di Carlo Musilli
La nuova legge
di Stabilità ancora non c'è - arriverà entro il 15 ottobre - ma nel suo
tessuto già s'intravede il contorno dei buchi. Le preoccupazioni nascono
dalla Nota di aggiornamento del Documento di economia e finanza
approvata venerdì scorso dal Consiglio dei ministri, un testo che
dovrebbe costituire la base di lavoro per la prossima manovra.
In
sostanza, il governo fa affidamento su un ipotetico tesoretto da quasi
18 miliardi che l'Ue dovrebbe concedere al nostro Paese per il 2016 in
termini di maggiore flessibilità. "L’indebitamento netto - si legge
nella relazione al Parlamento allegata alla Nota - potrà aumentare
rispetto al profilo tendenziale fino ad un importo massimo di 17,9
miliardi nel 2016 (che include, ove riconosciuti in sede europea, i
margini di flessibilità correlati all’emergenza immigrazione fino a un
importo di 3,3 miliardi), 19,2 miliardi nel 2017, 16,2 miliardi nel 2018
e 13,9 miliardi nel 2019".
In altre parole, l'Italia chiede
all'Europa il permesso di avere un deficit maggiore del previsto non
solo nel 2016, ma anche nel 2017 (+1,1 punti di Pil), nel 2018 (+0,9
punti) e nel 2019 (+0,7). Il governo ritiene infatti che "una riduzione
ancora più corposa del deficit strutturale nel 2017 sarebbe
controproducente e che un calo complessivo di 0,7 punti nel biennio
2017-2018 (e di due punti di Pil in termini di disavanzo nominale)
costituisca già uno sforzo fiscale straordinario". Di conseguenza, il
pareggio di bilancio subirà un ulteriore slittamento dal 2017 al 2018
(inizialmente era previsto per il 2014).
Ora, il Patto di
stabilità e crescita europeo elenca tre possibili "clausole di
flessibilità", ovvero ragioni per le quali a un Paese può essere
concesso di deviare temporaneamente dagli obiettivi di bilancio a medio
termine: 1) l'avversità del ciclo economico; 2) l'approvazione di
importanti riforme strutturali; 3) la cosiddetta "golden rule", vale a
dire la possibilità di scorporare dal deficit le spese per investimenti
cofinanziati con l'Europa.
Della prima clausola non possiamo più
avvalerci, perché quest'anno il Pil italiano è tornato in positivo (il
governo ha perfino rivisto al rialzo le stime, portandole da +0,7 a
+0,9%). Così, per riempire il vuoto, abbiamo tirato in ballo l'emergenza
immigrazione: siccome dobbiamo far fronte a innumerevoli sbarchi,
abbiamo bisogno di risorse aggiuntive (quei 3,3 miliardi di cui sopra,
pari a 0,2 punti di Pil).
In teoria il ragionamento fila, sennonché quei soldi non sarebbero
davvero impiegati per i migranti, ma per finanziare la nostra prossima
manovra di bilancio, e in particolare i tagli delle tasse promessi da
Renzi. E' difficile che a Bruxelles sfugga un dettaglio del genere,
tanto più che il nostro stesso ministro del Tesoro, Pier Carlo Padoan,
ha ammesso di "non conoscere esattamente" questa presunta regola che
legherebbe flessibilità e migranti.
Per quanto riguarda gli
altri margini di manovra chiesti dall'Italia, circa 5,4-5,5 miliardi
sono legati alla clausola sugli investimenti e i rimanenti 9,1-9,2
miliardi alle concessioni per le riforme. Di quest’ultima quota, il
governo aveva già ottenuto flessibilità per 0,4 punti di Pil (7,3
miliardi) e ora chiede di poter contare su altri 1,7/1,8 miliardi in
più. A tal proposito, l'Ufficio parlamentare di bilancio ricorda che
"sarà la Commissione europea a verificare sia l’esistenza delle
condizioni per usufruire della flessibilità sia quanta flessibilità
concedere" e che "ciò dipenderà dal tipo di riforme e dalla loro
effettiva realizzabilità".
Dall'Ue,
per ora, non arrivano indicazioni: "Valuteremo la posizione fiscale
dell’Italia in rapporto al Patto di stabilità e crescita in autunno,
nella nostra opinione sulla bozza della Legge di bilancio, una volta che
l’avremo ricevuta", ha detto all'Ansa la portavoce del commissario
europeo agli Affari economici.
Insomma, se alla fine l'Europa
sbloccherà tutti i 17,9 miliardi previsti, il governo avrà trovato senza
difficoltà le coperture per buona parte di quella manovra da 27
miliardi annunciata la settimana scorsa dal Premier. Se invece Bruxelles
dovesse impuntarsi anche soltanto su una delle richieste dell'Italia,
nella legge di Stabilità si apriranno delle falle da sigillare con le
solite invenzioni contabili d'autunno.
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