Entrando nel dettaglio del calo della
popolarità di Renzi troviamo, nel campione analizzato da Euromedia, un
31 per cento che definisce il presidente del consiglio un “affabulatore”, un 15,8 che lo considera solo “uno scaltro opportunista” e non manca un undici e passa per cento che lo rappresenta semplicemente come un “incapace”.
Il 67 per cento del campione ritiene poi che Renzi non abbia rispettato
le promesse fatte. Dato che va considerato sovrapponibile a quello del
72 per cento degli intervistati che si dice preoccupato per la propria
situazione economica. Visto che Renzi era stato presentato, attraverso
un marketing non originale ma pervasivo, come la carta matta in grado di
invertire il declino economico del paese i risultati sono
significativi. Tanto più in un sondaggio per un canale nettamente
schierato a favore del premier. Se confrontiamo questi dati con i
sondaggi Demos, di due giorni precedenti a quanto pubblicato da
Euromedia, si nota però un altro passaggio. Ovvero come al calo di
popolarità di Renzi, registrato anche da Demos, corrisponda una
erosione, ma non un crollo, delle intenzioni di voto verso il PD. Demos
stima infatti un crollo di 24 punti nel gradimento del presidente del
consiglio (da 74 % di giugno al 50 per cento di dicembre) ma un calo di
soli tre punti dal risultato elettorale del maggio 2014 ad oggi.
Ma perché Renzi cala, anche vistosamente, e il PD tiene?
Di qui quattro considerazioni
- E’ da escludere che il PD prenda voti NONOSTANTE Renzi.
Non solo per la forte personalizzazione del rapporto tra segretario e
partito. Ma anche perché, negli studi sui flussi elettorali delle
europee, è stato dimostrato come proprio il fattore Renzi abbia inciso
per attirare voti di centrodestra verso il PD. O per galvanizzare
l’elettorato deluso del centrosinistra.
- Bisogna considerare, come scriveva Le
Bon, che questi aggregati collettivi non pensano secondo una logica
consequenziale ma per immagini non sempre collegate tra loro. Per cui se l’immagine di Renzi premier è logorata non è affatto detto che lo sia quella di Renzi legata al PD. Anzi quest’ultima oggi sembra ancora dinamica e produce senso di successo.
- Finora la delusione verso il presidente del consiglio ha, come abbiamo visto, aumentato soprattutto i tassi di astensionismo. Favorendo, astuzia della storia della piccola politica, proprio il Pd. Come in Emilia-Romagna.
- Naturalmente l’immagine logorata del premier può anche arrivare in tempi brevi a logorare quella del candidato Pd.
Quali possono essere i fattori in grado di accelerare un processo di
logoramento i cui tempi sono fondamentali per decidere o meno della vita
del Pd?
Elenchiamo tre fattori diversi tra loro
ma, allo stesso tempo, sovrapponibili secondo come si potranno disporre
gli eventi dei prossimi mesi. Dimentichiamo che la Cgil, almeno con l’attuale dirigenza, sia in grado di mettere davvero in difficoltà questo governo.
Gli scioperi insapori e indolori che si prevedono, dopo la serie di
decreti attuativi sull’abolizione dell’articolo 18, servono per
garantire, finché tiene, il funzionamento interno dell’organizzazione.
O, al massimo, per tenere sul piano simbolico ed identitario. La Cgil
non è strutturata, neanche se lo volesse, per una conflittualità estesa e
vincente. I fattori possibili di logoramento di Renzi, come vediamo, sono altri:
- Esplosione di una delle tante bolle finanziarie che vagano per il pianeta.
Se le banche centrali non governano il fenomeno può accadere anche già
nel 2015. Il riflesso verso l’Italia sarebbe ovviamente enorme, anche se
forse non di immediato impatto politico (le bolle del ’98 non hanno
inciso subito sul panorama politico, ma nel 2001, e quella del 2008 ha
sinistrato il centrodestra solo dopo l’esplosione del debito sovrano del
2011). A questo punto però temi e linguaggi definiti come populisti dal
mainstream potrebbero prendere il sopravvento. Renzi, che è bravo a
cavalcare questi linguaggi potrebbe non farlo con la consueta abilità. E
di fronte a un momento drammatico. Perché dovrebbe tutelare interessi
che richiedono altri tipi di mosse e di linguaggio. Se fosse così per
l’immagine di Renzi sarebbero grossi problemi. E quindi per il PD che,
senza il tubo di ossigeno renziano, si troverebbe senza personaggi in
grado di attirare consenso.
- Il fattore Salvini. A
prescindere dalla situazione economica e finanziaria internazionale,
che resterà grave almeno per tutto il prossimo anno, il fattore Salvini
sta prendendo piede nel paese. Nel senso del simbolico (per adesso) di
una soluzione di destra, populista, securitaria, forcaiola e liberista,
ma neopaternalista nella concezione dello stato sociale, con tanto di
simulacro comunitario. In fondo la crescita di Salvini non dispiace a
Renzi che ritiene di giocarsi la partita del potere in uno scontro
liberal vs. populismo che lo vedrebbe, secondo l’immagine che i guru di
Renzi hanno del paese, vincente. Il punto è che, mai successo, nei
sondaggi la Lega ha raggiunto Forza Italia. E che Salvini sta crescendo
in intenzioni di voto proprio in aree dove il Pd è forte (Nord Ovest e
centro). Siccome quando si è forti al nord un alleato al sud lo si trova
sempre, la storia del centrodestra è lì a testimoniarlo, il fattore
Salvini può logorare davvero l’immagine di Renzi. Rivelandosi, invece
che il miglior avversario possibile, quello che ti attira consensi da
ogni dove per fare fronte democratico, magari il più scomodo dei
competitori.
- Il fattore Grecia. Se
è vero che la Cgil può far poca paura a Renzi diversamente, scherzi
della globalizzazione, può avvenire per la Grecia. E’ ovvio che se
Tsipras prende il potere gli effetti in Europa si faranno sentire. Si
tratta, dal punto di vista dell’immagine, di un leader più giovane di
Renzi e più di sinistra. Promuove politiche verso le quali il governo
Renzi, a meno di non voler cambiare completamente pelle, non potrà che
entrare in rotta di collisione. Più Tsipras, e magari con lui la
questione spagnola con Podemos, è destinato a dettare l’agenda europea, e
quindi italiana, dei prossimi mesi, più Renzi è destinato a sciogliersi
di fronte alla sua immagine. Perché perderebbe in dinamicità e
progressismo: due fattori che, grazie ad equivoci tipici
dell’immaginario di massa, Renzi possiede secondo l’elettorato di
centrosinistra. Non potendosi allontanare più di tanto sia dalla
Germania sia, soprattutto, dalla Bce, Renzi è destinato ad apparire come
è: un residuo reaganiano richiamato a nuova vita dalla necessità di
avere una immagine dinamica da parte del mainstream. Più Tsipras
diventerà popolare anche in Italia, giocoforza anche solo per i problemi
che comporterà al mainstream europeo, più Renzi ne risentirà. In caso
di bluff o di fallimento Syriza in Grecia, si capisce, il danno sarà
quindi anche per la sinistra italiana.
Inoltre, Renzi non ha tanto
bisogno di azzeccare il candidato per il quirinale, quella è roba che
serve per gli equilibri di potere interni al ceto politico, ma di
trovare una emergenza, un evento, un dramma che lo facciano emergere
come leader. Visto che dall’economia non uscirà un granché nel
prossimo anno (salvo magari un più zero virgola di Pil che sui media
sarà venduto come boom economico). Se troverà un evento grosso da cavalcare, con tanto di scenografia appropriata, allora potrà frenare
il calo di consensi. C’è da sperare che non accada ma sarebbe opportuno
anche fare qualcosa per contribuire a deteriorare velocemente l’immagine
di Renzi. Questo si che sarebbe un atto politico.
Intanto, tra tweet e disillusione,
conferenze stampa a reti unificate e astensione, il governo Renzi va.
Pieno di guerre tra bande, scossoni e trame come nella prima repubblica.
Raccontando di svolte copernicane, linguaggio politicamente liso e
vecchio di almeno trent’anni, di concretezza, di fare, di innovazioni
che esistono solo per le redazioni amiche.
redazione, 31 dicembre 2014
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