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28/09/2015

La distruzione di Alitalia, un affare criminale. Quattro condanne

Avevamo scritto parecchie volte che la distruzione dell'Alitalia, a far data dagli accordi di Maastricht, era un piano economico preciso. Voluto dall'Unione Europea - che aveva deciso che nel Vecchio Continente c'era spazio per tre soli vettori globali (Air France, British Airways e Lufthansa) - era stato realizzato molto "all'italiana". Ossia facendo deperire il gioiello con una serie di operazioni commerciali sbagliate, apparentemente folli (come il taglio dei voli sul lungo raggio, quelli intercontinentali, gli unici ad alto guadagno), e con altre semplicemente finalizzate a ingrassare le tasche di una serie di amici.

Il "piano", alla fine, doveva portare Alitalia nelle capaci braccia di Air France. Ma saltò per le esigenze elettorali di Berlusconi, che mise in piedi quella famosa "cordata" cui venne di fatto regalata l'aziends scaricando i debiti sui conti pubblici. Pochi anni dopo, nuova crisi e nuova vendita a Etihad. Fine della storia, per ora...

Ma il processo contro le antiche gestioni è ora arrivato alla sentenza. E si sono viste condanne abbastanza consistenti soprattutto per il principale "rottamatore" della gloriosa azienda con base a Fiumicino: Giancarlo Cimoli.

Sotto indagine era tutta la gestione 2001-2007, e quindi il tribunale di Roma ha condannato l'ex presidente e ad della compagnia (da 2001 al 2004) a otto anni e otto mesi di reclusione.

6 anni e 6 mesi invece per Pierluigi Ceschia, ex responsabile del settore Finanza straordinaria; e 6 anni per Gabriele Spazzadeschi, direttore generale del settore Amministrazione e finanza.

Per tutti l'accusa è di bancarotta. In più a Cimoli, sono stati contestati anche due episodi di aggiotaggio. Ha infatti diffuso volontariamente notizie false per causare forti e improvvise oscillazioni di prezzo del titolo Alitalia in borsa. Naturalmente c'era chi era pronto ad approfittare degli sbalzi, Cimoli o chi per lui tra questi.

I pm Maria Francesca Loy e l’aggiunto Nello Rossi hanno dimostrato che gli amministratori hanno portato avanti una vera e propria «dissipazione» di Alitalia con «operazioni abnormi sotto il profilo economico e gestionale», tanto da provocare perdite immotivate per almeno 4 miliardi di euro.

Da ricordare che tutta la stampa nazionale, fatta eccezione per pochissime testate, incolpava della crisi della compagnia soltanto i dipendenti (piloti, assistenti di volo, impiegati, operai e addetti ai bagagli), dipinti come scansafatiche ricoperti di "privilegi" intollerabili.

Sotto accusa le principali operazioni societarie di quegli anni. A Cimoli, Spazzadeschi e Ceschia si attribuisce la divisione della compagnia in Alitalia Fly e Alitalia Servizi; mentre a Cimoli, Spazzadeschi, Ceschia, Zeni e Conforti era attribuita l’acquisizione di Volare Group, Volare Airlines e Air Europe, nel 2005. Mengozzi e Ceschia, infine, hanno pagato anche la decisione di cedere Eurofly per 13 milioni di euro e due aerei per 3 milioni (mentre i soli canoni di affitto ammontavano a 6). Dei veri "capitani di industria"...

In linea teorica, Cimoli, Spazzadeschi, Ceschia e Mengozzi dovrebbero risarcire oltre 355 milioni di euro alle parti civili (niente di che: sono i commissari straordinari pro tempore). Nonostante liquidazioni pazzesche incassate al momento del ritiro (3 milioni di euro quella che lo stesso Cimoli si era auto attribuito), difficilmente verranno espropriati dei loro averi. Come sarebbe peraltro logico.

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