Il governo Netanyahu, riunito in seduta di emergenza la scorsa notte,
ha già deciso le misure che adotterà dopo l’annuncio, previsto oggi,
del nuovo esecutivo palestinese frutto dell’accordo di riconciliazione
tra il partito laico Fatah e il movimento islamico Hamas siglato lo
scorso 23 aprile. La stampa riferisce che saranno interrotti tutti i contatti con l’Autorità nazionale del presidente Mahmud Abbas, ad
eccezione, naturalmente, del coordinamento di sicurezza, l’unico aspetto
che davvero interessa a Israele. Inoltre sarà limitato il
trasferimento dei fondi palestinesi raccolti con tasse e dazi doganali
per il transito delle merci e per altre attività commerciali ed
economiche da e per i Territori occupati.
Già ieri Netanyahu aveva ordinato lo stop di tre futuri ministri che
da Gaza intendevano andare in Cisgiordania in occasione dell’annuncio
del nuovo governo. Più di tutto ha invitato la comunità internazionale
a non riconoscere il nuovo governo. ”Si basa sul sostegno di Hamas che è
una organizzazione terroristica”, ha ammonito il premier.
Un messaggio rivolto anche agli alleati americani che se da un lato
appoggiano la linea di Israele – “la risposta israeliana (alla
riconciliazione Fatah-Hamas, ndr) è stata appropriata”, ha commentato
qualche giorno fa il segretario di stato John Kerry – dall’altro non
hanno ancora preso una decisione finale sul nuovo esecutivo palestinese
che sarà tecnico e che nelle posizioni che contano avrà personalità
vicine a Mahmud Abbas, a cominciare dal premier Rami Hamdallah.
Ieri Kerry ha avuto un lungo colloquio telefonico con il presidente
palestinese che dovrebbe incontrare domani in Giordania. Il capo della
diplomazia americana si è detto “inquieto” per l’appoggio di Hamas al
nuovo esecutivo. Da parte sua Abbas ha ripetuto che il nuovo governo
riconoscerà Israele e gli accordi già firmati. Allo stesso tempo ha
annunciato anche che i palestinesi non rimarranno a guardare di fronte
alle misure punitive di Netanyahu, lasciando intendere che si
rivolgeranno alle corti internazionali per denunciare l’occupazione
israeliana.
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