«L’Europa adesso volta pagina nella guida delle sue istituzioni», spiega Renzi in Parlamento. "Le regole sono uguali per tutti e non cambiano", spiegano i boss di Bruxelles, vecchi e nuovi.
Chi ha ragione e che cosa sta succedendo?
Renzi mente, su questo non ci piove. Ha un bisogno disperato di far vedere soprattutto quello che non c'è per dimostrare l'efficacia positiva - altrimenti dubbia o inesistente - della sua azione. Che è potente sul lato "rottamazione" (costituzione, mercato del lavoro, diritti, ammortizzatori sociali, ecc.), ma invisibile su quello construens. In questo schema, solo se l'Unione Europea "cambia verso" si apre uno spazio per rendere coerenti le sue chiacchiere italiane e l'obbedienza alla Ue.
A Bruxelles la vedono diversamente. La "legge di stabilità" presentata dal governo fa acqua da tutte le parti, e lo sanno tutti: coperture dubbie per le spese, stime esagerate sulle entrate (recupero dell'evasione fiscale, per esempio, o ricadute delle "riforme strutturali" in termini di Pil), tagli incerti anche nella spending review, ecc. C'è anche un esplicito tentativo di rinviare l'entrata a regime del Fiscal Compact (il trattato che entra in vigore dal 2015 e impone un calendario ventennale di rientro del debito pubblico ne limiti del 60% del Pil, mentre ora è oltre il 130), espresso dal rifiuto di tagliare il deficit strutturale dello 0,5%; Renzi e Padoan hanno immaginato possibile una riduzione molto più modesta (lo 0,1%), ritagliandosi una via di fuga sulla trincea dello 0,25. Roba da far incazzare anche il più dialettico dei cerberi tedeschi...
Ma si può bocciare la manovra della terza economia dell'eurozona senza provocare uno "shock sistemico" a tutta l'area? La domanda ha ricevuto il più classico dei "non si può", anche se la Commissione uscente - secondo alcune ricostruzioni di parte renziana - aveva minacciato di farlo lo stesso, inviando una "lettera ultimativa" al governo italiano. La Commissione entrante (Jean-Claude Juncker) e la stessa Angela Merkel avrebbero a quel punto spinto per un "compromesso" mirante innanzitutto a prendere tempo e far insediare, con i pieni poteri, il nuovo "governo europeo"; mantenendo così aperte le vie di contrattazione con Roma e la tranquillità sui mercati finanziari. Poi, al secondo passaggio dell'esame della legge di stabilità, si arriverà al dunque, con prescrizioni molto dettagliate su cosa dovrà essere cambiato nella legge di stabilità italiana.
Ma sull'orientamento dell'Unione Europea non ci sono novità sostanziali: "le regole valgono per tutti e non cambiano". Certo, la Francia sta messa peggio (sfora il decifit fino al 4,4%), ma è un grande paese, è una potenza nucleare, ha un rapporto privilegiato con Berlino; quindi ha margini molto più ampi di quelli concessi - e concedibili - a Roma.
Renzi dunque è obbligato a mentire tutti i giorni, in attesa di smentire se stesso con cambiamenti alla manovra che - naturalmente - dirà di aver deciso spontaneamente, "nell'interesse dell'Italia e dei cittadini".
Non che nell'Unione Europea nessuno si sia accorto che c'è la recessione; o che l'austerità la sta di fatto aggravando oltre misura. Persino la Germania sta entrando in recessione... Ma lì vale il principio - di buon senso, apparentemente - che non si cambiano le regole prima che ne siano state preparate altre. Ma questo, eventualmente, è parte integrante del lavoro del nuovo parlamento europeo; o, più esattamente, del nuovo esecutivo. Per ora si va avanti as usual.
Tradotto: la manovra vera - quella che ci toglierà sangue, lacrime e portafoglio - la stanno scrivendo a Bruxelles e ce la faranno conoscere di qui a pochi giorni. Renzi convocherà un consiglio dei ministri straordinario in cui verranno delineate le "nuove scelte" fatte "autonomamente" dal governo per "rendere più efficiente la macchina dello Stato e rilanciare la crescita". Da Berlino e Bruxelles diranno "bravo" sorridendo e torneranno ad occuparsi dei problemi delle multinazionali.
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