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24/12/2024

[Contributo al dibattito] - I gruppi che provano a convivere nella nuova Siria

La fine del regime di Assad in Siria ha concentrato le attenzioni su Hayat Tahrir al Sham, l’HTS, il principale tra i gruppi di insorti che hanno rovesciato il regime. Benché effettivamente HTS e il suo leader Al Jolani siano oggi la forza principale, i gruppi attivi in questo momento in Siria sono numerosi, e alcuni controllano territori molto ampi. Ci sono anche i curdi, i filo turchi e pure lo Stato Islamico.

Coalizione disomogenea: non tutti ma di tutto

‘Hayat Tahrir al Sham’, fino a un mese fa, era quello che rimaneva della variegata coalizione che nel 2011 si era sollevata contro la dittatura di Assad. Nato come gruppo jihadista, prima come prestanome dello Stato Islamico, poi come gruppo affiliato ad al Qaida, nel 2017 HTS si era ridotto a controllare la provincia di Idlib, assediato dall’esercito assadista. A Idlib però HTS aveva avviato un percorso di moderazione ideologica e istituzionale, e oggi Ahmed al Sharaa – Al Jolani sta cercando di presentarsi come un leader affidabile e laico col sostegno al momento apparentemente unitario della Nato. Turchia a parte.

Primo ma non l’unico

HTS è di gran lunga il principale gruppo degli insorti, ma non è l’unico, avverte il Post. Alla prima offensiva di queste settimane, quella che ha portato alla conquista di Aleppo, hanno partecipato assieme a HTS numerosi altri gruppi armati, più piccoli e meno influenti ma comunque capaci di mobilitare migliaia di miliziani. Tra questi ci sono il Fronte di liberazione nazionale, una coalizione attiva a Idlib, il gruppo jihadista Ahrar al Sham, e altre formazioni come Jaish al Izza e il movimento Nur Eddin Zinki, originario di Aleppo. Tutti questi gruppi alleati fra loro, sono costantemente in contatto e riconoscono almeno al momento la leadership di Al Jolani.

Ribelli del sud

Un altro gruppo di insorti importante è il cosiddetto ‘Fronte del sud’, una coalizione con più di una cinquantina di fazioni che operava nella provincia di Daraa, nella punta sud-ovest della Siria. Negli ultimi anni questi ribelli erano passati attraverso un processo di cosiddetta «riconciliazione» con il regime e avevano accettato di deporre le armi in cambio della libertà: di fatto controllavano in autonomia il 70 per cento della provincia, senza essere troppo disturbati dal regime. Ma quando, a nord, è partita l’offensiva di Aleppo, anche il Fronte del sud ha cominciato a muoversi: e sono stati i primi ad arrivare alla capitale Damasco, prima di quelli di HTS.

I curdi

Nel nord-est del paese più del 30 per cento del territorio siriano è controllato dai curdi, che durante la guerra civile sono riusciti a ritagliarsi un ampio spazio di autonomia nel ‘Rojava Kurdistan’ (cioè “Kurdistan occidentale”), e in altre zone limitrofe. Di fatto si governano come entità autonoma, con proprie leggi e istituzioni. Durante la guerra i curdi siriani costituirono un proprio esercito, le Forze democratiche siriane (SDF), con i principali gruppi armati curdi (lo YPG, Unità di protezione popolare, la più famosa milizia curda), sia altre milizie locali in molti casi formate da arabi. Le SDF dei curdi siriani e iracheni, sostenute dagli Stati Uniti, sono le forze che hanno sconfitto sul campo lo Stato Islamico negli anni del Califfato tra Siria e Iraq.

America sospetta tra curdi e Turchia

In questo momento i curdi si trovano però in seria difficoltà, minacciati dalla Turchia (che li considera vicini al PKK, il gruppo indipendentista e terroristico dei curdi turchi) e dalle milizie che la Turchia controlla e sostiene. Non è nemmeno chiaro in che modo si svilupperanno i rapporti con HTS e il governo di Damasco. La Turchia teme la presenza di un’ampia area governata da curdi vicini al PKK a ridosso dei suoi confini, e negli scorsi anni ha adottato due misure principali. Ha creato lungo il confine delle “zone cuscinetto”, la più importante nel 2019 con un’invasione del Rojava, e soprattutto ha finanziato, armato e sostenuto milizie siriane che le sono fedeli.

’Esercito nazionale siriano’ agli ordini di Ankara

La più importante tra queste milizie filo-turche è l’Esercito nazionale siriano, l’SNA, un gruppo armato che risponde agli ordini della Turchia (anche altri gruppi, compreso HTS, hanno rapporti di collaborazione con la Turchia, ma nessuno così stretto). L’SNA nacque come ‘Esercito siriano libero’ (FSA) nel 2011 da un gruppo di ufficiali ribelli dell’esercito siriano. L’FSA fu la principale forza armata dell’opposizione siriana laica, ma con gli anni fu indebolito sia dall’esercito assadista sia dai gruppi islamisti e jihadisti. Nel 2016 quel che rimaneva dell’FSA fu precettato dalla Turchia. Cambio di sigla, e dopo la caduta del regime di Assad, SNA sta attaccando le postazioni curde lungo tutto il confine nord della Siria.

Lo Stato Islamico

Lo Stato Islamico, che un tempo fu il più aggressivo gruppo terroristico al mondo, fu sconfitto dal punto di vista territoriale nel 2019 da una coalizione a sostegno statunitense che aveva come principale forza di terra i guerrieri curdi siriani e iracheni. Ma cellule e gruppi dello Stato Islamico sono ancora attivi nelle zone desertiche nell’oriente siriano, in particolare nelle province di Deir Ezzor e Raqqa. La loro attività sta aumentando: come ha scritto Le Monde, tra gennaio e giugno del 2024 le cellule dello Stato Islamico hanno rivendicato 153 attacchi armati tra Siria e Iraq, e se anche nella seconda metà dell’anno gli attacchi continueranno allo stesso ritmo potrebbero essere il doppio di quelli rivendicati nel 2023.

Stati Uniti solo da lontano

A contrastare lo Stato Islamico ci pensano soprattutto gli Stati Uniti, che hanno ancora circa 900 soldati in Siria, divisi tra la base militare di Al Tanf, a sud, e le zone curde, a nord. Il giorno della caduta del regime gli Stati Uniti annunciarono di aver fatto decine di bombardamenti contro postazioni dello Stato Islamico, per impedire che i terroristi approfittassero del caos per prendere terreno. Quasi 100 incursioni aeree, che sono nulla a confronto delle molte centinaia dei raid di Israele mirati a distruggere di fatto la sostanza dell’esercito siriano che, in un prossimo futuro potrebbe contestarle l’altro pezzo di Golan rubato, e cercare di riprenderselo.

Le minoranze etnico religiose

La Siria è a maggioranza sunnita, ma nel paese esistono ampie minoranze religiose, anche armate. Una delle più importanti è quella dei drusi, meno del 5 per cento della popolazione ma con una forte base di potere attorno alla città di Sweida, a sud. Durante l’insurrezione di HTS anche i drusi di Sweida hanno attaccato le forze del regime assadista, scacciandole dalla città. Altra grossa minoranza è quella degli alawiti, costola dell’islam sciita seguito da circa il 10 per cento della popolazione siriana. Gli alawiti erano i siriani più vicini al regime, perché anche la famiglia Assad è alawita e aveva scelto tra gli alawiti i suoi collaboratori più fedeli. Alcuni gruppi minori di alawiti, però, hanno partecipato alle insurrezioni.

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