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28/10/2016

I Pirati islandesi, antisistema ma non troppo

Il Partito Pirata, una nuova formazione politica anti-establishment islandese, si prepara a invadere il parlamento di Reykjavik con il voto anticipato di domani, nel quale gli elettori – stando ai sondaggi – sembrano intenzionati a punire un governo di centrodestra la cui reputazione è stata nettamente offuscata dallo scandalo “Panama Papers”.

L'Islanda ha indetto elezioni anticipate ad agosto dopo lo scandalo di evasione fiscale di livello internazionale che ha coinvolto anche vari politici ed è costato la poltrona al premier. Le rivelazioni sull'evasione fiscale hanno sconvolto l'opinione pubblica e riacceso la rabbia popolare esplosa già durante la crisi finanziaria del 2008 che ha squassato il sistema bancario islandese e condotto a una grave depressione economica.

Nonostante da allora l'Islanda sia tornata a una crescita solida del quattro per cento e la disoccupazione sia diminuita, anche grazie alla pressione popolare che ha disarcionato il governo di allora e frenato nettamente il pagamento del debito contratto nei confronti delle banche britanniche e olandesi, nel paese è in crescita un sentimento di severa critica nei confronti del sistema politico tradizionale, a partire dalle manifestazioni di massa scoppiate dallo scorso aprile dopo le rivelazioni dei Panama Papers.

Le elezioni sono state indette dopo le dimissioni ad aprile del premier Sigmundur David Gunnlaugsson, la prima importante figura pubblica a cadere vittima dei Panama Papers, che hanno rivelato che ben 600 cittadini islandesi, tra cui vari ministri, banchieri e imprenditori hanno accumulato consistenti tesoretti nei paradisi fiscali. Il governo è rimasto in carica, ma il successore di Gunnlaugsson, Sigurdur Ingi Johannsson, resta profondamente impopolare perché legato alla classe imprenditoriale e invischiato nel sistema che ha tollerato l'evasione fiscale. Anche il presidente Olafur Ragnar Grimsson, a giugno, ha rinunciato a candidarsi per un sesto mandato dopo che nelle carte panamensi era emerso il nome della moglie.

Piuttosto che rivolgersi alla destra populista e xenofoba, come avviene in vari Paesi europei, gli elettori islandesi sembrano voler dare una chance ai partiti di sinistra, in particolare al Partito dei Pirati nato solo 4 anni fa. Ma la futura composizione del parlamento è tutt'altro che chiara in un Paese di poco più di 330mila abitanti.

In base all'ultimo sondaggio il Partito Pirata è dato testa a testa con il Partito dell'Indipendenza, di destra, che governa dal 2013 l'Islanda in coalizione con i centristi del partito Progressista.

I Pirati, fondati nel 2012 da alcuni attivisti per lo più di tendenza libertaria e da alcuni “ex hacker”, si preparano a ottenere oltre il 22% dei voti, secondo un sondaggio dell'università di Reykjavik. La percentuale si tradurrebbe in 15 dei 63 seggi dell'Althingi, il parlamento islandese, rispetto ai cinque conquistati alle precedenti elezioni.

Il partito dell'Indipendenza è dato come secondo con il 21%. Un esito del genere, ammesso che venga confermato, non consentirebbe evidentemente ai Pirati di governare da soli ma potrebbe dar loro il potere di formare una coalizione di governo. Il partito ha già escluso di poter governare insieme alle formazioni di destra e centrodestra che osteggia, ma ha auspicato un dialogo con l'attuale opposizione rappresentata dal movimento Sinistra-Verdi, che potrebbe ottenere circa il 18% contro il 9% assegnato dai polls al Partito dei Progressisti.

Il Partito Pirata, guidato dalla fondatrice Birgitta Jonsdottir, spera di capitalizzare la profonda sfiducia nella élite politica soprattutto tra i giovani, che però sono i meno propensi ad andare alle urne. Anche se alcuni media definiscono i Pirati come 'antisistema', il programma della formazione non è affatto radicale: si va dalla lotta contro la corruzione e per una maggiore trasparenza delle istituzioni pubbliche, alla libertà di accesso ad internet, dalla lotta contro il copyright alla depenalizzazione delle droghe, dall'aumento degli istituti di democrazia diretta all'ampliamento dei diritti civili.

Nessuna particolare proposta in campo economico – a parte la proposta di aumentare la tassazione sui cittadini più ricchi – contraddistingue il Partito che non nasconde di essersi ispirato ad una analoga formazione attiva in Svezia e anche all'italiano Movimento Cinque Stelle.

In caso di vittoria, inoltre, i Pirati hanno anche promesso l'indizione di un referendum sulla ripresa dei negoziati di ingresso dell'Islanda nella Unione Europea, bloccati qualche tempo fa dai partiti di centro e destra.

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