La cancelliera tedesca Merkel, tra i più severi fautori delle sanzioni Ue, ora è la prima a piangere. I debiti di Mosca verso Berlino valgono oltre 20 miliardi di euro, un decimo del totale: il crollo del rublo ha avuto pesanti ripercussioni sul made in Germany. Per non parlare della povera Italia.
Se l’economia della Russia cade a pezzi non ci sarà nessuno a vincere. Lo gridano gli economisti e lo capiscono anche i politici, ma sembra che nessuno sappia o voglia fermare gli speculatori che giocano sul rublo. C’è chi ricorda che l’Unione Sovietica fu sconfitta dagli Stati Uniti per bancarotta in un sistema economico chiuso. La sola ipotesi di bancarotta della Russia fa tremate il capitalismo di mezzo mondo. Secondo la banca centrale russa entro dicembre del 2015 aziende e banche devono restituire all’estero 208 miliardi di crediti. Un decimo, 20,8 miliardi, soltanto alla Germania.
Ora Berlino trema, e un po’ se lo merita. Calo del prezzo del petrolio e crisi del rublo non spingono i russi agli affari. Non solo l’embargo, ma il ‘made in Ue’ verso il Paese di Vladimir Putin precipita. Se Mosca piange l’Europa non ride. E la crisi sta già erodendo profitti e danneggiando gli interessi delle aziende rivolte all’estero e le multinazionali che hanno attività in Russia. Le ritorsioni di Putin sui prodotti europei non hanno migliorato le cose. L’Italia lo sta capendo sul fronte agroalimentare anche se sui banconi dei supermercati russi, verdure, carni, pesci, frutta, sono quasi scomparsi.
Basta pensare che l’export verso la Russia è il 10% dei totale dei prodotti alimentari Ue, valore 15 miliardi di dollari. Secondo alcuni economisti l’Europa, per compensare i suoi produttori colpiti dall’embargo avrebbe già sborsato intorno ai 156 milioni di dollari. Piangono i contadini ma non ridono le ‘quattro ruote’. Il gigante Volkswagen subisce un calo dell’8% di vendite in Russia e le azioni hanno perso oltre il 12% del valore solo quest’anno. Il marchio di abbigliamento sportivo Adidas sta chiudendo negozi e ridimensionando il giro di affari in Russia: guadagni a meno 20 e 30%.
I francesi non stanno meglio. Renault, Peugeot e Citroen, sono in sofferenza da tempo e ora anche il colosso americano Ford, che opera in Russia, ha constatato che rublo debole, calo del petrolio e sanzioni, fanno precipitare le vendite. E gli USA, artefici della linea dura con Mosca vengono colpiti su alcuni simboli della globalizzazione e del lor potere economico. La Coca-Cola, che imbottiglia e distribuisce bevande anche in Russia, ha già bruciato il 32% del valore delle azioni. Poi McDonald, che chiude catene di negozi per controlli severi di ritorsione di Mosca nei confronti delle sanzioni.
Ma perché il farci male tutti, e da soli? Partita strategica. Una spiegazione la tenta il ministro degli esteri russo, Sergei Lavrov. ‘Le sanzioni dell’occidente sono in realtà un tentativo di forzare un cambio di regime a Mosca’. Ovviamente per ‘sostituirlo con un soggetto meno scomodo ai desideri egemonici di Washington’. Fosse vero, attraverso quali passaggi? 1) Ucraina dove la Nato vuole la sua bandiera. 2) Siria, dove Damasco gode della protezione russa. 3) Iran, col ravvicinamento Usa è condizionato al rapporto di Teheran con Mosca. 4) L’Europa dove esportare il suo ‘shale oil’.
Penetrare la Russia attraverso forzature economiche o militari che siano, non risulta storicamente facile. «Ricordate la lezione di Hitler. Voleva conquistare la Russia e guardate com’è finita», ha rammentato pochi giorni fa Vladimir Putin
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