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31/10/2014

Isis-Resto del mondo ognuno la sua guerra


Sarà forse ricordata come la guerra più confusa della storia moderna: troppi competitori e obiettivi contrapposti tra stessi alleati, a rendere la contesa incerta ed infinita nei tempi e negli ‘effetti collaterali’. Gli Usa scommettono sui curdi ma Turchia e sauditi sembra abbiano altro in mente.

La riflessione, interessante, è di LookOut. ‘Né buoni né cattivi come unica certezza che abbiamo sulla guerra in Siria e Iraq’. Detta altrimenti, non ci sono solo buoni tra i ‘buoni’ per schieramento. Non sono evidentemente “buoni” i miliziani sunniti dello Stato Islamico, ma non lo sono neanche gli uomini al comando del presidente siriano Assad, mentre tra i buoni ‘ufficiali’ esistono problemi anche dove non te li aspetti, vedi le divisioni interne nascoste in casa curda, senza parlare di Arabia Saudita, Qatar e Stati Uniti, ciascuno dei quali ha parte di responsabilità per lo scoppio della guerra.



Riepilogo delle porcate precedenti: Arabia Saudita e Qatar veri sponsor del sunnismo estremo contro lo sciismo in Siria e in Iraq. Riad agisce con la Turchia e i due servizi segreti lavorano alla defenestrazione di Assad foraggiando il gruppo salafita Ahrar Al Sham. Il Qatar traffica assieme con Ahrar Al Sham e con lo Stato Islamico. Poi la Turchia presidenziale di Erdogan, emblema di quella “zona grigia”, un’area virtuale che si estende sopra gran parte del Medio Oriente a oscurare le vere ragioni del grande conflitto in atto in questa regione e le motivazioni di ogni singolo Paese.

L’Iraq resta il principale obiettivo dello Stato Islamico, che sta praticando una politica di terrore e di azioni diversive con autobombe e attacchi lampo contro le forze regolari per infliggere colpi non tanto sul campo ma per far saltare la catena di comando delle operazioni ancora ‘consigliata’ Usa. Progetto di un futuro assalto alla capitale irachena? Baghdad bersaglio al momento impossibile per gli uomini del Califfato. Assedio di proporzioni impossibili, con fronti ancora aperti nella provincia di Anbar e forze sciite che tentano di riprendersi Tikrit, sul Tigri, a metà strada tra Mosul e Baghdad.



In Iraq si stanno organizzando sempre meglio anche gli iraniani. Mohammad Ali Jafari, che guida i Pasdaran, l’élite delle forze armate iraniane, si è incontrato il 21 ottobre a Teheran con il premier iracheno Al Abadi. Ne è uscito un accordo per schierare in Iraq 500 uomini di Al Quds, le Guardie Rivoluzionarie, che addestreranno quel che rimane dell’esercito iracheno e preparare la difesa della capitale e delle altre aree sotto controllo sciita, nel meridione del Paese. Controffensiva futura con reparti di Hezbollah e altre milizie sciite nello scontro con i sunniti che è il vero motore della guerra.

Fonte

Di questo articolo non colpiscono tanto le parole (che sono cose ormai risapute per il sottoscritto e chi prova ad informarsi alla mia medesima maniera) quanto le immagini.
Due foto che descrivono benissimo una tragedia di dimensioni incalcolabili di cui non si riesce a vedere una fine.

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