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30/10/2012

Elezioni in Sicilia: l'analisi di sinistra

In sintesi:
-il Pdl si squaglia come un gelato all’Equatore, passando da 900.000 a 247.000 voti (persi più di 2 su 3);
-il Pd “vince” ma perdendo 248.000 voti (1 su 2);
-l’Udc, non solo non intercetta un voto di quelli persi dai partiti maggiori, ma ne perde 130. 000 dei suoi (più di 1 su 3);
-la lista Sel-Federazione della sinistra va malissimo perdendo 25.000 voti sui risultati del 2008 (il peggior risultato in assoluto, rispetto al quale c’era stata una ripresa alle europee dell’anno dopo);
-il Movimento 5 stelle decuplica i voti rispetto a 4 anni fa e sfiora il 15%

L’astensione, per la prima volta nella storia delle consultazioni elettorali dal 1945 in poi, supera la metà degli elettori.

Il quadro mi sembra chiaro: se le formazioni di destra si dissolvono, il Pd non rappresenta alcuna alternativa ed affonda più lentamente del suo concorrente, ma affonda. Non è la crisi della maggioranza di destra, ma la crisi del sistema politico che precipita. Se si trattasse di indicazioni valide a livello nazionale, dovremmo dedurre che i partiti interni al sistema non superano il 35% dei consensi totali. E, infatti, il boom delle astensioni è un evidente segno politico di ritiro della fiducia degli elettori nei confronti del sistema nel suo complesso.
Qualcuno argomenta che gli elettori voltano le spalle alla politica in favore dei “tecnici”, sperando di risolvere i problemi del paese fuori della politica ed affidandosi ad una tecnocrazia illuminata. I sondaggi sembrano avvalorare questa ipotesi garantendo che Monti, pur in calo rispetto ad un anno fa, gode pur sempre della fiducia del 54% degli intervistati. Non so a voi, a me parlando con la gente, da almeno sei mesi capita di incontrare solo quelli del 46% che bestemmiano appena gli nomini Monti e non uno del mitico 54% che lo appoggia. Inizio ad avere il sospetto che quei sondaggi siano solo marchette.

Non credo che, se anche Monti trovasse il coraggio di fare una sua lista, la situazione muterebbe di molto, perché l’ondata di (immotivato) entusiasmo che accompagnò la sua ascesa a Palazzo Chigi si è ormai dissolta da tempo senza lasciare alcuna particolare traccia.

Il punto è la totale assenza di offerta politica: i partiti dicono tutti le stesse cose (cioè niente) ed il dibattito politico è ridotto ad un teatrino di mediocrissime macchiette da avanspettacolo come Berlusconi, Bossi, Maroni, Bersani, Renzi, Casini, Fini, Vendola… Un teatrino che non appassiona più nessuno, perché emergono solo i personalismi privi di una qualunque idea.

Ma anche i tecnici hanno deluso: la loro grande scienza è servita solo a gonfiare di tasse la gente, portando il paese in recessione, facendo aumentare il rapporto Debito pubblico/Pil, restando a valori elevati di spread e, beffa finale, per incassare meno entrate fiscali dell’anno precedente. In altro momento commenteremo il senso di questa politica economica, qui ci limitiamo ad osservare come la percezione del disastro sia abbastanza netta fra la gente.

Resta l’urlo della protesta attraverso il voto alle liste di Grillo che travolge ogni resistenza avviandosi di slancio ad una affermazione nazionale senza precedenti. Ed il segnale è chiaro: sin qui il M5s aveva avuto forti affermazioni solo in Piemonte ed Emilia e risultati consistenti in Veneto, Liguria e Toscana, ma non aveva avuto risultati significativi nel sud. Ora “sfonda” in Sicilia; per di più, in breve voteremo in Lombardia e Lazio, regioni sciolte per la valanga di scandali: tutta biada per Grillo ed i suoi, per cui non è difficile prevedere che anche in quelle regioni ci sarà una valanga di astenuti ed un balzo in avanti del M5s. Come dire che Grillo arriverà alle politiche con il vento in poppa, dopo una raffica di successi e, se sino a settembre si poteva pensare ad una affermazione contenuta fra il 10 ed il 14%, ora diventa realistico pensare che possa sfondare il 20 e sfiorare il 25%.

E questo sarebbe il prodotto dell’azione concomitante del trend ascendente del movimento e della valanga astensionista: se Grillo prende 5 milioni di voti (che, in condizioni normali, con una partecipazione intorno all’80%, equivarrebbero ad un 14% circa), ma i votanti scendono a 21 milioni (il 47% del totale), la percentuale è del 23,80%.

Grillo ci ha dimostrato di sapere ben interpretare il disagio diffuso e la rabbia della gente (ne prendano diligente nota Vendola, Diliberto e Ferrero che rischiano seriamente di essere spazzati via), ma non ci ha ancora dimostrato di saper produrre risultati politici in positivo ( e se ne possono avere anche stando all’opposizione). Ragione di più, per la sinistra di guardare con interesse a questo fenomeno, cercando di sinergizzarsi con esso. Il M5s può contribuire a ridare slancio vitale ad una sinistra avvizzita e spenta, ma questa (se riesce a scavare criticamente nella sua esperienza storica) può aiutare il movimento ad irrobustire il suo –per ora gracile- profilo programmatico.

Se le tendenze dovessero restare queste (e dando per scontato, a questo punto, che il sistema elettorale resti il Porcellum) la cosa più probabile è che  il Pd vinca alla Camera aggiudicandosi il 54% dei seggi, ma potrebbe non vincere al Senato, il che riaprirebbe la porta ad un orrido governo Monti bis, oppure si potrebbe tentare una intesa con il M5s su alcuni punti qualificanti (e in questo senso sembra andare Crocetta nelle sue prime dichiarazioni).

In effetti, le formazioni di destra si stanno squagliando: la Lega è ormai un residuato bellico, il Pdl sta annegando negli scandali, l’Udc è archeologia democristiana che non interessa più nessuno e, soprattutto, Berlusconi, che è stato per 20 anni il perno di questa destra, non ha più nessuna credibilità. Le sue disperate giravolte (“Mi candido”, “No, ci penso”, “Ma forse mi candido”, “No: mi ritiro definitivamente”, “Vado in Kenia”, “faccio cadere Monti”, “Sono costretto a restare in scena…”) non fanno che bruciare quell’estremo residuo di prestigio che aveva. L’uomo è finito ed, anche se non vuole ammetterlo, lo sa anche lui. E le sentenze di condanna ora fioccheranno. A proposito, un inciso: pur ritenendo fondata la motivazione della condanna di Berlusconi, mi ha lasciato perplesso l’espressione usata dal giudice “naturalmente portato a delinquere” che si richiama agli artt. 108 e 109 dei quali, in altri anni, chiedevamo l’abrogazione, in quanto espressioni della cultura giuridica fascista propria di Alfredo Rocco e di derivazione lombrosiana. Anche se non ho un’idea positiva del Cavaliere, resto convinto dell’opportunità di espungere dal codice quell’orrore fascista e, pertanto, non posso approvarne l’uso in ogni caso. Per di più, credo che si tratti di una frase inutile, che non aggiunge nulla alla sostanza della vicenda penale e si presti ottimamente alle campagne vittimistiche berlusconiane. Nel complesso un errore, ma ci risiamo con la pretesa dei magistrati di giudicare in interiora hominem.

Tornando all’asse principale del discorso, se le espressioni politiche che la destra ha usato in questi anni sono in aperta liquidazione, questo non significa che la destra non esista più e non ci sia il potenziale per una sua ripresa. C’è una massa di elettori di destra calcolabile intorno agli 8 milioni di voti che si sta astenendo (non ci vuol molto a capire che è quello il principale flusso anche alimenta l’area del non voto) perché non trova uno sbocco decente, ma che potrebbe nuovamente coagularsi ed in breve, intorno a qualcosa di nuovo se ci fosse qualcosa di credibile. Per ora non si vede nulla del genere all’orizzonte, per lo meno in termini elettorali, ma le sorprese sono sempre possibili. Dunque, non vendiamo la pelle dell’orso prima di averlo ucciso.

Aldo Giannuli

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