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20/12/2014

Nigeria - Boko Haram sequestra altre 185 persone


di Rita Plantera – Il Manifesto

Otto mesi dopo il rapi­mento – ad aprile scorso – delle oltre 200 stu­den­tesse di Chi­bok, un altro seque­stro di massa ha scon­volto le comu­nità civili del nord-est della Nige­ria. Sareb­bero circa 185 (192 secondo il capo di una mili­zia locale Usman Kakani) le per­sone prese in ostag­gio, tra cui donne e bam­bini, cari­cate a bordo di camion verso la fore­sta Sam­bisa e 35 le vit­time di un attacco attri­buito ai mili­ziani di Boko Haram. È suc­cesso dome­nica scorsa a Gum­suri, circa 70 chi­lo­me­tri a sud di Mai­du­guri, la capi­tale dello Stato del Borno, sulla strada per Chibok.

A darne noti­zia, dopo quat­tro giorni dall’accaduto, sono state fonti della sicu­rezza e i soprav­vis­suti che per rag­giun­gere Mai­du­guri senza cor­rere il rischio di cadere nelle mani degli isla­mi­sti hanno per­corso diverse cen­ti­naia di chi­lo­me­tri nella dire­zione oppo­sta prima di rag­giun­gere la strada prin­ci­pale che con­duce alla capi­tale. I det­ta­gli sul raid che ha col­pito una delle zone più iso­late del Paese, con strade impra­ti­ca­bili e dis­se­state e la rete di tele­fo­nia mobile com­ple­ta­mente col­las­sata, sono emersi solo ieri.

Secondo quanto ripor­tato alla Reu­ters da un gio­vane vigi­lante, Aliyu Mam­man, al momento dell’attacco non vi era alcuna forza di sicu­rezza a fer­mare i mili­ziani di Boko Haram. Affer­ma­zione che non sor­prende se si con­si­dera che pro­prio le forze armate nige­riane — oltre­tutto ripe­tu­ta­mente accu­sate dalle asso­cia­zioni per i diritti umani di vio­lenze con­tro i civili — sof­frono la man­canza di inve­sti­menti e di equi­pag­gia­menti mili­tari a fronte di Boko Haram che si rivela sem­pre più ben armato e deter­mi­nato e come soste­nuto dallo stesso pre­si­dente Jona­than «infil­trato nelle forze armate e di polizia».

A pochi mesi da quelle che si annun­ciano come le ele­zioni più con­tese dalla fine del regime mili­tare nel 1999, la classe poli­tica nige­riana si pre­para dun­que a scen­dere in lizza all’ombra di un gruppo ter­ro­ri­stico di cui è evi­dente la capa­cità di con­qui­sta ter­ri­to­riale e di desta­bi­liz­za­zione dell’apparato isti­tu­zio­nale. D’altro canto, a cor­rere per la pre­si­denza a feb­braio 2015 saranno due can­di­dati che per ragioni dif­fe­renti non lasciano pre­sa­gire un cam­bio di guar­dia nel mana­ge­ment poli­tico e socio-economico della Nige­ria: il pre­si­dente uscente Good­luck Jona­than per il par­tito al governo, il People’s Demo­cra­tic Party, e Muham­madu Buhari per il par­tito d’opposizione, l’All Pro­gres­si­ves Congress.

Con­tro Buhari, ex dit­ta­tore alla guida della Nige­ria per due anni (1983-’85), pesano le accuse della Nor­thern Coa­li­tion for Demo­cracy and Justice, un’associazione nige­riana per i diritti umani che nei giorni scorsi ha chie­sto alla Corte Penale Inter­na­zio­nale la sua incri­mi­na­zione per il coin­vol­gi­mento nei disor­dini post-elettorali del 2011 durante i quali 800 per­sone furono uccise.

Intanto, secondo l’Independent Natio­nal Elec­to­ral Com­mis­sion, più di un milione di sfol­lati interni rischiano di non eser­ci­tare il loro diritto di voto a meno che la legge elet­to­rale (secondo cui è pos­si­bile votare solo nei col­legi di appar­te­nenza) non venga modi­fi­cata nelle pros­sime settimane.

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