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23/10/2014

ISIS - Nuovo video islamista: “Obama, le tue armi le abbiamo noi”



“Le armi le abbiamo prese noi”. Con questo messaggio al presidente Obama si apre il nuovo video dello Stato Islamico pubblicato da Aamaq News, media vicino agli islamisti. Un video con cui al-Baghdadi si fa gioco degli Stati Uniti: “Questo è parte dell’equipaggiamento militare lanciato dalle forze statunitensi”, dice nel video un miliziano mentre mostra delle munizioni in una cassa. “Queste sono le bombe che le forze statunitensi hanno lanciato ai kurdi. Ora sono bottino di guerra dei mujahideen”, aggiunge.

Si tratta delle armi che domenica notte per errore i jet Usa hanno sganciato su postazioni dell’Isis invece che su quelle kurde. Per evitare che venissero prese dagli islamisti, l’esercito aveva detto di averle distrutte. Diversa la versione dell’Isis. Ma chi abbia ragione o meno, poco importa. A monte resta l’ennesimo errore, figlio di un mancato e stretto controllo di quanto accade sul terreno.

«Stiamo valutando il completamento della missione – aveva detto un funzionario Usa – La maggior parte dei pacchi sono stati consegnati con successo alle forze kurde». Alcuni, ha aggiunto il Pentagono, sono stati distrutti, per evitare che cadessero in mano jihadista. Il problema, secondo il Pentagono? Il buio: gli armamenti sono stati sganciati di notte rendendo più difficile centrare il bersaglio.

Gli errori di valutazione e le spaccature interne alla coalizione non fanno che garantire allo Stato Islamico maggiore spazio di manovra. Ogni attore pare agire per proprio conto: ieri l’Iran – che non è partner ufficiale del fronte anti-Isis, ma ha più volte spinto per farne parte – ha promesso al premier iracheno al-Abadi in visita a Teheran nuove armi e altri consiglieri militari. La Turchia insiste sui peshmerga, autorizzati a passare il confine per andare a combattere a Kobane: ma ad oggi nessun kurdo iracheno ha raggiunto la Siria, bloccato secondo le autorità turche da ostacoli burocratici.

Sul terreno a segnare punti è al-Baghdadi. Si è intensificato l’assedio di Sinjar, come all’inizio di agosto: 2mila yazidi, circa 700 famiglie, sono intrappolate, senza più armi né munizioni, costrette a fuggire di nuovo sulla montagna. L’Onu è tornata a parlare di possibile “genocidio”: ieri il vice segretario generale per i Diritti Umani, Ivan Simonovic, ha detto che “le azioni contro gli yazidi possono essere categorizzabili come tentato genocidio”.

Da agosto sono almeno 5mila gli yazidi uccisi, 7mila (ma probabilmente si tratta di una stima al ribasso) quelli venduti al mercato degli schiavi, 200mila quelli fuggiti a nord in Kurdistan, oggi profughi. I raid “umanitari” del presidente Obama, con cui gli Usa iniziarono la guerra all’Isis non sono affatto bastati. Una volta aperto il corridoio umanitario verso nord, gli yazidi sono stati dimenticati.

L’Isis avanza anche nel resto dell’Iraq, sotto forma di autobombe: ieri di nuovo Baghdad è stata colpita con tre attentati nei quartieri sciiti di Abu Dashir, Madian e Talibiya, 30 morti. Nelle stesse ore i miliziani islamisti assaltavano contemporaneamente 15 postazioni peshmerga nei pressi della diga di Mosul e a nord.

In Siria, dopo due mesi, l’Isis ha occupato territori prima controllati dal governo di Damasco. È caduta metà della città di Deir-al-Zor, la zona industriale.

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