di Carlo Musilli
Renzi spera, Padoan ammonisce, qualcun altro fa i conti ma rimane
dietro le quinte. Intanto, l'esercito di ultrasessantenni in attesa di
pensione trattiene il fiato per la volata finale. Mancano ormai pochi
giorni alla presentazione della nuova legge di Stabilità - il testo deve
arrivare in Senato non più tardi del 15 ottobre - e uno dei capitoli
più attesi della manovra rimane ancora avvolto dal mistero.
"Spero
che la flessibilità in uscita per i pensionati sia realizzata già con
questa legge di stabilità", scrive il Premier rispondendo a un lettore
dell'Unità. La sua speranza è più che motivata. Il Presidente del
Consiglio si gioca una buona dose di popolarità e di credibilità su
questa misura, da lui sbandierata nei mesi scorsi con l'ormai celebre
metafora della "nonna che vuole andare in pensione due o tre anni prima
rinunciando a 20-30-40 euro per godersi il nipotino". Anche il ministro
del Lavoro, Giuliano Poletti, ha ribadito più volte la necessità di
ammorbidire la legge Fornero, mentre il presidente dell'Inps, Tito
Boeri, ha perfino consegnato al governo una sua proposta di riforma.
Quello
che manca non sono le idee. Anzi, di proposte sul tavolo ce ne sono fin
troppe: dai prepensionamenti concessi in cambio di un taglio
dell'assegno pari al 3-4% per ogni anno d'anticipo al cosiddetto
"prestito pensionistico" (un anticipo di 7-800 euro al mese per un
periodo di due o tre anni sulla futura pensione che sarebbe restituito a
rate una volta maturati i requisiti); dagli incentivi per le aziende
che s'impegnano a pagare parte dei prepensionamenti all'applicazione per
legge degli accordi di solidarietà, passando per la possibilità di
prorogare l'opzione donna (in scadenza a fine 2015).
Tra il dire e
il fare, però, c'è di mezzo il Tesoro. "L’idea che la flessibilità sia a
costo zero è semplicemente inesatta", tuona il ministro dell'Economia,
Pier Carlo Padoan. A livello tecnico ha ragione: per quanto variabile,
ognuna delle misure elencate in precedenza avrebbe un costo. Tuttavia,
il nostro Paese dovrebbe essere felice di pagare oggi questo prezzo,
poiché nel medio periodo si rivelerebbe un vantaggio anche in termini
contabili.
Le ragioni principali sono tre. Primo, l'anticipo
dell'età pensionabile consentirebbe all'Erario di ridurre notevolmente
la spesa per la cassa integrazione. Secondo, gli over-60 che andrebbero
in pensione libererebbero posti di lavoro per i più giovani e le nuove
assunzioni - oltre ad avere effetti benefici sull'occupazione e quindi
sui consumi - aumenterebbero il gettito contributivo annuo per le casse
pubbliche. Terzo, permettendo di anticipare la pensione in cambio di una
decurtazione dell'assegno previdenziale lo Stato spenderebbe qualcosa
di più oggi, ma alla fine risparmierebbe, poiché in futuro (e per molti
anni, visto che l'aspettativa di vita si allunga) dovrebbe pagare
pensioni d'importo inferiore al previsto.
"La
flessibilità nel sistema pensionistico fa risparmiare: se si fa un
calcolo corretto - spiega Cesare Damiano, presidente della Commissione
Lavoro della Camera -, nel caso di uscita a 62 anni anziché a 66, il
costo dell'anticipo per i primi 4 anni di una pensione penalizzata
dell'8% sarà largamente compensato dai risparmi cumulati nei successivi
18 anni, con un risparmio del 4,22%". Il punto è che "quando parliamo di
pensioni - continua Damiano - non possiamo limitarci a calcoli che si
fermano ai primi anni, secondo una logica di cassa, ma occorre fare
delle proiezioni: solo in questo modo si può parlare di sostenibilità
del sistema".
Purtroppo i tecnici di Bruxelles sembrano pensarla
diversamente. Per loro, come sempre, i conti pubblici di oggi valgono
più di qualsiasi progetto che guardi oltre la prossima analisi dei
bilanci. "Bisogna spiegare all'Europa che non vogliamo cancellare la
riforma Fornero - conclude Damiano -, ma correggerla e consolidarne gli
effetti finanziari". Una spiegazione che si preannuncia tutt'altro che
semplice, anche perché il governo italiano ha già chiesto all'Ue di
sbloccare a suo favore quasi 18 miliardi in termini di maggiore
flessibilità sui vincoli comunitari. E da quelle risorse dipende buona
parte della legge di Stabilità 2016.
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