Israele continua a martellare sul suo “quinto fronte”: lo Yemen. Nuovi raid israeliani hanno colpito il paese, in particolare il porto di Hodeida sul Mar Rosso ed alcuni centrali elettriche nel resto del paese. Ma ad essere stato colpito è stato anche l’aeroporto della capitale Sanaa.
Il crescendo di tensioni e interessi strategici in conflitto sulle rotte nel Mar Rosso, stanno attivando manovre e iniziative politico/militari di ogni sorta in questa regione che si va configurando come il nuovo fronte della “guerra senza limiti”.
Ultimo in ordine di tempo ad essere finito nelle mire di Israele è il Somaliland dove, per il tramite degli Emirati Arabi Uniti, Tel Aviv sarebbe interessata a costruirvi una base militare a Berbera da cui poter contrastare le sortite degli Houthi nel Golfo di Aden. A riferirne è un ampio servizio dell’Agenzia Nova.
Il Somaliland, è collocato a sud di Gibuti e quasi a ridosso dello strategico stretto di Aden tra Oceano Indiano e Mar Rosso. Ha dichiarato l’indipendenza dalla Somalia nel 1991, ma nei decenni successivi nessun paese ne ha riconosciuto la sovranità. Molti sono convinti che la creazione di un nuovo stato nella regione incoraggerebbe altre province secessioniste della Somalia (Puntland, Jubbaland e Hiranland), altre secessioni nel continente africano e porterebbe alla balcanizzazione della Somalia in base ai confini basati su clan, riaccendendo allo stesso tempo vecchie tensioni regionali, per esempio tra Somalia ed Etiopia.
L’Economist alcuni anni fa sottolineava come rispetto alla lobby per l’indipendenza del Sud Sudan, che si è fatta molto sentire nel congresso degli Stati Uniti e anche altrove, i fan del Somaliland indipendente fino ad oggi hanno mantenuto un profilo relativamente basso.
Nell’ottobre scorso il portale Middle East Monitor è stato tra i primi organi di stampa a riferire dell’interesse di Israele per il Somaliland, rivelando gli sforzi segreti di Tel Aviv per stabilire una base militare nella regione indipendentista somala, il che consentirebbe a Israele di lanciare attacchi preventivi contro obiettivi degli Houthi in Yemen, in cambio del riconoscimento ufficiale del Somaliland e di maggiori investimenti finanziari nella regione.
Citando fonti diplomatiche, Middle East Monitor ha affermato che gli Emirati Arabi Uniti starebbero mediando tra le due parti, avendo già assicurato anche il finanziamento del progetto.
La notizia è stata confermata più di recente dal quotidiano israeliano Haaretz, secondo cui le capacità operative dimostrate dagli Houthi hanno costretto Israele a trovare le contromisure per sconfiggere la minaccia dei miliziani yemeniti, alla luce della sostenibilità dell’invio i suoi jet da combattimento in raid lunghi e costosi sullo Yemen ogni volta che un drone yemenita colpisce Israele.
Il ruolo attivo degli Emirati nel facilitare l’espansione militare israeliana evidenzia la stretta collaborazione della petromonarchia del Golfo (tra i pochissimi firmatari degli accordi di Abramo con Tel Aviv, ndr) con Israele.
L’influenza di Abu Dhabi si estende oltre il Somaliland fino all’arcipelago di Socotra, nello Yemen, dove gestisce una struttura militare e d’intelligence congiunta con Israele sull’isola di Abdul Kuri.
L’iniziativa di una base israelo-emiratina in Somaliland sarebbe dunque in linea con gli interessi strategici più ampi degli Emirati nella regione del Mar Rosso, dove Abu Dhabi ha mantenuto una presenza militare e commerciale dal 2017 attraverso il porto di Berbera e la sua infrastruttura associata.
Il coinvolgimento degli Emirati include anche investimenti finanziari sostanziali, come un progetto da 440 milioni di dollari per sviluppare il porto e l’aeroporto, che fungono da “hub” strategici per le operazioni militari emiratine nello Yemen.
Israele e gli Emirati condividono infatti un’ostilità reciproca nei confronti del gruppo Ansarallah (più noto come gli Houthi) dello Yemen, ritenuti una minaccia strategica per i loro interessi.
L’insediamento di una base militare israeliana in Somaliland indubbiamente accentuerebbe la già volatile stabilità nella regione strategica del Mar Rosso. L’Egitto, non nasconde di vedere questo sviluppo come una potenziale minaccia alla sua sovranità e alla profittabilità e sicurezza del Canale di Suez già minacciato dal progetto israeliano del Canale Ben Gurion che si svilupperebbe come alternativa a quello di Suez.
Il progetto israelo-emiratino potrebbe trovare una sponda importante da parte dell’amministrazione del presidente eletto degli Stati Uniti, Donald Trump.
Sono molte, infatti, le voci secondo cui Trump sarebbe intenzionato a riconoscere l’indipendenza del Somaliland.
Un primo, concreto atto in questa direzione è arrivato lo scorso 12 dicembre, quando il deputato repubblicano Scott Perry, membro della Camera dei rappresentanti Usa, ha presentato al Congresso un disegno di legge che invita il governo statunitense a estendere il riconoscimento formale dell’indipendenza del Somaliland. La risoluzione sostiene un cambiamento nella politica degli Stati Uniti per riconoscere l’indipendenza del Somaliland, considerato come un partner strategico in una regione in cui Cina e Russia continuano ad espandere la loro influenza.
L’Agenzia Nova segnala poi il Progetto 2025 della Heritage Foundation, un think tank conservatore vicino ai repubblicani allineati a Trump, il quale menziona esplicitamente il Somaliland, proponendone il riconoscimento da parte degli Stati Uniti come mossa strategica per contrastare l’influenza della Cina nel Corno d’Africa. I politici repubblicani ritengono infatti che la stabilità e la governance del Somaliland siano in linea con gli interessi strategici degli Usa in Africa. In questo senso, riconoscere l’indipendenza della regione separatista somala potrebbe consentire all’intelligence statunitense di avviare operazioni a lungo termine per monitorare l’ingresso del Mar Rosso nonché tenere d’occhio le attività della Cina che – come altri paesi – dispone già di una base militare permanente nel vicino Gibuti, e di minacciare da vicino gli Houthi nello Yemen.
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