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24/10/2016

Il gioco internazionale di Renzi tra Washington, Mosca e Tel Aviv

Nel giro di una decina di giorni, Renzi ha:

– deciso l’invio di un contingente di 400 uomini in Lituania;
– reso visita ed omaggio ad Obama per riceverne la paterna benedizione;
bloccato le nuove sanzioni contro la Russia sostenute dalla Merkel;
– sostenuto un vigoroso contrasto con la Ue tanto sulla questione dello sforamento di bilancio quanto sulla questione degli immigrati;
– fatto il muso duro con Londra sulla questione della Brexit;
incassato l’appoggio referendario dell’internazionale “socialista”;
– preso nettamente le distanze dalla delibera Unesco su Gerusalemme (che in effetti è una vera porcheria).

Un grande attivismo, non c’è che dire, ma vale la pena di spendere qualche parola sul significato di passi la cui coerenza sfugge a prima vista.

Infatti, da un lato ribadisce il tradizionale allineamento con gli amici di Mosca e di Tel Aviv (in perfetta continuità con l’eredità berlusconiana), dall’altro si imbarca nell’avventura militare ai confini della Russia. Che coerenza c’è fra le due cose? Poi: ripete il mantra “ce lo chiede l’Europa” per sollecitare il Si alla riforma costituzionale ed incassa l’appoggio dei socialisti europei, ma insieme attacca briga con la Merkel e con la May, fa il capitan fracassa contro la Ue sfidandola (per il tramite di Padoan) a scegliere fra Italia ed Ungheria. Anche qui, sembra di essere in presenza di uno spericolato gioco funambolico. Ed in effetti di ciò si tratta.

Renzi resta ancorato alla sua politica filo Mosca e filo Tel Aviv, ma è alla vigilia di un referendum molto rischioso, per cui non ha nessuna intenzione di mettersi contro gli amici d’oltre atlantico: ecco perché va a fare visita al padrone, facendosi precedere dal grazioso dono di 400 uomini per il Baltico, in perfetta sintonia Nato, ed incassa lo Yes del tardo Obama.

Poi strizza l’occhio all’americano in tema di politica dell’austerità per fare uno sgambetto ai tedeschi ed avere, implicitamente, un appoggio sulla questione dello sforamento, però cerca ed ottiene tutti gli appoggi europei (ultimo quello dei “socialisti”) per il referendum, sapendo che tutti, da Obama agli eurocrati vogliono una vittoria del Si non per amor suo o perché rapiti dalla folgorante bellezza della sua riforma, ma perché la Santa Alleanza delle élite dominanti, dopo la Brexit, vedono come la peste un nuovo referendum che sconfessi un governo in carica. Per cui, lui sfrutta il vantaggio di posizione, continuando i suoi soliti giochetti del piede in due scarpe. E, se occorre, anche tre.

Una politica che non ha disegno strategico ma è fatta di molta tattica. Un gioco astuto più che intelligente, da consumata volpe pronta ad inserirsi in ogni fessura che gli si apra.

Mi ricorda un altro politico italiano, molto astuto, che si dilettava nella politica dei due forni all’interno ed all’esterno, come si disse “della moglie americana e dell’amante libica”. Una vecchia volpe della politica italiana che qualcuno avvertì: “Tutte le volpi, prima o poi, finiscono in pellicceria”. E, in effetti, dopo Sigonella e dopo Gladio, la moglie americana decise di mandare in pellicceria il fedifrago e gli fece ben bene la pelle.

Mi sfugge il nome del politico in questione, però ho ben presente che era molto, molto più furbo del nostro Renzi, ma finì lo stesso in pellicceria. Attento Matteo!

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