Grillo può piacervi, può non piacervi ma farvi ridere, può non farvi
ridere affatto e così via, ma bisogna abituarsi a cercare di essere
onesti intellettualmente. Perché se non lo siete voi, non potete
pretendere che lo siano quelli che vi rappresentano. Se siete onesti,
dovete ammettere che quello che oggi tutti cercano improvvisamente di
fare, Grillo voleva farlo già cinque anni fa. E tutti gli ridevano
dietro.
Questi sono tempi in cui Fini lancia la campagna
"Liste pulite - fuori i corrotti dalla politica", e per farlo ha la
brillante idea di proporre una petizione popolare e mettersi a
raccogliere firme. Sono tempi in cui Giorgia Meloni lancia una proposta
di legge per ripristinare la preferenza diretta. Sono tempi in cui
perfino Berlusconi, dopo le ostriche di Fiorito, dichiara di voler fare
pulizia interna. Sono tempi in cui anche il cosiddetto nuovo che avanza
si mette a chiedere un limite sul numero dei mandati e l'abolizione dei
rimborsi elettorali, come "Fermate il declino" di Oscar
Giannino. E sono addirittura tempi in cui i grandi protagonisti della
politica riscoprono il significato di termini come "movimento" in
contrapposizione a "partito" e parlano di "liste civiche", come
Pierferdinando Casini, anche se poi dentro a queste liste civiche ci finiscono grandi imprenditori che certamente, di civico nel senso di comune cittadino, hanno poco.
Sono tutti tentativi di riverginatura, l'estremo goffo trucchetto
d'avanspettacolo per mascherare con un dito di cerone le profonde
occhiaie istituzionali accumulate lungo interminabili, complici e
omertose legislature. Altrimenti, se questo tentativo fosse onesto,
avrebbero non dico appoggiato la proposta di legge popolare di Beppe
Grillo, presentata cinque anni fa, ma perlomeno rispettato la
Costituzione italiana, che all'Art.71 recita: "Il popolo esercita
l'iniziativa delle leggi, mediante la proposta, da parte di almeno
cinquantamila elettori, di un progetto redatto in articoli". E cosa la
esercita a fare, se poi la proposta non viene calendarizzata per la
discussione in aula?
Era il 2007. Trecentocinquantamila firme, autenticate
con documento di identità da un pubblico ufficiale (mica come certe
primarie), raccolte in un solo giorno e consegnate il 14 dicembre a
Roma. Trecentocinquantamila persone che chiedevano un Parlamento pulito,
libero dai condannati, un massimo di due mandati e il ritorno alla
preferenza diretta. Trecentocinquantamila firme che sono passate tra le
mani di ben tre governi, da quello Prodi a quello Berlusconi per finire
con quello Monti, senza che nessuno si preoccupasse di dare una risposta
ai cittadini che avevano esercitato il loro diritto, in numero 6 volte maggiore
di quello minimo previsto dalla legge. Trecentocinquantamila fantasmi,
apolidi, che il Parlamento dei nominati ha sfregiato con il peggiore
degli insulti: li ha ignorati. Forse nemmeno la Russia di Putin avrebbe
saputo fare peggio: avrebbe accolto la proposta di legge, l'avrebbe
fatta discutere alla Duma per dare una parvenza di legalità e poi
avrebbe trovato una scusa qualsiasi per respingerla.
Scrive non un pericoloso professionista dell'antipolitica, ma uno stimato costituzionalista come Michele Ainis: "la
facoltà prevista dalla Costituzione all'Art.71 di presentare una legge
di iniziativa popolare si è ridotta di più e né meno che al ruolo che
avevano un tempo le suppliche al sovrano. Con il
Parlamento che si arroga il diritto di occuparsene o meno così, a
capriccio. Come quei monarchi annoiati che, mollemente adagiati sul
trono, decidevano il destino di questo o quel poveretto condotto al loro
cospetto sollevando o abbassando il mignolo inanellato".
Ad aprile, se nessuno ne discuterà in Parlamento, superate le due
legislature la proposta di legge popolare "Parlamento Pulito" si avrà
come mai pervenuta. Trecentocinquantamila firme saranno allora prese e
buttate nel cesso. Una delle prove più evidenti e indiscutibili del
vuoto significato della parola democrazia in questo paese.
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