Con il passare dei giorni comincia a emergere come l’eventuale liberazione della giornalista italiana Cecilia Sala, arrestata in Iran lo scorso 19 dicembre, sia diventata “una partita a tre”.
Non c’è solo l’interlocuzione tra Italia e Iran, c’è anche l’ingerenza degli Stati Uniti, il che spiega la cautela e il nervosismo della Farnesina nella gestione di una partita delicata, nella quale il desiderio di riportare a casa la giornalista potrebbe entrare in contraddizione con i vincoli della pesante alleanza con gli USA.
Gli Stati Uniti, infatti, appena la vicenda dell’arresto di Cecilia Sala è diventata pubblica si sono affrettati a richiedere l’estradizione dall’Italia di Mohammad Abedini Najafabadi, il cittadino iraniano arrestato il 16 dicembre scorso all’aeroporto di Malpensa dalla Digos su richiesta degli USA. Le autorità statunitensi si sono mosse con grande e insolita rapidità per inviare all’Italia la richiesta di estradizione dell’iraniano. Avrebbero avuto tempo fino al 28 gennaio, ma hanno scelto di farlo il 28 dicembre, un mese prima.
Non solo. C’è un altro particolare che sta emergendo. Era infatti il 13 dicembre quando gli Stati Uniti hanno notificato all’Italia un mandato d’arresto ai fini dell’estradizione. In quella data Mohammad Abedini Najafabadi, non era ancora in Italia. Tre giorni dopo, al suo arrivo a Malpensa l’ordine di arresto è stato eseguito. Secondo l’Ansa, l’indagine avviata dai magistrati milanesi su modalità e tempistiche dell’arresto “potrebbe riguardare anche i tempi stretti tra l’emissione del mandato di arresto ai fini di estradizione e il fermo dell’uomo”.
Insomma nell’attività diplomatica dell’Italia per riportare a casa Cecilia Sala , magari scambiandola con Najafabadi, c’è la pesante ipoteca degli Stati Uniti che lo vorrebbero invece portare nelle carceri USA.
Tra l’esigenza di liberare la giornalista e i diktat del potente alleato, il governo italiano potrebbe trovarsi con margini di manovra strettissima nella sua trattativa con il governo iraniano.
Mohammad Abedini Najafabadi, si trova attualmente detenuto nel carcere di Opera ed è accusato di aver violato le leggi americane sull’esportazione di componenti elettronici sofisticati dagli Usa all’Iran e per aver fornito materiale a un’organizzazione terroristica straniera.
La Corte d’Appello di Milano adesso deve valutare se sussistono le condizioni per accogliere o meno la richiesta di Washington. Nel caso in cui venga dato il via libera all’estradizione, il provvedimento dovrà avere la firma del ministero della Giustizia, il quale avrà al massimo 10 giorni di tempo per completare la pratica e rendere effettiva la sentenza.
La sorte dell’iraniano arrestato in Italia si lega a doppio filo con quella di Cecilia Sala in Iran. Molti osservatori considerano plausibile la possibilità che la giornalista italiana possa essere stata arrestata come forma di pressione sulle autorità italiane e statunitensi ed ottenere uno scambio con la liberazione di Mohammad Abedini Najafabadi.
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