Per Israele si delinea una fine del 2024 segnata dal susseguirsi di ricerche e analisi che confermano le vecchie accuse e ne aggiungono di nuove. Pochi giorni fa due rapporti, pubblicati uno da Human Rights Watch e da uno da Amnesty International, hanno portato ulteriori prove del crimine di genocidio contro i palestinesi.
Ovviamente, in Israele e nei paesi suoi alleati si sono subito levate le voci che hanno usato l’ormai squalificata etichetta di “antisemitismo” per ogni critica mossa a Tel Aviv. Ora, alla lista degli studi che inchiodano i sionisti, se ne aggiunge un altro curato da Oxfam e ActionAid, che questa volta riguarda però il Libano.
Forced Displacement Orders: Debunking the Myth of Humane Attacks è il titolo dato alle 24 pagine diffuse dalle due organizzazioni, le quali riguardano lo sfollamento della popolazione da un quarto della superficie del Paese dei Cedri. I 136 ordini di trasferimento forzato imposti nei due mesi di guerra e invasione sarebbero stati tutti – e ovviamente – illegali.
Con essi, infatti, non sarebbe stata garantita “la sicurezza dei civili”, si legge sul sito di ActionAid, e perciò “potrebbero configurarsi come una campagna di trasferimenti forzati – ossia come una grave violazione del diritto internazionale umanitario”.
Stiamo parlando di un altro crimine di guerra da aggiungere alla già lunga lista delle responsabilità dei sionisti.
Ordini di evacuazione arrivati nel cuore della notte, dando a volte solo 15 minuti per essere eseguiti, direttive vaghe e disinteresse al fatto che esistessero davvero rifugi (per lo più già sovraffollati) pronti a ricevere le persone, o se questi si ritrovassero per strada, minacciate dai bombardamenti israeliani.
Questo hanno dovuto subire 1,4 milioni di libanesi, di fronte a indicazioni spesso materialmente impossibili da rispettare, senza neanche sapere il termine per il ritorno alle proprie abitazioni – un’altra violazione delle norme internazionali.
Inoltre, “solo 117 ordini di trasferimento forzato (appena il 3,5%) hanno riguardato aree specifiche”, rendendo possibile capire da dove e verso dove muoversi.
Il quadro delineato parla della volontà esplicita di non minimizzare i danni ai civili, anzi è semmai una prova schiacciante di come Tel Aviv abbia scientemente creato caos tra la gente, rischiando di innescare tragedie da giustificare poi con la scusa che, nella confusione della guerra, questi tipo di avvenimenti sarebbero “inevitabili”.
Bachir Ayoub, direttore di Oxfam Libano, ha fatto presente come lo sfollamento abbia riguardato anche tanti profughi. “Intere comunità tra le più vulnerabili, come i rifugiati siriani e palestinesi o i lavoratori migranti”, ha sottolineato, “sono state sradicate dalle loro case e costrette a vivere in condizioni al limite della sopravvivenza”.
I luoghi in cui sono finiti erano inadeguati a proteggere da violenze e abusi, in particolare per ciò che concerne le donne, e data la condizione dei servizi igienico-sanitari e delle infrastrutture idriche si è amplificato anche il rischio di malattie.
Infine, “l’interruzione delle attività scolastiche ha privato decine di migliaia di bambini del diritto fondamentale all’istruzione”.
Sudipta Kumar, direttore di ActionAid per la regione araba, ha aggiunto che “l’impatto di questi attacchi da parte delle forze israeliane si farà sentire per molti anni a venire. Dopo il cessate il fuoco, migliaia di famiglie sono tornate nelle loro città e villaggi per scoprire che le loro case erano ridotte in macerie”.
La preoccupazione è ora dunque rivolta a quando, fra poco più di un mese, finirà il cessate il fuoco iniziato il 27 novembre e previsto per 60 giorni. Le persone del sud del Libano potrebbero non avere più luoghi dove tornare, e ciò favorirebbe l’occupazione definitiva definitiva della zona meridionale del Paese dei Cedri.
Come sta avvenendo nel Golan e in Cisgiordania, Tel Aviv potrebbe intensificare la sua azione di colonizzazione, in virtù della visione che vuole tutte queste zone come “legittimamente parte dello stato di Israele” per una qualche inattendibile narrazione religiosa.
È la rivendicazione che prelude alla creazione della Grande Israele, dall’Eufrate al Mar Rosso e Mediterraneo.
Israele sta espandendo la guerra a tutti i sette fronti individuati dalla dirigenza sionista, e con essa sta esportando anche i suoi crimini.
Bisogna agire in fretta, anche verso i nostri governi complici, perché la situazione non deflagri definitivamente, mentre l’imperialismo di Tel Aviv ridefinisce il suo ruolo nella regione per conto dell’imperialismo euroatlantico.
Fonte
Nessun commento:
Posta un commento