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28/09/2015

Caso Volkswagen: qualche domanda di pertinenza

Fatto: il 18 settembre scorso, l’autorità ambientale degli Usa ha comunicato alla Volkswagen di aver aperto una procedura per infrazione della normativa di tutela dell’ambiente, per aver immesso nel mercato auto che rilasciavano emissioni 40 volte superiori a quelle dichiarate.

A quanto si legge, il trucco era contenuto nel computer di bordo che era in grado di “capire” quando l’auto era sottoposta ad esami di laboratorio e modificarne il funzionamento, in modo da rientrare nei limiti della norma. Poi al solito la versione ufficiale non convince: è lacunosa, a volte contraddittoria e  pone una serie di domande.

In primo luogo: come mai una società con la reputazione della Volkswagen si mette a rischio di perdere la faccia a livello mondiale con una frode del genere? Erano sicuri di farla franca: ma su cosa si fondava questa fiducia? La truffa sarebbe iniziata sei anni fa, ma come mai ha iniziato ad emergere solo due anni fa? E poi, perché il caso è esploso solo ora, dopo due anni dalle prime denunce? C’è altro, al di là degli 11 milioni di auto di cui si parla ora?

La cosa più stupefacente è la sicurezza con la quale i dirigenti della ditta tedesca sono andati avanti, sicuri di non essere beccati. I casi sono due: o la truffa era congegnata così bene tecnologicamente da dare la sicurezza di non essere mai scoperta, ma allora come mai è venuta fuori? Oppure era congegnata in modo approssimativo ed allora come mai ci si è messo tanto tempo per scoprirla? Certamente, mi si farà notare che ogni truffatore confida nella genialità della propria truffa e ce ne sono tali che richiedono anni per essere scoperte. Verissimo, ma qui dobbiamo tener conto di vivere in un’epoca in cui il reverse engeneering ha fatto passi da gigante e figuriamoci se i concorrenti a livello mondiale della Volkswagen non hanno testato quelle macchine e non hanno effettuato operazioni di reverse engeneering, cosa che sicuramente tutti fanno contro tutti, non fosse altro per carpire qualche segreto industriale all’avversario. In fondo, gli stessi accertamenti che si sono fatti ora potevano esser fatti molto prima e tanto dalle agenzie di controllo di mercato quanto dai concorrenti, per non dire da agenzie di informazione e sicurezza sia statali che non.

Consideriamo l’ipotesi che la truffa, per quanto ben congegnata, non fosse invulnerabile (dopo faremo quella contraria): su cosa si basava la tranquillità dei tedeschi? Le due spiegazioni più sensate sono da un lato la corruzione degli organi di controllo, dall’altro un patto omertoso fra i principali produttori di auto, ciascuno dei quali ha le sue magagne da nascondere e, quindi, nessuno ha interesse a scatenare la guerra dello “sputtanamento”.

Bene: ma se questo doppio livello di sicurezza ha resistito sinora, come mai ad un certo punto non ha resistito più? Evidentemente è cambiato qualcosa o è intervenuto un terzo incomodo, che ha scombinato il gioco. E qui possiamo sbizzarrirci a pensare chi possa essere questo terzo incomodo.

Prendiamo in considerazione il caso di una truffa blindata, che aveva retto bene per anni e poi ha ceduto. Anche qui: come mai? Qualcuno è riuscito a penetrarla: solo con prove di laboratorio o con qualche “aiutino” magari dall’interno della casa? Sia in un caso che nell’altro aleggia nell’aria un vago odore di servizi e, badate che non parlo necessariamente di apparati informativi statali: ce ne sono anche di privati.

E questo è già un bel gruppo di domande ed ipotesi da verificare. Ma ce ne sono anche altre. Ad esempio: perché la Volkswagen si è indotta ad un comportamento così “napoletano”? Chiedo scusa ai miei amici partenopei, ma uso le categorie con cui i tedeschi vedono il resto del mondo, nella loro boria teutonica oggi trascinata nella polvere. Il gioco valeva la candela? Partiamo da un dato: i tedeschi volevano conquistare il mercato americano, imponendo il diesel, ma, come si sa, gli americani sono “benzinisti ad oltranza”, vogliono auto potenti, veloci e che inquinino in certi limiti. Si può avere una macchina che sia potente, veloce e che inquini poco? E con un carburante come il gasolio che si discute se sia più o meno inquinante della benzina. Si, si può, ma, probabilmente, ha un costo molto alto e la Volkswagen non poteva permettersi quei costi per conquistare il mercato americano e difendere le sue quote su quello europeo. Di qui l’esigenza di produrre un’auto che sembrasse eco compatibile senza esserlo, venduta a prezzi di concorrenza. Ragionamento ineccepibile esattamente come quello per cui rubare costa meno che comprare: non fa una grinza, a condizione di non farsi beccare.

Nel nostro caso, a dare la spinta al gruppo dirigente di Volfsburg in questa direzione, è intervenuto un altro fattore: quello del conflitto dinastico fra i due rami della famiglia che può aver spinto uno dei due a cercare un successo di vendite e di cassa tale da a sconfiggere definitivamente l’altro che ora torna al potere. Ma di questo riparleremo come di altre cose. Sul caso Volkswagen torneremo in diverse altre occasioni.

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