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24/10/2014

Hezbollah difensore del Libano?

“I miliziani [jihadisti, ndr] hanno due possibilità: morire o ritirarsi dalla battaglia”. Parola di Hassan Nasrallah, leader di Hezbollah, che durante la riunione annuale degli studiosi islamici ha parlato dell’avanzata dello Stato islamico in Libano e delle strategie di difesa intavolate dal Partito di Dio il quale, ancora una volta, sembra delinearsi come unica forza militare capace di proteggere il Paese dai gruppi jihadisti che minacciano l’intera regione.

“Incapaci di invadere la valle della Bekaa”, come ha assicurato il leader di Hezbollah, i jihadisti sarebbero, secondo lui, “circondati e intrappolati” tra le montagne al confine tra Siria e Libano e  condannati a morire di freddo o a ritirarsi da civili. Nasrallah ha parlato di frontiera sicura – pur ammettendo che le infiltrazioni dello scorso mese che hanno colpito i check-point del movimento a Brital e ad Assal al-Ward sono state “degli errori che si sono già risolti. Neanche le potenze più avanzate possono essere sicure al 100 per cento”, ha detto, affermando di essere “ogni giorno più sicuro del fatto che la nostra battaglia in Siria è per la protezione del Libano”. Parole che risuonano ostili a una certa fetta del Parlamento, quella della coalizione anti-siriana e pro-occidentale del 14 Marzo che addossa al Partito di Dio l’intera responsabilità della presenza jihadista in Libano per la sua partecipazione al conflitto siriano al fianco del presidente Bashar al-Assad.

Il Paese, asserragliato dalle vicende siriane, dopo aver a lungo assistito allo scontro tra le fazioni pro e anti-Assad nella città settentrionale di Tripoli, all’impianto di numerose cellule jihadiste provenienti dalle sguarnite frontiere settentrionali e orientali, a una stagione di attacchi agli obiettivi sciiti nella capitale, ora si ritrova a dover contenere l’avanzata dei miliziani qaedisti nella valle della Bekaa. Nell’ultimo assalto, avvenuto all’inizio di agosto, centinaia di jihadisti avevano fatto irruzione nella cittadina di frontiera di Arsal, occupandola in poche ore, sequestrando una trentina tra soldati e poliziotti e lasciando sul terreno 42 civili, 17 soldati e un numero imprecisato di miliziani uccisi.

Eppure, il partito di Dio ne esce nuovamente premiato. Soprattutto dai Cristiani. Secondo un sondaggio effettuato tra il 15 e il 17 ottobre scorso dal Beirut Center for Research and Information, il 66 per cento dei Cristiani intervistati ha espresso il suo supporto per la partecipazione di Hezbollah nel conflitto siriano contro le milizie jihadiste, contro il 39 per cento del giugno 2013 e il 53 per cento del febbraio 2014. Inoltre, il 58 per cento sarebbe contrario a sostituire le postazioni Hezbollah con quelle dell’UNIFIL per proteggere le frontiere nord-orientali dalle infiltrazioni jihadiste. E il 65 per cento non crede che la presenza qaedista in Libano sia dovuta a Hezbollah e alla sua presenza nel conflitto siriano.

Cresce anche l’influenza dell’Iran nel Paese dei Cedri. Dopo gli appelli dei politici libanesi alla coalizione internazionale a equipaggiare e addestrare l’esercito libanese, troppo debole e incapace per difendere le frontiere, e dopo la promessa fatta dall’Arabia Saudita, alleata della coalizione “14 marzo” (fronte anti-siriano) di donare tre miliardi di dollari per comprare armi dalla Francia per le truppe di Beirut – un accordo mai implementato, secondo il portale Middle East Online – ora il governo libanese guarda a Teheran.

Il ministro della Difesa libanese Samir Moqbel è appena tornato da una tre giorni nella capitale iraniana per discutere di strategie di protezione per il Libano e di armamenti da ricevere dalla Repubblica islamica per fronteggiare lo Stato islamico. L’incontro, stando alle parole del ministro della Difesa iraniano Hossein Dehghan riportate dall’agenzia Mehr, è stato molto proficuo e l’Iran “è pronto a fornire al Libano tutto il necessario per difendersi dal nemico comune”, spiegando che si tratta di “equipaggiamenti per le truppe di terra” e lasciando trapelare la possibilità di poter anche addestrare l’esercito libanese. Ora si attende la risposta del governo di Beirut, ma - come spiega l’Associated Press - c’è il timore da parte di alcune forze politiche e dagli Stati Uniti che le armi vengano usate contro Israele.

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