Da ieri il presidente afghano Ghani non dormirà sonni tranquilli. Il vice che si è scelto, il signore della guerra d’origini uzbeke Rashid Dostum, ha parlato fuori dai denti e l’ha avvertito: guai a non rispettare il suo ruolo e la sua etnia. Nel farlo pubblicamente, in una conferenza stampa, ha sfoggiato tutta la prosopopea possibile, compreso l’aggressivo look del guerriero, come fosse un capitano di ventura rinascimentale. Di quella tipologia il generale ha tutti i geni. Pochi come lui possono vantare una versatilità nel trasformismo politico-militare che attraversa quarant’anni di storia afghana: due invasioni di eserciti stranieri, una sanguinosa guerra civile e ogni dopoguerra. Dostum è stato coi sovietici e coi governi “amici” voluti da Mosca e con la Cia che, dopo aver organizzato i mujaheddin contro i russi, li ha foraggiati anche contro i talebani, a loro volta sostenuti tramite gli alleati sauditi e pakistani. Tutto ciò è più che storia, diventa letteratura della storia del popolo afghano sottoposto al Grande gioco delle potenze mondiali dal XIX secolo a oggi.
Dostum è finito al fianco di Ghani, ultimo fantoccio del progetto statunitense di controllare l’Afghanistan, per garantire al presidente voluto dalla Casa Bianca un’incolumità di fronte al pericolo, nient’affatto teorico, che dopo le elezioni presidenziali del 2014 i gruppi stretti attorno alla candidatura sua e di Abdullah prendessero le armi, gli uni contro gli altri. L’exit strategy (mai compiuta del tutto) doveva concludersi e la recita della democratizzazione del Paese, cui contribuisce anche l’Unione Europea, necessitava di nuovi attori. Così i contendenti, e i signori della guerra che gli stavano attorno, trovarono il compromesso: Ghani presidente, Abdullah premier, Dostum vicepresidente, Sayyaf presente nel sottobosco parlamentare oltre che di governo. Contro questo disegno, che per reggersi non può dimenticare il pashtunwali e tutte le regole fra clan tribali, Dostum ha iniziato a scalpitare perché le etnie pashtun, cui appartiene Ghani, e tajika, riferimento familiare di Abdullah, la fanno da padrone.
Il generale uzbeko, che vive la politica dei palazzi come un noioso ingombro di cui farebbe a meno a favore delle maniere spicce e forti, non gradisce l’attuale presente con cui Ghani trama con suoi antichi nemici. Il più noto e tuttora potente è Galbuddin Hekmatyar, contro cui Dostum si scontrò apertamente nel triennio 1992-94. I reciproci cannoneggiamenti di Kabul fecero ottantamila vittime civili. Beh, con Hekmatyar, Ghani ha di recente stretto un patto di collaborazione, per l’intento non velato di utilizzarlo quale ambasciatore verso quei talebani che potrebbero stabilire colloqui di non belligeranza col governo. Una mossa che è comunque un terreno minato, perché gran parte dei clan talebani hanno invece scelto di attaccare in ogni angolo la sempre più debole amministrazione statale afghana. I talib sentono di poter imporre scelte e non sono propensi a trattare oppure lo faranno alla loro maniera. In più, a seguito dei frazionamenti già avvenuti, per non perdere militanti a favore della propaganda jihadista dell’Isis continuano ad attaccare l’esercito afghano.
Ma quest’ultimo non potrà mai opporsi adeguatamente alle milizie dei turbanti se continua a essere organizzato da personaggi come Mohammad Stanekzai. Questi è il capo dell’Intelligence insediato da Ghani e, a detta di Dostum, ha simpatie talebane tanto che la struttura che dirige fa acqua da tutte le parti. Stanekzai – tuona il vicepresidente – è l’esempio più sciagurato dei doppiogiochisti che contornano Ghani, che in fondo sono come lui: per curare interessi personali cercano di stare coi piedi su più staffe. Questi faccendieri e corrotti provocherebbero un danno doppio, mostrando ai sottoposti una totale assenza di posizioni e – afferma Dostum – senza un disegno, un’unica linea di condotta, un senso d’appartenenza chi lavora per la nazione non crede a quel che fa. Certo il pulpito da cui vengono simili riflessioni non è irreprensibile né immacolato, ma può far meditare il destinatario visto che Dostum non rinnega i percorsi di vita e li ripropone. Per ribadire il concetto, facendo riferimento a Najibullah (politico manovrato dai sovietici, prima difeso quindi abbandonato al suo destino dal signore della guerra uzbeko) ha detto: “Certe persone le ho fatte saltare in aria politicamente e militarmente”. Il futuro per Ghani diventa un incubo.
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