di Samuel Osborne – (The Independent), traduzione e cura di Francesco Spataro
Le più grandi banche britanniche stanno programmando di spostare i propri affari all’estero; questo l’avvertimento del direttore dell’Associazione Banchieri Britannici (omologa della nostra ABI), Anthony Browne, vista l’incertezza che scaturisce dal processo per la Brexit.
Mr. Browne dà la colpa al timore che i politici della UE possano tentare di ostacolare i mercati finanziari per indebolire la City di Londra durante i negoziati per i trasferimenti già pianificati. Lo stesso Browne prevede che già nelle prossime settimane le banche minori potrebbero cominciare a spostare alcune operazioni oltremanica, seguite da quelle più grandi nei primissimi mesi del 2017.
Browne ha dichiarato: “Le loro dita fremono sul pulsante del trasferimento.” E scrivendo su “The Observer” (quotidiano inglese di stampo liberal/socialdemocratico) afferma: “L’attività bancaria è probabilmente il settore dell’economia più influenzato di ogni altro dalla Brexit, sia dal punto di vista dell’impatto che da quello degli effetti. E’ di gran lunga l’industria di esportazioni più grande del Regno Unito ed internazionalmente la più instabile rispetto al resto. Ha le sue regole ed i suoi diritti legali che mette al servizio dei propri clienti al di là dei confini della UE. Per le banche, la Brexit non significa solo tariffe addizionali che vengono imposte sul mercato, come di solito avviene negli altri settori; ha a che fare anche con il diritto delle banche stesse a fornire i propri servizi.”
Al settore piacerebbe che la routine del “passporting” (un regime consueto o per meglio dire “documentato”) con l’Ue persistesse; tale routine permetterebbe alle imprese di servizi finanziari con base nel Regno Unito di operare attraverso l’Europa senza chiedere un nulla osta separato.
Browne osserva che fra gli euroscettici britannici e nelle capitali europee “questo tipo di retorica si sta rafforzando e consolidando sempre più” e che la politica potrebbe cancellare ogni vantaggio economico permettendo al sistema attuale di rimanere relativamente intatto.
“Il problema sopraggiunge quando – a giudicare da quella stessa retorica, come sembra sempre più verosimile – i governi nazionali tenteranno di usare i negoziati di uscita dalla UE per costruire degli ostacoli attraverso la Manica per dividere in due il mercato finanziario integrato europeo, in modo da imporre le commesse che provengono da Londra.
Da una prospettiva europea questo sarebbe come darsi la zappa sui piedi.
Tutto ciò potrebbe fare in modo che alcune commesse si spostino a Parigi o Francoforte, ma per le società con sede in Francia od in Germania diventerebbe più costoso guadagnare con un investimento del genere, rallentando così l’intera economia”
Le banche hanno richiesto una serie di adeguamenti transitori, da mettere in atto dopo che il Regno Unito lascerà la UE ma l’incertezza sul futuro – con anni a venire di negoziati con Bruxelles – le ha lasciate con poca scelta, se non fare i passi adeguati per proteggere il proprio futuro, e la loro stessa esistenza.
Mr. Browne ha dichiarato inoltre: “Le banche potrebbero sperare in meglio, ma devono pianificare il peggio. Ora la maggior parte delle banche internazionali possiede team di ricerca che elaborano e sviluppano il tipo di operazioni di cui hanno bisogno per assicurarsi che possano continuare a fornire servizi ai propri clienti, la scadenza di tali servizi ed il modo migliore per farli.
Le loro dita fremono sul pulsante del trasferimento. Molte banche più piccole stanno progettando di iniziare i trasferimenti prima del periodo natalizio; quelle più grandi pensano di iniziare la primavera prossima.
Londra sopravviverà come centro finanziario globale. La finanza, dopotutto è creatività e troverà un modo per uscirne; ostacolare il mercato dei servizi finanziari dall’altra parte della Manica ci renderà tutti più poveri, non solo nel Regno Unito ma ovunque in Europa.
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