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15/10/2012

Egitto: Mursi e il boomerang del populismo

Contraddizioni violente nella società egiziana, che nemmno l'Islam politico dei Fratelli Musulmani ora al governo riesce a governare.

La doppia prova di forza che Mohamed Mursi e l’apparato della Fratellanza hanno tentato nel “venerdì della responsabilità” trasformatosi nel giorno dei tumulti - i primi dalla sua elezione a Presidente della Repubblica d’Egitto http://www.youtube.com/watch?v=a8UKWOMs5iU - ha già assunto lo spiacevole impatto del boomerang. Colpite sia la credibilità istituzionale sia la tenuta di piazza del partito che lo sostiene. Col velato tentativo di rimozione del pubblico ministero Abdul Maguid Mohamoud, uno degli artefici dell’assoluzione ai 24 responsabili della “battaglia dei cammelli” odiati dai manifestanti laici e islamisti, Mursi ha tentato populisticamente di cavalcare il malcontento popolare. E ha ripetuto il passo praticato dopo il suo insediamento di giugno quando aveva ordinato di riunire il Parlamento sciolto d’ufficio dalla Corte Suprema. Un’entrata in tackle sull’autonomia del potere giudiziario che non era stata gradita dagli interessati e non era stata neppure proseguita dal Presidente. Quella fu un’uscita propagandistica che si è ripetuta giovedì scorso proponendo al piemme di cambiare lavoro e trovarsi ambasciatore nella Città del Vaticano. L’immediata alzata di scudi dell’Associazione dei giudici dell’ennesima lobby egiziana, ovviamente meno numerosa di quella militare ma non meno potente, ha fatto recedere il Presidente già imbarazzato dal caos di un venerdì nero scivolato verso l’irresponsabilità dei suoi supporter e quella scontata di chi lo osteggia.

Sabato di buon mattino il rifiuto di Mohamoud veniva incamerato e il magistrato restava lì dove Mubarak l’aveva collocato da tempo. Il tutto s’è rivelato un passo falso per Mursi che non ha trovato forza neppure nella piazza islamica scontratasi coi laici, quest’ultimi in fermento per contestargli la vacuità del programma dopo i tanto festeggiati 100 giorni di conduzione del Paese. E’ risultato goffo anche il tentativo della stampa controllata dalla Brotherhood che ha parlato d’infiltrati nella manifestazione di venerdì. Così attivisti del movimento su un sito web che si richiama a Khaled Said ha fatto immeditamente notare che quelle affermazioni sapevano di vecchio regime, erano Mubarak e Suleiman che parlavano di provocatori e infiltrati nelle prime manifestazioni del 25 gennaio 2011. Seppure in quel caso si trattava d’un lapsus freudiano perché gli agenti in borghese, specie nei primi giorni della rivolta di gennaio, c’erano davvero e colpivano alle spalle i manifestanti. Comunque il gruppo Khaled Said inchioda il Presidente: è lui che ha cambiato i vertici della Sicurezza, se questi risultano inadeguati e permettono infiltrazioni ne deve rispondere il governo e lui medesimo. Insomma un vero fuoco di fila di contraddizioni per un’operazione che l’apparato della Confraternita pensava di poter gestire a proprio favore. E non finisce qui. Analisti interni hanno iniziato una serrata critica a ciò che definiscono apertamente un nuovo regime seduto sugli scranni già nasseriani finiti nelle mani di poco degni successori.

Troppo facile ricordare che i passi di Nasser furono folgoranti. Non in soli cento giorni ma gradualmente arrivarono la nazionalizzazione di Suez, la riforma agraria che comportò il sequestro di migliaia di acri di terreno tolto ai latifondisti e distribuito ai contadini indigenti. Altri tempi e altre speranze. Però gli oppositori, nasseriani e di sinistra, fanno il loro gioco e definiscono quello della Fratellanza un ‘cambio di regime’ che sposa lo stesso neoliberismo di Mubarak con la conservazione interna d’una ristretta élite di capitalisti (fra cui loro uomini come Malik) e una subalternità ai poteri occidentali. Esempio lampante la presunta acquiescenza al FMI, che Mursi accontenta anche cancellando i sussidi di povertà di nasseriana memoria sopravvissuti a tutti i raìs. In realtà l’attuale Presidente, attivissimo nei contatti internazionali, sta diversificando i prestiti su vari fronti. Certo finora non ha fornito risposte a richieste sociali come i minimi salariali, scontentando i ceti più deboli ma scontenta pure medici, insegnanti, impiegati statali che hanno infilato scioperi consecutivi. La “Rinascita economica” interna è tutta da verificare. L’ambizioso progetto che usa il prestigioso sostantivo s’è ridotta a viaggiare principalmente attorno al settore commerciale nel quale i Paperoni della Fratellanza come Al-Shater hanno il primato. A loro però, ma anche a businessmen d’altro colore politico quali Shafiq e Sawiris, mancano esperienze industriale e di libero mercato. Hanno vissuto per decenni legati alle commesse statali e si sono arricchiti navigando a vista. Una prassi che li avvicina a parecchi sedicenti imprenditori nostrani.

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