di Michele Giorgio
Sfiduciato e poi
richiamato, grazie alle pressioni del Qatar e dei Fratelli Musulmani,
Ahmad Tumah, «primo ministro» del governo-fantasma dell’opposizione
siriana, in un’intervista al quotidiano saudita al Sharq al Aswat, ha
ostentato ottimismo.
Ha affermato che entro quattro mesi il suo esecutivo sarà in grado di
amministrare i «territori liberati» e annunciato che l’Esercito libero
siriano (Els, la milizia della Cn, Coalizione Nazionale
dell’opposizione) presto formerà il primo nucleo di un futuro «Esercito
nazionale siriano». Quale sia il contributo sul campo di battaglia
dell’Esl tuttavia nessuno può quantificarlo con certezza. A leggere le
notizie che diffondono le fonti locali, anche quelle anti-Bashar Assad, i
soldati di quella che l’Amministrazione Obama definisce l’«opposizione
moderata» appaiono marginali se non assenti da gran parte degli scenari
di guerra in Siria, nonostante i generosi finanziamenti che la Cn
continua a ricevere da paesi occidentali e arabi. A combattere
contro l’esercito regolare siriano in realtà sono i miliziani di al
Nusra (il ramo siriano di al Qaeda) e quelli del Fronte Islamico, un
raggruppamento di formazioni jihadiste «non globali» messo in piedi del
principe saudita Bandar bin Sultan. Forze ideologicamente simili
all’Isis.
La battaglia di Kobanè, la strenua resistenza dei
combattenti curdi all’avanzata dello Stato Islamico, decapitazioni e
stragi di civili nel nord della Siria e in Iraq, catturano
inevitabilmente l’attenzione dei media e degli osservatori. In altre
parti della Siria intanto la guerra civile va avanti, con la consueta
violenza. L’esercito regolare in questi ultimi giorni ha
riconquistato diverse posizioni intorno ad Aleppo (i ribelli sono
tornati ad accusare Damasco di far uso anche di sostanze chimiche) ma
deve affrontare la nuova offensiva che al Nusra, il Fronte Islamico e
qualche unità dell’Esl hanno lanciato sui monti del Qalamoun, in
particolare nelle regioni di al Assal Jebbah e al Ward. Un’area di
eccezionale importanza strategica tornata nei mesi scorsi sotto il pieno
controllo del governo centrale.
Le nuove battaglie in quella zona sono sanguinose, come ha dimostrato
il recente tentato raid a Brital, un villaggio libanese lungo la
frontiera, ordinato da Abu Malik Talli, l’emiro di al-Nusra nella zona di Qalamoun.
Ad appoggiare, in modo decisivo, i governativi sono ancora una volta i
guerriglieri del movimento sciita libanese Hezbollah e, con ogni
probabilità, anche volontari iraniani. Dall’altra parte c’è un mix di
miliziani siriani e di vari paesi islamici giunti in Siria per la
«guerra santa».
Un giornalista del quotidiano di Beirut as Safir ha riferito di aver
visto in quella zona numerosi corpi di caduti in battaglia e diversi
automezzi distrutti. Ha aggiunto, citando proprie fonti, che Abu Malik
Talli prima di lanciare l’offensiva avrebbe incontrato tutte le fazioni
armate ribelli, presenti anche rappresentanti dello Stato Islamico, allo
scopo di discutere di operazioni militari da portare a termine prima
dell’inizio dell’inverno, per riaprire «collegamenti vitali»
sulla frontiera tra Libano e Siria, infliggendo allo stesso tempo una
pesante «lezione» a Hezbollah. Al Nusra e le fazioni alleate
avrebbero impiegato in un primo attacco (a Brital) 150 uomini, e in un
secondo, più ampio solo in territorio siriano, altri 450 combattenti. I
piani però non hanno avuto successo, almeno sino ad oggi.
I comandi siriani si dicono soddisfatti e così il governo dall’andamento delle operazioni militari. Per le autorità centrali però
la situazione resta precaria, anche per la mancanza di risorse
economiche che si riflette sulla vita dei cittadini che vivono nelle
regioni costiere e centromeridionali del paese che sono sotto il
controllo di Damasco. La pubblicazione economica Syria-Report
riferisce che a causa dell’occupazione nel nord-est della Siria da parte
dell’Isis, dove si trovano i giacimenti petroliferi, delle sanzioni
internazionali e della scarsità di entrare fiscali, le autorità
sono state costrette ad annunciare che dal 23 ottobre sono cessati i
sussidi statali per il carburante destinato a fabbriche e aziende. La benzina ora è venduta alle industrie al pezzo di mercato.
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