| Soldati israeliani al confine con il Libano (Foto: Reuters) |
Due soldati israeliani sono rimasti feriti. Immediata la reazione di Tel Aviv che già domenica aveva aperto il fuoco verso la frontiera e ferito un soldato libanese. Ieri l’esercito israeliano ha aperto il fuoco verso due postazioni di Hezbollah, a Shebaa, area rivendicata sia da Israele che dalla Siria e occupata da Tel Aviv durante la guerra dei sei giorni del 1967. Il portavoce militare israeliano ha subito accusato anche il governo libanese “per l’eclatante violazione della sovranità israeliana” e promesso di proseguire nelle azioni al confine per garantire la sicurezza di Israele.
Si tratta della prima azione di Hezbollah dal marzo scorso, quando il movimento sciita attaccò le forze israeliane di stanza in Golan, provocando quattro feriti, in risposta a bombardamenti israeliani sulle proprie postazioni. L’attacco fu rivendicato solo un mese dopo. Dopo la fine dell’offensiva israeliana contro il sud del Libano nel 2006, che provocò 1.200 morti, Hezbollah ha sempre negato di aver lanciato missili verso Israele, accusa mossa da Tel Aviv più volte negli scorsi anni.
Dopo la fine dell’operazione Margine Protettivo contro Gaza, il governo israeliano è tornato a mirare a Hezbollah: più volte membri dell’esecutivo, tra cui lo stesso premier Netanyahu, hanno indicato nel movimento libanese il prossimo target dell’esercito israeliano e fatto la conta dei missili in dotazione agli sciiti: 100mila, secondo Tel Aviv, dieci volte di più di quelli posseduti da Hamas prima dell’offensiva dell’8 luglio. Secondo alcuni osservatori, l’attacco di ieri va letto come messaggio al nemico israeliano: seppur impegnato sul fronte siriano, il Partito di Dio rimane allerta. La stessa rivendicazione dell’operazione, la prima da molto tempo, conduce in tale direzione.
Vero è che da quattro anni i miliziani sciiti occupano un posto di prima linea nella guerra civile siriana, a fianco del presidente Assad. Fondamentale, ad oggi, è stato il ruolo svolto dal gruppo libanese, in particolare al confine. Un ruolo che ha attirato le attenzioni dei gruppi di opposizione, in primis del movimento sunnita qaedista del Fronte al-Nusra che dopo il sanguinoso attacco di Arsal ad agosto è tornato nei giorni scorsi a prendere di mira le postazioni di Hezbollah al confine tra Siria e Libano. Dietro sta l’ampia coalizione anti-sciita, che mira all’indebolimento dell’asse Teheran-Damasco-Hezbollah, e formata da attori diversi: dagli Stati Uniti ai paesi del Golfo fino ai gruppi estremisti sunniti, fatti prosperare proprio dai regimi arabi, sunniti anch'essi, il cui principale obiettivo nella nuova guerra al terrore è l’eliminazione dell’influenza iraniana nella regione.
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