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24/09/2015

Pensioni. Qualsiasi "ritocco" sarà con perdita

E' davvero difficile sapere cosa ha in mente il governo quando parla di rivedere alcuni dei meccanismi della "riforma Frnero" in modo da favorire l'uscita anticipata di quelli che non ce la fanno più a stare sul lavoro con più di 60 anni sul groppone, "salvaguardare" gli esodati e liberare qualche posto - molto meno pagato e senza diritti - per un po' di giovani.

Non ci riescono nemmeno gli specialisti di previdenza dei quotidiani economici più importanti, disorientati tra formule, proposte, smentite, assicurazioni, indiscrezioni, calcoli e falsità ben distribuite.

Ma non è difficile indovinare il filo logico: ogni pensionando ci rimetterà ancora qualcosa, in aggiunta alle sforbiciate sanguinose subite grazie a Fornero, Monti, Maroni (sarebbe bene che qualcuno lo rinfacciasse a Salvini, che fa tanto il difensore dei pensionati...), Dini, e compagnia cantando negli ultimi 20 anni.

Le ultime "indiscrezioni" sono abbastanza univoche. Si parla di "possibilità di pensionamento anticipato" - su base volontaria, ma non è affatto certo - a 63 anni, se si possiedono almeno 35 (o 30) anni di contributi. Dato che la linea rossa tracciata da Padoan è che ogni intervento deve essere a "impatto zero sui conti pubblici", ne consegue che ogni ritocco sarà a carico dei pensionati stessi. L'anticipo del ritiro, insomma, se lo vuoi te lo paghi.

Sembra una concessione, ma è una truffa. Intanto perché interviene a sancire le truffe dei governi precedenti: l'età pensionabile è stata innalzata più volte, fino a raggiungere i 66 anni e 7 mesi, nel mentre stesso si sosteneva di voler "creare occupazione per i giovani". Anche un imbecille capisce che o l'una o l'altra. I posti di lavoro, infatti, non sono per nulla aumentati, anzi; quindi bloccare sul posto di lavoro gli anzianissimi - per lo meno nelle mansioni che a quell'età possono essere ancora svolte - significa automaticamente incrementare la disoccupazione giovanile.

In secondo luogo, perché ogni "riforma" pensionistica ha violato il patto tra lavoratori e Stato stretto al momento dell'assunzione: io rinuncio a una certa quota di salario sotto forma di contributi previdenziali e tu me li restituirai a rate, sotto forma di assegno pensionistico, quando non ce la farò più a lavorare. Ovviamente con le rivalutazioni monetarie legate al passare dei decenni.

Oltre alle pedite già "consolidate", dunque, il governo pensa di proporre l'ultimo ricatto: non ce la fai più, vero? Vorresti proprio fermarti anche per favorire i tuoi figli alla disperata ricerca di un lavoro? Bene, potrai farlo se rinuncerai ad un altro 3-4% di assegno per ogni anno in meno rispetto al limite di 66,7 anni. Ma sii contento, in fondo non ti toglierò più di un altro 10-12% aggiuntivo a quanto ti ho tolto in precedenza... Te lo giuro. O almeno cerco di fartelo credere ("presto, serve una ministra giovane e sorridente per convincere questi vecchietti da rimbambire!").

Fioccano perciò le categorie che dovrebbero essere interessate per prime a questa tosatura supplementare: “esodandi” non ancora coperti dalle diverse ondate di "salvaguardia", disoccupati over 62 che hanno ormai finito il periodo sotto ammortizzatori sociali e donne. Magari non tutte, forse solo quelle con figli.

Dovendo fa combaciare al centesimo leggi esistenti, conti dello Stato, esigenze della propaganda governativa, i meccanismi sono davvero contorti. Dovrebbe rientrare tutto sotto forma di un decreto apposito compreso nella legge di stabilità. Ma i tempi sono stretti e la materia ingarbugliata. Intanto, però, con la fine dell'anno scattano tutta una serie di "finestre" (generalmente in chiusura) che o vengono riviste ora, oppure non si può fare poi molto.

Come si usa dire, "i tecnici sono al lavoro". Ma per quanto si sforzino, qualsiasi soluzione di "anticipo con perdita" - anche se si traduce in un forte risparmio sui conti dell'Inps sul lungo periodo - nell'immediato significa un aggravio dei conti pensionistici, perché bisogna pagare più assegni (anche se più leggeri). Mancherebbero tra 800 milioni e 1 miliardo, e quindi stanno cercando di "limare" le proposte in modo tale da sfilarci anche quelli dalle tasche. Nel frattempo, però si promettono - e si danno, almeno in parte - decine di miliardi alle imprese sotto forme di "decontribuzione", oppure sotto forma di spesa per infrastrutture inutili (come la BreBeMi o la tangenziale esterna di Milano, per non dire della Tav in Valsusa).

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