Il 15 dicembre Roberto Cingolani, amministratore delegato di Leonardo, ha rilasciato a La Repubblica un’intervista che mette in fila tutti i tavoli su cui Leonardo sta lavorando. In epoca di guerra, più o meno dichiarata, è necessario dare parola ai produttori di armi, affinché legittimino il loro operato nell’opinione pubblica.
Il quadro delineato da Cingolani è quello che vede Leonardo assumere sempre più la funzione di pilastro del riarmo europeo, nell’orizzonte di un ruolo maggiormente attivo di Bruxelles nella competizione globale, e della sua proiezione negli scenari di tensione in tutto il mondo. Il ruolo, insomma, che vuole assumere una compiuta potenza imperialista.
Il conflitto in Ucraina ha segnato una svolta in questa direzione, perché ha rotto lo stallo, pur sempre dinamico e non privo di conflitti, che aveva segnato le relazioni tra le grandi potenze fino a pochi anni fa. “Multidominio interoperabile” è la definizione che il dirigente d’azienda ha dato all’approccio di sicurezza globale onnicomprensivo che il colosso italiano vuole seguire.
Significa fare la propria parte in un modello integrato, sempre più declinato sulle esigenze di guerra, in cui vanno di pari passo sviluppi bellici, cybersicurezza, autonomia energetica e alimentare.
Su quest’ultima la UE, che non possiede grandi risorse, sta lavorando tra accordi con paesi africani e il Mediterraneo allargato, dal Sahel al Golfo Persico.
Sui primi punti, invece, Leonardo vuole essere la punta di diamante di una comunità europea che, per Cingolani, deve comunque fare i conti al più presto con i soliti problemi di frammentazione delle politiche e delle filiere.
Anche per questo il colosso di piazza Monte Grappa vuole diventare “un’azienda sempre più internazionale e interconnessa che come prodotto centrale avrà la sicurezza globale”.
L’ex ministro italiano ha fatto degli esempi, che rendono tutto più chiaro: se “l’esigenza attuale è garantire che tutte le piattaforme dialoghino”, allora accanto ad aerei ed elicotteri ci sono i servizi spaziali e satellitari che garantiscono le comunicazioni, le strumentazioni elettroniche e i supercomputer per lo sviluppo digitale e la cybersicurezza.
Ma la protezione dei dati informatici vale anche in periodo di pace, i satelliti permettono importanti salti di qualità anche in usi civili, come nell’agricoltura di precisione e nella climatologia. “Abbiamo messo in piedi una tecnologia che opera su tutti i domini, ossia in terra, in cielo e spazio, nel mare e nel digital continuum”, ha detto Cingolani.
Se volessimo dirlo in altri termini, meno spendibili forse per i media mainstream, Leonardo ha messo in piedi una serie di divisioni di lavoro che toccano in maniera diffusa ognuno dei settori fondamentali della vita civile e militare della UE, mettendoli in sinergia per rispondere alle mire strategiche di Bruxelles.
Quella che è apparsa su La Repubblica è la rappresentazione plastica migliore di cosa implica il dual use che abbiamo avuto negli ultimi mesi. Con in più l’esplicitazione dell’elemento politico-strategico, che non è compreso nel semplice riconoscimento della possibilità di utilizzo sia per fini civili che militari di alcune tecnologie e strumentazioni.
Perché dire che questa intersezione tra vari settori e ambiti può essere riassunta in “sicurezza globale”, e farlo dire al vertice di un’impresa bellica significa, da una parte, che l’intero modello sociale e produttivo verrà ripensato intorno al complesso militare-industriale; dall’altra, che le priorità politiche saranno decise in base alla politica estera.
Ripensare l’economia continentale secondo una prospettiva di guerra e spingere sul keynesismo anche per dare legittimità all’avventurismo bellico contro coloro che sono identificati come nemici. E dunque tutte quelle realtà che, in forme varie, vogliono perseguire relazioni e percorsi di sviluppo differenti da quelli imposti dall’imperialismo euroatlantico.
Ad ogni modo, Leonardo si occupa innanzitutto di armi e armamenti, e dunque Cingolani elenca i progetti che rappresenteranno la spina dorsale dell’attività dell’azienda per i prossimi anni, e che avranno un ruolo fondamentale anche nel disegnare la fisionomia della difesa europea, dalla terra allo spazio. Una breve disamina può essere utile per non perdersi le prossime notizie in merito.
L’accordo con Rheinmetall per un nuovo carro armato, secondo Cingolani, “è la prima chiara dimostrazione che si può creare uno spazio europeo della difesa a livello industriale”.
Il Panther tedesco e il digitale italiano verranno uniti per creare un mezzo nuovo e capace di competere sui campi di battaglia del futuro, almeno per come sono immaginati dopo l’esperienza ucraina.
C’è poi una frase che, di nuovo, parla di come lo sviluppo tecnologico sia tutt’altro che neutrale. Per quanto riguarda la mancanza di competenze necessarie, Cingolani afferma: “quando mi occupavo di scienza prendevo ricercatori dalla Cina o dall’Iran: sulla tecnologia di Leonardo non lo puoi fare per questioni di sicurezza”, perché serve a muovere guerra proprio a quei paesi.
Ora, che prima non ci fossero preoccupazioni rispetto alla condivisione di informazioni e studi con i paesi citati non è vero, ci sono sempre state. Semmai è interessante che vengano citati proprio quei due paesi, Iran e Cina, a ribadire che la fase è cambiata e i legami con essi vanno considerati, appunto, una questione di sicurezza nazionale e che la scienza non è un terreno dove la politica non ha casa.
Per quanto riguarda i cieli, Cingolani ammette che sui droni sono rimasti indietro, anche se stanno mettendo a disposizioni le capacità digitali di Leonardo in programmi di collaborazione con altri produttori. C’è poi il convertiplano AW 609 (un ibrido tra un aereo e un elicottero).
Oggi solo la statunitense Bell e l’azienda di piazza Monte Grappa possiedono questo tipo di tecnologia, e il prototipo italiano dovrebbe ottenere presto la certificazione come mezzo civile. “Poi valuteremo le applicazioni militari”, aggiunge ovviamente Cingolani, perché ormai non c’è conquista che non debba essere messa a disposizione di una politica di potenza.
Ma il vero fiore all’occhiello, nel dominio dell’aria, sarà il Global Combat Air Programme (GCAP). Si tratta di un caccia stealth di sesta generazione, che sarà invisibile ai radar e attraverso il quale si potrà controllare in remoto una flotta di droni senza pilota: una “portaerei che sta in cielo”, ha detto Cingolani.
Una settimana fa è stata firmata la joint venture tra l’italiana Leonardo, la britannica BAE Systems e la nipponica Mitsubishi, mostrando la volontà di assecondare un assetto euroatlantico (allargato al Giappone) per l’aereo che dovrebbe sostituire il parco dei mezzi dei paesi coinvolti, a partire dal 2035.
I costi previsti per lo sviluppo dei droni e del software che dovrà gestire lo sciame di dispositivi si aggirano sui 100 miliardi di euro, per questo per Cingolani i sauditi sarebbero i benvenuti nel progetto: “hanno voglia di creare un’industria aeronautica, che può legarsi al programma GCAP e metterli al centro del grande mercato mediorientale”, e hanno molti soldi da spendere.
C’è anche la concorrenza del FCAS, un consorzio tra Francia, Germania e Spagna per creare un caccia dalle caratteristiche simili al GCAP. Ma per l’amministratore delegato italiano gli altri alleati europei sono in ritardo rispetto alla nuova joint venture che coinvolge Leonardo, e inoltre, come detto già tempo fa, in realtà i due programmi non sono necessariamente in contraddizione tra di loro.
Infine, la space economy, in particolare i servizi satellitari con usi “che vanno dalla difesa alla geologia, all’agricoltura alla geolocalizzazione”. Per questo settore, Cingolani auspica una maggiore apertura al privato e più ampie e forti alleanze europee, facendo a meno di particolarismi nazionali.
Il messaggio di fondo è ancora quello: serve creare un complesso militare-industriale europeo, che non sia poi solamente militare ma metta in collegamento tutti i settori principali e maturi del ciclo capitalistico così come funziona oggi. Non c’è nessuna divisione tra civile e militare, tutto serve unicamente a vincere lo scontro della competizione globale.
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