Mentre attendiamo chiarezza e risposte definitive alle numerose domande urgenti derivanti dalle nuove realtà impostesi in Siria, è essenziale affrontare alcuni punti chiave.
1) Ciò che è accaduto in Siria è il risultato di un piano orchestrato da attori regionali e internazionali i cui interessi erano allineati. Mentre il popolo siriano potrebbe trarre alcuni benefici da questo cambiamento, è probabile che dovrà sopportare poi il peso di eventuali conflitti o rivalità tra coloro che partecipano alla nuova struttura di potere.
2) “Israele” cerca di affermare la sua influenza sulla distribuzione del potere nell’ambito dell’ordine politico emergente in Siria attraverso le sue azioni aggressive che prendono di mira le principali capacità militari siriane, smantellando la zona cuscinetto del Golan, violando l’accordo di disimpegno del 1974 e segnalando un potenziale sostegno nei confronti di alcuni “amici” all’interno di segmenti della popolazione siriana.
3) Gli Stati Uniti hanno cercato di apparire sorpresi dagli eventi in Siria, a causa dell’incertezza sui risultati e “cercando di comunicare” con tutte le fazioni dell’opposizione armata, suggerendo al contempo che alcuni gruppi armati meritano la rimozione dalle liste del terrorismo per “buona condotta”. Gli Stati Uniti hanno sottolineato di sostenere l’unità e la stabilità della Siria, ma sono rimasti in silenzio sulle azioni di “Israele”.
4) Gli addetti ai lavori turchi sostengono che la tempistica delle mosse della Turchia sia stata deliberatamente impostata in modo da seguire l’accordo di cessate il fuoco in Libano, mirando a evitare la percezione che la campagna contro la leadership siriana sarebbe in ultima analisi servita gli interessi israeliani. Tuttavia, non è stata presa alcuna posizione sugli attacchi di “Israele” al suolo siriano o alle risorse militari, come se questi appartenessero al regime di Assad e non alla Siria stessa.
5) La Resistenza islamica afferma il diritto del popolo siriano a decidere il proprio futuro politico, sottolineando che il cambiamento deve riflettere la volontà di tutti i siriani. Non c’è bisogno di precipitarsi in analisi circa le differenti vedute tra la Resistenza in Libano e le fazioni dell’opposizione siriana.
6) L’unità e la coesione della Siria con la sua leadership rafforzano la sua posizione ed efficacia. Ciò non può accadere sotto un sistema che rinunci alla sovranità per soddisfare le richieste di “Israele” o dei suoi sostenitori, tra cui la normalizzazione e il riconoscimento dell’entità occupante.
7) Il problema delle nazioni oppresse non è la mancanza di slogan, ma l’assenza di piani d’azione credibili e leader che incarnino quegli ideali. La vera libertà politica richiede sovranità e la giustizia richiede di opporsi all’ingiustizia, soprattutto quando minaccia di traboccare.
8) Fidarsi delle reazioni internazionali agli eventi siriani, che siano elogi o condanne, è sciocco. Questi poteri operano attraverso l’inganno e la manipolazione per dominare e controllare, perseguendo politiche guidate dalla convenienza, non dalla giustizia.
9) Il ruolo genocida assegnato al nemico israeliano a Gaza dopo l’operazione Al-Aqsa Flood mira a sradicare la resistenza e le sue estensioni. Se la resistenza avesse ritardato il sostegno a Gaza, “Israele” avrebbe sfruttato l’opportunità, come ha fatto in Siria. La rapida azione della resistenza ha interrotto i piani di “Israele”, neutralizzato il suo effetto sorpresa e impedito la sua avanzata verso il fiume Litani, costringendolo infine a seguire il consiglio degli Stati Uniti di fermare l’aggressione e raggiungere un accordo con il Libano.
10) La fazione politica a capo dell’autorità di transizione della Siria assomiglia a quella che ha governato l’Egitto dopo la caduta di Mubarak. Gli Stati Uniti e l’Occidente hanno rifiutato un impegno prolungato con quella leadership: agiranno diversamente in Siria? O ci si aspetta che questa fazione soddisfi richieste specifiche, prima di essere sostituita da un regime più apertamente allineato all’Occidente? Il tempo lo dirà.
11) Le speranze dei siriani per sicurezza, sovranità, dignità, giustizia e stato di diritto vanno oltre un cambio di leadership. Richiedono un programma completo che delinei i principi, le politiche, gli impegni e le posizioni del nuovo governo su questioni globali e regionali, fungendo da base per la responsabilità.
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