28/10/2014
Nazismo. I crimini contro l’umanità sono perseguibili, anche se a commetterli è uno Stato
Ci sono voluti esattamente vent’anni e purtroppo il sig. Luigi Ferrini non potrà gioirne, visto che durante il lungo iter processuale avuto dalla sua vicenda è venuto a mancare.
La questione ha infatti inizio nel 1994 dal suo incontro con un tenace avvocato di origine tedesca Joachim Lau ma da anni residente in Toscana.
Il sig. Luigi Ferrini, che era una delle vittime del nazi-fascismo ed era stato deportato in Germania e costretto ai lavori forzati in condizione di schiavitù, visto che la Germania aveva sempre negato l’accesso ai propri giudici decise infatti di rivolgersi ai giudici italiani per ottenere il risarcimento dei danni subiti.
La Germania per sottrarsi all’obbligo di risarcimento si trincerò dietro al principio di diritto internazionale dell'immunità degli Stati sovrani dinanzi alla giurisdizione di ogni altro Stato.
La domanda, respinta dal Tribunale e dalla Corte d’appello di Firenze, fu invece accolta dalla Corte di Cassazione, con una storica sentenza delle Sezioni Unite Civili (n. 5044/2004).
In tale sentenza la Suprema Corte affermò che l’immunità degli Stati per gli atti d’imperio non può ritenersi operante nel caso di crimini di guerra e di crimini contro l’umanità, ribadendo la priorità della tutela dei diritti fondamentali dell’uomo e quindi la possibilità, in caso di violazione, di accedere al giudice per ottenere il dovuto risarcimento.
A seguito dell’esempio del Ferrini altri ex deportati presentarono analoghe domande ed il principio fu più volte confermato dalla Suprema Corte.
Nel tentativo di sottrarsi al proprio obbligo la Germania si rivolse alla Corte internazionale di giustizia dell’Onu, chiedendo che la Corte riconoscesse la sua immunità nei confronti della giurisdizione italiana, anche per fatti qualificabili come crimini internazionali.
Innanzi alla Corte internazionale di giustizia non sono ammesse le parti private e quindi la difesa della posizione assunta dai giudici della Suprema Corte fu rimessa all’allora governo italiano, di cui uno dei membri, proprio il Ministro degli esteri, aveva chiaramente esternato la sua posizione di favore alla tesi sostenuta dalla Germania. Anche per tale ragione con una motivazione assolutamente illogica veniva, dal Ministero, rifiutata la “protezione diplomatica” del Ferrini e cioè la possibilità di far valere le sue ragioni innanzi alla Corte internazionale.
Lasciata di fatto senza una effettiva difesa, l’orientamento espresso dalla Corte di Cassazione italiana fu ritenuto violativo del diritto internazionale ed infatti il 3 febbraio 2012, la Corte Internazionale di giustizia, con una sentenza a dir poco vergognosa, affermò nuovamente il principio dell’immunità giurisdizionale degli stati “in procedimenti per illeciti presumibilmente commessi sul territorio di un altro Stato dalla proprie forze armate nel corso di un conflitto armato”. La CIG pur prendendo atto che le vittime sarebbero rimaste senza alcuna tutela, nascondendosi dietro la formale differenza tra norme di diritto processuale (l’immunità giurisdizionale) e norme sostanziale (il diritto al risarcimento dei danni) arrivò persino a negare la possibilità di esistenza di un contrasto tra i diversi aspetti che si ponevano su piani distinti.
A questo punto le Sezioni Unite della Corte di Cassazione, in cui nel frattempo erano anche cambiati alcuni membri ed il Presidente, si adeguò alla pronuncia della CIG dichiarando il difetto di giurisdizione nei confronti della Germania (con le sentenze 32139/2012 e 4284/2013) .
Siccome, però, potevano ancora nascere dei contrasti sul recepimento automatico della sentenza CIG e rimaneva il problema delle sentenze già passate in giudicato, nel tentativo di garantire definitivamente l’impunità della Germania anche per le questioni già passate in giudicato, l’Italia, con la legge 14/1/2013 n. 5 (Adesione della Repubblica italiana alla Convenzione delle Nazioni Unite sulle immunità giurisdizionali degli Stati e dei loro beni), all’art. 3 decretò l’espressa esclusione della giurisdizione italiana per i crimini di guerra commessi dal Terzo Reich anche per i procedimenti in corso inserendo nel nostro ordinamento una ipotesi di revocazione ad hoc in modo da poter far riaprire anche le cause già concluse.
A questo punto l’unica strada possibile per tentare di evitare che ancora una volta gli ex deportati si vedessero privare dei loro diritti e della loro dignità, era tentare di mandare la questione innanzi alla Corte Costituzionale.
Dopo alcuni infruttuosi tentativi, la stessa Corte di Cassazione non aveva ritenuto fondate le questioni presentategli dall’avv. Lau, il giudice Menniti di Firenze ha ritenuto che la conclusione della CIG ed anche la legge n. 5 del 14/01/2014 non potessero essere conformi alla costituzione italiana (visto che per ora i principi fondamentali non sono ancora riusciti a modificarli) eccependo quindi che l’adattamento dell’ordinamento italiano ai principi ed alle convenzioni internazionali incontra il limite invalicabile della tutela dei diritti fondamentali.
La Corte costituzionale con la sentenza 238/2014 ha riconosciuto che: “in un contesto istituzionale contraddistinto dalla centralità dei diritti dell’uomo, esaltati dall’apertura dell’ordinamento costituzionale alle fonti esterne (sentenza n. 349 del 2007), la circostanza che per la tutela dei diritti fondamentali delle vittime dei crimini di cui si tratta, ormai risalenti, sia preclusa la verifica giurisdizionale rende del tutto sproporzionato il sacrificio di due principi supremi consegnati nella Costituzione rispetto all’obiettivo di non incidere sull’esercizio della potestà di governo dello Stato, allorquando quest’ultima si sia espressa, come nella specie, con comportamenti qualificabili e qualificati come crimini di guerra e contro l’umanità, lesivi di diritti inviolabili della persona, in quanto tali estranei all’esercizio legittimo della potestà di governo. In sintesi la sentenza n. 238/2014 ha riconosciuto il diritto all’accesso alla tutela giudiziaria per chi è stato vittima di un atto qualificato come crimine di guerra e/o contro l’umanità anche se questo è stato perpetrato da uno Stato negando quella impunità sino ad ora di fatto riconosciuta da quella immunità giurisdizionale da sempre invocata.
Fonte
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