Nuova fumata nera ieri, come prevedibile, al parlamento di Atene per l’elezione del presidente della Repubblica. A favore del candidato espresso dalla maggioranza di governo – Nuova Democrazia (centrodestra) e socialisti del Pasok – hanno infatti votato solo 168 deputati, 8 in più rispetto alla prima votazione di mercoledì scorso ma assai lontani dai 200 necessari a far eleggere Stravros Dimas.
La prossima votazione, in base alla legge greca, è fissata per il prossima 29 dicembre e a quel punto ‘basteranno’ 180 voti per eleggere il nuovo presidente. Il governo è impegnato in una vera e propria caccia al voto per evitare una ennesima fumata nera e lo scioglimento del Parlamento, con conseguenti elezioni anticipate da convocare tra la fine di gennaio e l’inizio di febbraio. Per evitare uno scenario che allo stato appare catastrofico per l’attuale maggioranza di governo, il primo ministro Antonis Samaras e i suoi sono impegnati in una vera e propria caccia al voto. Potendo contare su soli 155 deputati, le attenzioni del premier sono tutte rivolte a convincere un consistente numero di indipendenti e di parlamentari di altre formazioni a dare il proprio assenso all’economista e più volte ministro di Nea Dimokratia oltre che ex Commissario Europeo.
Per ora però i progressi di Samaras sono stati insufficienti. Ieri oltre ai 155 esponenti della maggioranza hanno votato a favore di Dimas 13 cosiddetti indipendenti (sui 25 totali), tra i quali 2 deputati appena usciti dal gruppo di Dimar (Sinistra Democratica), partito uscito dalla coalizione governativa dopo l’assalto e la chiusura della tv pubblica. Della partita sono stati anche Efstathios Boukouras e Chrysovalantis Alexopoulos, due parlamentari che hanno recentemente abbandonato Alba Dorata, il partito neonazista sotto processo per omicidi, aggressioni, traffico di armi e racket e i cui parlamentari sono stati temporaneamente scarcerati - non senza polemiche - per poter partecipare alla votazione.
Samaras ha ancora qualche margine di allargamento del numero di voti a disposizione, potendo contare sul fatto che altri indipendenti ancora non schierati ma anche i deputati del partito dei Greci Indipendenti – scissione nazionalista di destra di Nuova Democrazia – e di Sinistra Democratica – scissione di destra di Syriza – anche se critici nei confronti della subalternità del governo nei confronti della troika e dell’austerity ad ogni costo temono assai le eventuali elezioni anticipate. Secondo i sondaggi questi due partiti, dati in netto calo, difficilmente entrerebbero nel nuovo Parlamento e quindi i parlamentari dei due gruppi sono restii a collaborare in qualche modo allo scioglimento della Camera.
Samaras sta cercando in qualche modo di fornire un appiglio a queste due forze politiche per convincerle a votare per Dimas. Lo scorso fine settimana, ad esempio, il premier si è impegnato – in caso di elezione del presidente – ad anticipare le elezioni legislative dal giugno 2016 alla fine del 2015, venendo incontro alle richieste delle opposizioni. Soprattutto Samaras ha promesso di valutare l’opportunità di ampliare la maggioranza di governo, includendo la maggior parte degli indipendenti che potrebbero ottenere qualche simbolico impegno da parte del premier su questioni inerenti un eventuale alleggerimento dell’austerità. Tutti sanno che si tratta di fumo negli occhi, e che la troika proprio in questi giorni sta chiedendo a Samaras di implementare nuovi tagli a salari, pensioni e stato sociale. Ma Samaras deve fornire ai deputati dell’opposizione un qualche argomento al quale attaccarsi per giustificare il salto della quaglia.
E, se non bastasse, sembra che la maggioranza stia ricorrendo anche alla compravendita del voto, denunciata qualche tempo fa da uno dei parlamentari dei “Greci Indipendenti”, Pavlos Chaikalis, secondo il quale un faccendiere legato al governo e a Deutsche Bank Ellas lo avrebbe avvicinato promettendogli alcuni milioni di euro in cambio del suo voto positivo a Dimas. Chaikalis afferma di avere le prove video e audio della tentata corruzione, ma Samaras ha minacciato di portare il ‘calunniatore’ davanti ai giudici.
Fatto sta che a Samaras mancano ancora 12 voti e non è affatto scontato che riesca a trovarli entro lunedì prossimo nonostante il suo lavoro di ‘scouting’, anche se non è impossibile.
Al flop mira apertamente soprattutto Syriza, che punta a elezioni il più presto possibile e a capitalizzare il malcontento popolare nei confronti dell’attuale classe politica e soprattutto della troika europea che in anni di gestione autoritaria e restrittiva del paese dopo la manifestazione della crisi economica ha ridotto la Grecia in miseria. Sia il governo, sia i media padronali ellenici, sia l’establishment dell’Unione Europea ha scatenato una sistematica campagna di terrorismo psicologico nei confronti della popolazione greca, affermando che elezioni anticipate porterebbero ad un ulteriore crollo dei mercati e che l’eventuale vittoria della ‘sinistra radicale’ causerebbe la fuga degli investitori e quindi un ulteriore aggravamento della situazione economica.
Secondo un recente sondaggio – da prendere con le molle, ovviamente – il 55% dei cittadini sarebbe contrario ad elezioni anticipate e comunque se si dovesse votare nelle prossime settimane difficilmente Syriza otterrebbe la maggioranza assoluta necessaria a governare per mitigare l’austerity e ricontrattare con l’Ue – cioè Germania e soci – il debito del paese.
In attesa del verdetto del 29 dicembre, la stampa parla già di manovre elettorali da parte dei vari schieramenti. Mentre il leader di Dimar, Fotis Kouvelis, ha informato di aver avviato una trattativa con Syriza in vista di una eventuale alleanza elettorale, un deputato uscito dal Partito di Tsipras ha annunciato contatti con il nuovo partito di centrosinistra Potami.
Negli ultimi sondaggi, intanto, il vantaggio teorico di Syriza su Nea Dimokratia si assottiglia. In base all’ultima rilevazione condotta dalla società Rass per conto del quotidiano Elefteros Tipos, Syriza potrebbe contare sul 27,1% delle preferenze contro il 23,7% di Nea Dimokratia. Al terzo posto ci sarebbe To Potami (Il Fiume) con il 5,8%, al quarto il Partito Comunista di Grecia (Kke) con il 5,3%, solo al quinto i socialisti del Pasok con il 4,6% e poi i nazisti di Chrysi Avghì (Alba Dorata) con il 4,4%. Le altre formazioni, invece, sarebbero al di sotto della soglia di sbarramento.
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