ll governo Monti è l'espressione in Italia della borghesia europea che si è andata costituendo in questi venti anni. E' un processo realizzato attraverso i vari trattati europei (da Maastricht al Fiscal Compact), l'introduzione dell'euro, la concentrazione intorno a grandi banche e società multinazionali, la centralizzazione dei poteri decisionali nella Bce e le istituzioni di Bruxelles.
Il governo Monti e i suoi sostenitori ritengono che le stesse procedure democratiche siano ormai solo impedimenti di cui liberarsi per imporre la “governance”. Il ministro Profumo, ad esempio, ha parlato esplicitamente di “più bastone che carota” nei confronti degli studenti scesi in piazza.
La Bce, l'Unione Europea e soprattutto l'Eurogruppo (del quale fanno parte solo i governi dei paesi che hanno l'euro come moneta) hanno decretato la fine del “modello sociale europeo”, stanno smantellando i diritti sociali e dei lavoratori e peggiorando sia le condizioni di vita che le aspettative generali di interi paesi e generazioni.
Questo scenario da incubo, sul presente e sul futuro, non riguarda solo l'Italia, ma anche gli altri paesi europei, soprattutto i cosiddetti Pigs: Portogallo, Grecia e Spagna.
In questi paesi si lotta duramente contro le misure antipopolari imposte da Bce, Unione Europea e Fmi per impedire un massacro sociale che punta a cancellare tutte le conquiste sociali e democratiche riportandole all'Ottocento, quando le oligarchie dominavano e i lavoratori erano sottomessi. Fino a quando non si sono ribellati ed hanno “rovesciato il tavolo”.
Il governo Monti spreme ogni mese soldi ai lavoratori e alle famiglie con nuove imposte, tagli ai servizi, blocco dei salari, licenziamenti, privatizzazioni. Ma lo stesso governo riesce a recuperare solo il 15% degli introiti previsti dalle tasse sulla ricchezza (vedi la tassa sugli yacht), non recupera l'evasione fiscale, spende il doppio del previsto per acquistare gli aerei militari F35, nega la patrimoniale sulle ricchezze finanziarie e immobiliari, liberalizza i contratti di lavoro portando l'Italia ad essere il paese europeo con il maggior livello di precarietà e i salari più bassi.
Nonostante queste misure lacrime e sangue, debito pubblico e deficit aumentano e la recessione economica si aggrava, alimentata in modo evidente da queste stesse misure.
Il risultato è la perdita sistematica di potere d'acquisto di salari e pensioni, il logoramento dei risparmi delle famiglie, l'aumento della disoccupazione, la chiusura di intere fabbriche, il crollo di consumi e investimenti.
Oggi non ci sono alternative al “rovesciamento del tavolo”. Se si accettano i diktat e i vincoli dell'Unione Europea e le “riforme” del governo Monti, c'è solo la regressione sociale impoverimento per molti e arricchimento di pochi. In tal senso la complicità del Pd nel presente e nel futuro dell'agenda Monti non rappresenta alcuna alternativa né punto di rottura con una situazione insopportabile per i settori popolari.
Rovesciare il tavolo, avanzare una alternativa
La Rete dei Comunisti è impegnata con convinzione nei movimenti sociali, politici e sindacali che hanno dato vita alla campagna e al comitato “No Debito”.
Ne condividiamo la proposta di fondo: quella del non pagamento del debito e della nazionalizzazione delle banche e il percorso di costruzione di una coalizione politica e sociale che impugni queste proposte dentro i settori popolari per rovesciarle contro il governo Monti, le banche e l'Unione Europea.
1. La campagna di Non Pagamento del Debito deve e può diventare il centro di un vasto movimento di resistenza e alternativa nel nostro paese. Non pagare la schiavitù del debito pubblico è possibile. Lo hanno dimostrato paesi come Argentina ed Ecuador, lo hanno fatto in passato i paesi dove c'è stato un vero e profondo cambiamento politico e sociale, oggi più credibile e necessario di ieri.
2. Riteniamo che la nazionalizzazione delle banche e delle imprese strategiche oggi sia un obiettivo credibile. Lo dimostrano vicende industriali come Alcoa e Ilva, lo richiede il fatto che – a fronte dell'atteggiamento strozzinesco e controproducente delle banche - il controllo sul credito deve tornare in mani pubbliche. Le risorse strategiche del paese come energia, trasporti,telecomunicazioni vanno nazionalizzate affinché tutte le leve fondamentali dell'economia reale siano sottratte agli interessi privati e speculativi.
3. Questo obiettivo può e deve essere coordinato con i movimenti sociali e politici che stanno lottando sugli stessi obiettivi in Spagna, Grecia, Portogallo ed unificare le forze.
4. I paesi Pigs (Portogallo, Italia, Grecia, Spagna) possono e devono coordinare gli sforzi per uscire insieme dalla schiavitù dei vincoli europei, inclusa l'Eurozona e dunque dall'euro come moneta. Non è una ipotesi velleitaria. Velleitario e ingannevole è solo chi pensa ad un ritorno alla lira, una via d'uscita nazionalista e reazionaria. Noi, al contrario, riteniamo di poter avanzare una alternativa internazionalista ed emancipatrice
5. Riteniamo infatti che i paesi Pigs debbano e possano mettere in cantiere una nuova area monetaria e commerciale tra loro e una nuova moneta comune in Europa. Collegandosi con i paesi del Mediterraneo Sud si può lavorare ad una integrazione reciproca, equa, basata su ragioni di scambio reciprocamente vantaggiose, sia per le merci che per la forza lavoro. Una area monetaria non vincolata dal suicidio dei cambi fissi, ma con una comune unità di conto che impari dalla positiva esperienza dei paesi latinoamericani che hanno dato vita all'Alba.
La partita in corso richiede una mobilitazione costante, determinata, continua che non può limitarsi a una sola e importante giornata di mobilitazione come il 27 ottobre.
Dobbiamo avviare la mobilitazione sui territori a partire dai luoghi dove la crisi è già in atto. Abbiamo una opzione di società alternativa e opposta a quella delineata da Monti e complici. E' una proposta seria, credibile, basata sugli interessi della assoluta maggioranza della popolazione. Interessi che sono antagonisti a quelli delle oligarchie dominanti nell'Unione Europea e quindi anche in Italia.
Fonte
Le idee sono ampiamente condivisibili, tuttavia ci vorrebbe più programmazione economica in merito allo scardinamento dell'Euro e soprattutto un piano b volto a tutelare l'Italia nel caso in cui la convergenza internazionale con gli altri maiali, come probabile, non vada a buon fine.
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