E' davvero difficile sapere cosa ha in mente il governo quando parla
di rivedere alcuni dei meccanismi della "riforma Frnero" in modo da
favorire l'uscita anticipata di quelli che non ce la fanno più a stare
sul lavoro con più di 60 anni sul groppone, "salvaguardare" gli esodati e
liberare qualche posto - molto meno pagato e senza diritti - per un po'
di giovani.
Non ci riescono nemmeno gli specialisti di previdenza dei quotidiani
economici più importanti, disorientati tra formule, proposte, smentite,
assicurazioni, indiscrezioni, calcoli e falsità ben distribuite.
Ma non è difficile indovinare il filo logico: ogni pensionando ci
rimetterà ancora qualcosa, in aggiunta alle sforbiciate sanguinose
subite grazie a Fornero, Monti, Maroni (sarebbe bene che qualcuno lo
rinfacciasse a Salvini, che fa tanto il difensore dei pensionati...),
Dini, e compagnia cantando negli ultimi 20 anni.
Le ultime "indiscrezioni" sono abbastanza univoche. Si parla di
"possibilità di pensionamento anticipato" - su base volontaria, ma non è
affatto certo - a 63 anni, se si possiedono almeno 35 (o 30) anni di
contributi. Dato che la linea rossa tracciata da Padoan è che ogni
intervento deve essere a "impatto zero sui conti pubblici", ne consegue
che ogni ritocco sarà a carico dei pensionati stessi. L'anticipo del
ritiro, insomma, se lo vuoi te lo paghi.
Sembra una concessione, ma è una truffa. Intanto perché interviene a
sancire le truffe dei governi precedenti: l'età pensionabile è stata
innalzata più volte, fino a raggiungere i 66 anni e 7 mesi, nel mentre
stesso si sosteneva di voler "creare occupazione per i giovani". Anche
un imbecille capisce che o l'una o l'altra. I posti di lavoro, infatti,
non sono per nulla aumentati, anzi; quindi bloccare sul posto di lavoro
gli anzianissimi - per lo meno nelle mansioni che a quell'età possono
essere ancora svolte - significa automaticamente incrementare la disoccupazione giovanile.
In secondo luogo, perché ogni "riforma" pensionistica ha violato il
patto tra lavoratori e Stato stretto al momento dell'assunzione: io
rinuncio a una certa quota di salario sotto forma di contributi
previdenziali e tu me li restituirai a rate, sotto forma di assegno
pensionistico, quando non ce la farò più a lavorare. Ovviamente con le
rivalutazioni monetarie legate al passare dei decenni.
Oltre alle pedite già "consolidate", dunque, il governo pensa di proporre l'ultimo ricatto: non ce la fai più, vero? Vorresti proprio fermarti anche per favorire
i tuoi figli alla disperata ricerca di un lavoro? Bene, potrai farlo se
rinuncerai ad un altro 3-4% di assegno per ogni anno in meno rispetto
al limite di 66,7 anni. Ma sii contento, in fondo non ti toglierò più di
un altro 10-12% aggiuntivo a quanto ti ho tolto in precedenza... Te lo
giuro. O almeno cerco di fartelo credere ("presto, serve una ministra
giovane e sorridente per convincere questi vecchietti da rimbambire!").
Fioccano perciò le categorie che dovrebbero essere interessate per
prime a questa tosatura supplementare: “esodandi” non ancora coperti
dalle diverse ondate di "salvaguardia", disoccupati over 62 che hanno
ormai finito il periodo sotto ammortizzatori sociali e donne. Magari non
tutte, forse solo quelle con figli.
Dovendo fa combaciare al centesimo leggi esistenti, conti dello
Stato, esigenze della propaganda governativa, i meccanismi sono davvero
contorti. Dovrebbe rientrare tutto sotto forma di un decreto apposito
compreso nella legge di stabilità. Ma i tempi sono stretti e la materia
ingarbugliata. Intanto, però, con la fine dell'anno scattano tutta una
serie di "finestre" (generalmente in chiusura) che o vengono riviste
ora, oppure non si può fare poi molto.
Come si usa dire, "i tecnici sono al lavoro". Ma per quanto si
sforzino, qualsiasi soluzione di "anticipo con perdita" - anche se si
traduce in un forte risparmio sui conti dell'Inps sul lungo periodo -
nell'immediato significa un aggravio dei conti pensionistici, perché
bisogna pagare più assegni (anche se più leggeri). Mancherebbero tra 800
milioni e 1 miliardo, e quindi stanno cercando di "limare" le proposte
in modo tale da sfilarci anche quelli dalle tasche. Nel frattempo, però
si promettono - e si danno, almeno in parte - decine di miliardi alle
imprese sotto forme di "decontribuzione", oppure sotto forma di spesa
per infrastrutture inutili (come la BreBeMi o la tangenziale esterna di
Milano, per non dire della Tav in Valsusa).
Fonte
Nessun commento:
Posta un commento