Il libro è molto interessante, anche se l’autore si mette un po’ troppo, in bella copia, sorvolando su molte pagine che vorrebbero altro approfondimento, aggiustando e correggendo cose già dette e non sempre consonanti, mettendo nella luce migliore ogni sua decisione ecc. Ma, diciamo la verità: sarebbe stato ingenuo attendersi il contrario. Sono assai pochi quelli che hanno scritto con una certa onestà del proprio passato (qui ricordo Alberto Franceschini, Vincenzo Vinciguerra, Carlo Ripa di Meana, Tomaso Staiti di Cuddìa, Rossana Rossanda), nella maggior parte dei casi di esponenti politici e terroristi di destra e di sinistra prevalgono nettamente autodifese e rimozioni sulla volontà di dire qualcosa di quel che si sa e che gli altri non sanno. E, in questo senso, avremmo serie difficoltà ad assegnare la palma d’oro fra quanti hanno scritto molto senza nulla dire fra Giulio Andreotti, Francesco Cossiga, Armando Cossutta, Mario Moretti e Fulvio Martini. Non includiamo nella graduatoria Pietro Ingrao solo perché l’uomo non ha mai avuto molto da dire anche prima delle memorie.
Va bene, stiamo al gioco, avremmo diversi punti da contestare a Delle Chiaie (mirabile il modo con cui si sorvola sul caso Aleotti, ad esempio) ma preferiamo cogliere gli aspetti positivi che, peraltro, nel libro non mancano. Ci sono notizie molto interessanti da cogliere qua e là (molte riguardanti la vita interna del Msi). Insomma qualcosa di inedito ce la dà ed è il caso di una pagina sulla crisi del luglio 1964 che ci stimola una riflessione sul caso Moro. A p. 41 leggiamo:
<<… non molto tempo dopo ricevetti
da Coltellacci il pressante invito a rapire Moro. All’appuntamento mi
feci accompagnare da Giulio Crescenzi e Cataldo Strippoli. Coltellacci
era particolarmente agitato. Ci fece entrare nel salotto dove era in
attesa uno sconosciuto. Senza presentarci il personaggio, Coltellacci ci
chiese assoluta discrezione e poi disse: “E’ necessario lasciare da
parte ogni differenza e pensare solamente al bene dell’italia. Questo
signore rappresenta un settore indispensabile per cambiare
immediatamente le cose, ma prima è necessario un vostro decisivo
contributo. Bisogna sequestrare Aldo Moro per impedirgli di andare in
Parlamento a presentare il suo nuovo governo. E’ in una villa vicino
Roma, siete in grado di effettuare questa azione?”>>
Invito al quale Delle Chiaie ed i suoi
avrebbero risposto alzandosi ed andando via. Coltellacci era uno dei
massimi dirigenti di Ordine Nuovo, l’altra organizzazione importante
della destra extraparlamentare da sempre rivale di An e questo invito ci
incuriosisce: come mai i camerati- rivali (o se preferite, i
fratelli-coltelli, anzi Coltellacci) non provvedevano in proprio alla
bisogna? Per di più con il rischio di fuga di notizie che, in una certa
misura, si sarebbe verificata, visto che Delle Chiaie dice che ne
avrebbe parlato a Borghese ed Almirante.
Sin qui Delle Chiaie, ma a noi torna in
mente un’altra pagina che forse è il seguito di quella che abbiamo
letto. Qualche tempo dopo, nel 1966 Pier Franco Pingitore (militante del
gruppo di Delle Chiaie) fondò, con altri personaggi di estrema destra,
il cabaret “Il Bagaglino” che, un anno dopo, pubblicò una omonima
rivista satirica di cui usciranno cinque numeri. Sul primo numero,
Pingitore pubblicò uno strano racconto –che di satirico aveva ben poco-
intitolato “Dio salvi il Presidente” nel quale si diceva quando e come
sarebbe stato possibile far un attentato contro Moro, del quale venivano
meticolosamente riferite le abitudini (compresa la visita in Chiesa, il
ritorno a casa per la colazione e quindi la nuova uscita verso Palazzo
Chigi), si descrivevano i due percorsi soliti, indicandoli strada per
strada, si diceva da quanti uomini era composta la scorta e persino il
nome del funzionario che la dirigeva. Si facevano diverse ipotesi del
posto in cui l’attentato avrebbe potuto aver luogo, fra cui la chiesa in
cui Moro prendeva la comunione e la piazza antistante. E’ interessante
notare che le Br presero effettivamente in considerazione quel punto,
scartandolo perché a quell’ora erano sul piazzale molti bambini di una
vicina scuola elementare che avrebbero rischiato di trovarsi coinvolti
in una sparatoria.
Altro particolare rilevante: uno dei
punti critici dove avrebbe potuto aver luogo un attentato era l’incrocio
fra via Trionfale e via Mario Fani che è, con una minima
approssimazione, esattamente il punto in cui effettivamente accadde
l’azione delle Br. Un articolo documentatissimo.
Prima deduzione: quelle notizie non
potevano venire a Pingitore che da persone interne al mondo dei servizi e
l’articolo ha tutta l’aria di essere il piano dell’azione progettata
contro Moro di cui si era parlato con Delle Chiaie che, evidentemente,
non si era alzato ed andato via subito dopo aver sentito la proposta, ma
che probabilmente si era intrattenuto un po’, almeno il tempo
sufficiente a ricevere quel piano.
Poi, evidentemente, decise di passare il
progetto a Pingitore perché ne facesse l’articolo di cui abbiamo detto.
Evidentemente un segnale, ma, e questa è la prima domanda che ci
poniamo, a chi e con che senso? Avvertire Moro? Far sapere ad altri che
avrebbero potuto parlare? Non dimentichiamo che siamo esattamente nel
periodo dello scioglimento fittizio di An per sottrarsi al processo per
ricostituzione del partito fascista la cui inchiesta era stata avviata
proprio nel 1966.
Ma le domande sono molte altre. In primo
luogo: quell’articolo venne portato a conoscenza di Moro? Ricordiamo
che nello stesso periodo ebbe luogo la vicenda mai chiarita del progetto
di attentato che coinvolse il tenente colonnello Roberto Podestà e
dietro il quale ci sarebbe stato Randolfo Pacciardi, uno dei personaggi
convolti nelle vicende del luglio 1964. E’ strano che in un momento del
genere nessuno abbia pensato ad informare Moro di quell’articolo. E più
strano ancora è che Moro non abbia mutato in nulla le sue abitudini né
sia stato modificato il percorso o rafforzata la scorta.
E’ del tutto ragionevole ipotizzare che
le Br abbiano potuto leggere quell’articolo ed usarlo come base del loro
piano, è strano, però, che non ne abbiano mai fatto cenno nelle loro
memorie e deposizioni. Ed è anche curioso che nelle giornate febbrili
che seguirono al 16 marzo 1978 nessuno si sia ricordato di quello strano
pezzo “satirico” ed abbia cercato di capire meglio quello strano
precedente.
Ma si è sempre in tempo a riaprire il
discorso, vi pare? Possibile che alla Procura di Roma non ci sia nessun
magistrato curioso?
Aldo Giannuli
Ne sappiamo troppo poco del nostro passato.
Non a caso, un popolo che non conosce il proprio passato, difficilmente può costruirsi un futuro.
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