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31/10/2014

Burkina Faso, golpe o primavera?

di Rita Plantera

Un epilogo quasi rivoluzionario in uno scenario da colpo di stato. È quanto accaduto in Burkina Faso a conclusione di una grande protesta di piazza che per giorni ha riempito le strade della capitale Ouagadougou per sfociare nel rovesciamento di un signore della politica, Blaise Compaoré, da 27 anni al potere. E Compaoré in serata, con una dichiarazione letta alla radio, ha annunciato lo stato d’emergenza su tutto il territorio nazionale, lo scioglimento del governo e l’impegno per il dialogo con l’opposizione: «In questi momenti dolorosi che sta attraversando il nostro Paese, vorrei dire che ho capito il messaggio, ho sciolto il governo al fine di creare le condizioni per una nuova prospettiva. Lancio un appello al leader dell’opposizione per consentire un ritorno alla calma. Mi impegno in trattative con le parti interessate per una soluzione della crisi».

In migliaia ieri a Ouagadougou hanno ingrossato le fila di una marcia minacciosa verso il palazzo presidenziale di Kosyam chiedendo la destituzione di Compaoré dopo aver preso d’assalto la sede del Parlamento dove era in corso una seduta per votare una proposta di emendamento alla Costituzione. Modifica, quella dell’articolo 37, che permetterebbe all’attuale presidente di ricandidarsi alle elezioni del 2015. Un’azione di protesta determinata che ha costretto il governo a ritirare il disegno di legge, ha riferito il ministro delle comunicazioni Alain Edouard Traoré.

Decisione questa che però non ha fermato la rabbia e il malcontento che per giorni hanno infiammato le vie della capitale per estendersi su larga scala a Bobo Dioulasso, seconda città più grande del Burkina, e a Ouahigouya, nel nord. A Ouagadougou il municipio e la sede del partito al potere, il Congrès pour la démocratie et le progrès (Cdp) sono stati dati alle fiamme e l’aeroporto chiuso. Cancellati tutti i voli, interrotte le trasmissioni radiofoniche. Decine di soldati si sarebbero uniti alle proteste. Lo stesso leader del maggior partito d’opposizione - l’Union pour le progrès et le changment (Upc) - Zéphirin Diabré, in un discorso trasmesso in diretta dal suo quartier generale, ha invitato i militari a unirsi al popolo.

Stando a quanto riportato da una radio locale e da una fonte diplomatica, nel pomeriggio i leader dell’opposizione avrebbero avuto colloqui con un influente generale dell’esercito, Kouame Lougue, per un eventuale passaggio di poteri. Alcuni membri del governo sarebbero stati arrestati mentre cercavano di lasciare il Paese.

In mattinata, colonne di fumo si erano levate dalle finestre del Parlamento e dall’area circostante dopo che i manifestanti avevano fatto irruzione all’interno saccheggiando e devastando gli uffici. Presi d’assalto anche i locali della Radiodiffusion Télévision du Burkina (Rtb), la tv di stato, e incendiate alcune macchine. A nulla sono valsi i tentativi delle forze di sicurezza che precedentemente avevano lanciato lacrimogeni e poi aperto il fuoco contro i manifestanti per disperderli. Il cordone dei militari è stato travolto da circa 1500 giovani determinati, scesi in piazza da martedì scorso contro quello che definiscono «un colpo di stato costituzionale» dei sostenitori di Compaoré.

L’emendamento di modifica dell’articolo 37 della Costituzione prevede di portare da due a tre il numero massimo di mandati presidenziali quinquennali e permetterebbe a Blaise Compaoré (al potere dal 1987 con un colpo di stato in cui l’allora presidente Thomas Sankara fu assassinato in circostanze non chiare) di reiterare la sua permanenza a palazzo. Critici contro il tentativo di Compaoré di estendere il suo mandato tanto la Francia, l’ex potenza coloniale – da cui il Burkina Faso si è reso indipendente nel 1960 – quanto gli Stati Uniti, alleati del Burkina nella lotta contro i gruppi qaedisti di matrice africana. La Francia dispone di migliaia di soldati nella regione e utilizza il Burkina Faso (dove vivono circa 3.600 cittadini francesi) come base militare delle sue forze speciali impegnate in operazioni antiterroristiche nel Sahel. Lo stesso Hollande agli inizi di ottobre aveva scritto a Compaoré appellandosi all’articolo 23 della Carta dell’Unione Africana secondo cui «le revisioni costituzionali volte a evitare il cambiamento politico sono vietate». Quindi, contravvenire a tali disposizioni potrebbe portare all’applicazione di sanzioni.

Se si tratti o no della primavera nera del Burkina Faso sulla falsariga delle primavere arabe – come è già stato battezzato il 30 ottobre da un funzionario del Movement of People for Progress (Mpp) Emile Pargui Pare – ce lo diranno le prossime settimane. Di certo è un monito per altri Paesi africani guidati da capi di stato «longevi» per cui restare al potere val bene cambiare le regole.

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