Ieri il popolo portoghese aveva l’opportunità storica di mandare all’aria il sistema politico bipolare che ha governato il paese dalla fine della dittatura fascista e d'infliggere una severa punizione alla destra che da anni ormai governa il paese imponendo senza deviazioni o correzioni le ricette lacrime e sangue targate Troika. Una politica che la stessa Corte Costituzionale di Lisbona aveva più volte sanzionato, obbligando l’esecutivo di Pedro Passos Coelho a riscrivere, con qualche piccolo cambiamento, le norme che hanno imposto tagli ai salari e alle pensioni, privatizzazioni massicce, aumento delle imposte, precarizzazione del mercato del lavoro e quant’altro. Una cura da cavallo che ha in parte risanato i conti – tanto da permettere agli eurocrati di descrivere Lisbona come un partner diligente e responsabile – ma che ha gettato milioni di portoghesi nella povertà, abbattendo la qualità della vita e costringendo centinaia di migliaia di loro a emigrare, spesso nelle vecchie colonie in America o in Africa.
E invece le elezioni legislative di ieri a Lisbona hanno sostanzialmente riconsegnato il paese alla coalizione Portugal a Frente, formata dai socialdemocratici (Psd, partito di destra, nonostante il nome) e dai democristiani (CDS), che ottengono però ‘solo’ il 37% dei voti, perdendo qualche punto rispetto alla volta scorsa e restando lontani dalla maggioranza assoluta che invece secondo i sondaggi avrebbe dovuto almeno sfiorare. Per conquistare i 116 deputati necessari a governare i due partiti di destra avrebbero dovuto conquistare almeno il 45%.
A questo punto diventano determinanti i socialisti (PS) di Antonio Costa che hanno ottenuto il 32.4% dei consensi, non riuscendo a capitalizzare lo scontento di una parte, seppur minoritaria, di elettorato di centrodestra. D’altronde i socialisti sono stati penalizzati dalla scarsa verve che ha caratterizzato la loro opposizione all’austerità applicata da Passos Coelho, oltre che dai numerosi scandali per corruzione che hanno colpito i loro dirigenti, a partire dall’ex premier José Sócrates reduce da alcuni mesi di carcere.
In terza posizione si è piazzata la coalizione di sinistra europeista Bloco de Esquerda, con il 10.2% dei voti. Gli ex trozkisti, ex maoisti ed ecosocialisti si richiamano all’esperienza di Syriza in Grecia e di Podemos in Spagna e pur criticando fortemente le politiche di riduzione del debito e l’austerity in quanto tale non mettono affatto in discussione una Unione Europea che ha governato Lisbona in questi ultimi anni all’insegna dello slogan ‘sovranità zero’.
Da parte sua la coalizione tra il Partito Comunista, i verdi ed altre forze minori della sinistra alternativa (CDU) si è piazzata in quarta posizione ottenendo l’8.3% dei consensi. Un risultato discreto ma non esaltante vista la capillare mobilitazione che ha visto negli ultimi anni i comunisti in piazza reclamare soluzioni drastiche contro il saccheggio del paese e mettere in discussione la permanenza di Lisbona nell’Unione Europea e in particolare nell’Eurozona.
Dopo lo spoglio del 99% delle schede e l'assegnazione di 226 seggi sui 230 totali di cui è composta l’assemblea legislativa di Lisbona, le destre ottengono 99 deputati, il Ps 85, il Bloco de Esquerda 19 e la Cdu 17.
Mentre durante la giornata elettorale, che è trascorsa in totale tranquillità, sembrava che ci dovesse essere un aumento della partecipazione di qualche punto percentuale, alla fine il tasso di affluenza è stato simile alla volta scorsa, e abbastanza basso: 57%. Una astensione del 43% quindi, alla quale occorre aggiungere un 2.1% di schede bianche e un 1.6% di schede nulle. Di fatto il nuovo parlamento di Lisbona è espressione del 53% appena degli aventi diritto al voto, segno che anche in Portogallo la fiducia nel sistema politico non è particolarmente alta.
Dal punto di vista geografico, da notare che il paese è uscito dal voto di ieri letteralmente spaccato in due: le destre prevalgono a Lisbona e nel centro-nord, i socialisti hanno la meglio nelle regioni interne del centro, in tutto il sud e nelle Isole Azzorre.
Se anche la destra ha vinto e tira un sospiro di sollievo, ora si pone il problema della formazione del nuovo governo. Che potrebbe nascere soltanto da una grande coalizione tra Portugal a Frente e Socialisti; Passos Coelho dovrebbe moderare un po’ il suo programma di controriforme per accontentare alcune rivendicazioni di Costa compatibilissime con i diktat di Bruxelles e Francoforte. Ma l’abbraccio con le destre potrebbe essere fatale, alla lunga, per i socialisti.
Alcuni analisti parlano invece della possibilità di un “governo delle sinistre”, cioè di un’alleanza tra socialisti, Bloco de Esquerda e Comunisti. Un’alleanza tutta teorica, viste le enormi differenze programmatiche tra le formazioni e la prospettiva, tutt’altro che esaltante per i partiti di sinistra, di fare la stampella alle “politiche rigoriste dal volto umano” dei socialisti. Una prospettiva che forse può convincere alcuni settori del BE in nome della cacciata di Coelho dal potere, ma non certo i comunisti che pretendono una rottura radicale con il pilota automatico imposto da Ue e Fmi.
Certo, le destre potrebbero anche governare in solitario con un esecutivo di minoranza, ma l’ultima volta che qualcuno ci ha provato è andata male. Nel 2011 i socialisti che governavano senza maggioranza assoluta hanno dovuto rinunciare quando le destre si rifiutarono di astenersi sulla Legge di Bilancio e spianarono la strada alla vittoria di Passos Coelho.
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