta tornando alla Casa Bianca e bisogna trovare un modo di andare d’accordo, perché gli affari sono affari. È notizia di ieri che sembrerebbe esserci in programma un incontro tra i coniugi Gates e Trump, che di certo avrà al centro Microsoft, ma che potrebbe far entrare nell’equazione anche l’OMS.

Cosa ci guadagna il nuovo presidente degli Stati Uniti a mettere le mani su Ginevra (guidandone un terzo dei fondi)? Sostanzialmente, quasi nulla sul piano concreto, se non qualche centinaio di milioni di dollari (nulla rispetto al faraonico bilancio federale statunitense). Il guadagno è tutto sul piano della ridefinizione dei meccanismi di funzionamento del quadro istituzionale internazionale nato dalla Seconda guerra mondiale.

Lawrence Gostin, docente alla Georgetown Law, ha sottolineato come il ritiro di Washington “lascerà un vuoto enorme nel finanziamento e nella leadership della salute globale. Non vedo nessuno che possa colmarlo”.

Ashish Jha, preside della facoltà di sanità pubblica della Brown University, prevede che l’OMS farebbe fatica “a rispondere alle emergenze sanitarie e dovrà ridurre notevolmente il suo personale scientifico”.

Ora, non c’è dubbio che le attività coordinate da Ginevra siano utili e importanti nel garantire la salute globale. Ma anche per la sorveglianza all’estero di possibili focolai gli Stati Uniti possono contare su programmi come l’Epidemic Intelligence Service, nato all’inizio degli anni Cinquanta proprio dalla volontà politica di proiettare gli interessi statunitensi anche attraverso la sanità internazionale.

Come ha evidenziato Gostin, gli USA sono ancora il punto più avanzato delle discipline mediche e biotecnologiche a livello mondiale: risentirebbero dunque in qualche misura dell’uscita dall’OMS, ma è certo che il danno maggiore sarebbe per il resto del mondo, che non può al momento contare sulle stesse ricchezze e conoscenze.

Trump potrebbe voler scommettere sulla capacità degli Stati Uniti di fare fronte da soli alle esigenze sanitarie fondamentali, e fare leva su questa forza per imporre a Ginevra di divenire uno strumento del braccio di ferro con il mondo multipolare, e in particolare con la Cina, già bersagliata nel 2020.

Ciò corrisponderebbe alla visione di scontro da sempre promossa dal tycoon, decisamente più congeniale a tempi in cui ogni alternativa alla guerra è stata abbandonata in maniera evidente. A farne le spese sarebbero, perciò, i paesi più poveri, che perderebbero in parte l’assistenza tecnica e sanitaria che ricevono, e ovviamente il sistema delle Nazioni Unite.

Da tempo ormai è chiaro come quel sistema vada perdendo credibilità, e gli eventi mediorientali degli ultimi mesi non fanno che confermarlo. Trump non si è mai mostrato incline a considerare questi spazi del multilateralismo come utili al perseguimento di mediazioni.

E allora, o il multilateralismo diventa utile al cuore dell’Impero, oppure è da considerarsi non più in linea con lo spirito dei tempi, e la nuova amministrazione statunitense potrebbe decidere di abbandonarlo definitivamente. L’OMS potrebbe esserne la prima vittima, se nelle prossime settimane le conclusioni del gruppo di transizione penderanno verso un approccio “duro”.

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