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29/09/2015

Londra: Corbyn 'il rosso' già rincula?

L'annuale conferenza del Partito Laburista (tenutasi quest’anno a Brighton, nel sud dell’Inghilterra) rivela interessanti dettagli rispetto a quelli che potranno essere i nuovi equilibri interni all’organizzazione ora guidata da Jeremy Corbyn.

Il neo-leader, eletto su una piattaforma radicalmente alternativa alle politiche neo-liberiste portate avanti dal partito negli ultimi decenni, dovrà sudare non poco per tenere il controllo di una compagine assai riluttante verso ogni minimo spostamento a sinistra.

Appaiono, dunque, inevitabili, nella sua condizione, i primi cedimenti alla real-politik, sull’altare della ragion di partito. Nonostante le posizioni marcatamente pacifiste di Corbyn, è di Domenica l’annuncio della libertà di coscienza concessa al gruppo laburista in occasione della votazione parlamentare sulla partecipazione ai raid aerei guidati dagli USA in Siria. Nel suo discorso, Corbyn si è limitato ad enunciare le proprie perplessità sugli “ulteriori coinvolgimenti occidentali” nella crisi siriana, senza però forzare la mano.

Al tempo stesso, va in soffitta anche il piano di avviare, a livello di partito, una campagna contro il contestato programma nucleare Trident. Posta in votazione, la proposta di aprire un dibattito sul programma ha ricevuto il supporto solo del 7.1% dei membri del partito e di un insignificante 0.16% dei membri affiliati (cioè coloro i quali partecipano alla conferenza in rappresentanza delle trade unions legate al Labour). A sconfigge, miseramente, la nuova leadership laburista in questa votazione, uno strana alleanza tra blairisti e centrali sindacali (in prima fila UNITE e GMB, già protagoniste dell’elezione a leader di Corbyn), preoccupate, in questo caso, più di salvaguardare i posti di lavoro dei propri affiliati nell’industria nucleare che di altre considerazioni.

Sul fronte dell’economia, John McDonnell, il ministro-ombra delle finanze, fornisce altri elementi di preoccupazione per quanti avevano guardato con simpatia all’ascesa del deputato di Islington North: arriva la promessa che il Labour condivide gli obiettivi di riduzione del debito pubblico delineati dal cancelliere, il conservatore George Osborne; diversa la strategia che un ipotetico governo a guida laburista perseguirebbe (le poche indicazioni fornite parlano di un ritorno a forme di tassazione più progressive in luogo dei massicci tagli alla spesa pubblica previsti dai Tories). In ogni caso, un ritorno alla realtà, dopo i proclami di “quantitative easing popolare” lanciati da Corbyn durante la campagna per la leadership.

I propositi radicali, per ora, sembrano dunque relegati alle interviste, per Corbyn, apparso in buona forma domenica all’Andrew Marr Show sulla BBC in una conversazione in cui ha avuto modo di ribadire le proprie istanze pacifiste ed anti-austerità. Tuttavia, come dimostrano questi primi accadimenti, il governo della complessa macchina politica e burocratica del Labour è altra cosa.

Sembrano riuscire appieno, dunque, i tentativi di depotenziamento del programma di Corbyn in tema di politica estera, messi massicciamente in atto dall’establishement trasversale a tutti i partiti per evitare che si crei un’opinione pubblica sfavorevole all’interventismo militare in Siria e altrove; tuttavia, in questo caso è da sottolineare che la componente che avrebbe dovuto sostenere il programma radicale di Corbyn gli ha messo i bastoni tra le ruote.

La posizione dei sindacati britannici a favore della difesa ed espansione delle produzioni di materiale e infrastrutture belliche richieste dal programma nucleare Trident, dimostra la natura meramente difensiva del processo politico che ha portato all’elezione di Corbyn (ma lo stesso potrebbe valere, in maniera ancora più accentuata, riguardo le ultime elezioni greche): ovvero, siamo in presenza di una classe operaia che, stremata da anni di sconfitte, tende a voler mantenere i residui benefici materiali accumulati e nulla più; in ciò, ovviamente, ha la sua influenza anche un fattore ideologico importante: in quanto classe operaia occidentale, quella britannica (e nello specifico si parla di uno strato che ha contribuito ad un’elezione vincente su un programma non moderato) si sente ancora privilegiata e non vede alternative plausibili alle compatibilità date, per cui l’unico obiettivo può essere quello di smussarne gli angoli più spigolosi.

In questo quadro, ovviamente, si conferma la necessità non di accodarsi al livello attuale di coscienza dei lavoratori, bensì di indicare e praticare un orizzonte alternativo per poter imporre un’egemonia alternativa.

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