di Stefano Mauro
“Siamo finalmente vicini all’elezione del presidente della repubblica” con queste parole il presidente del parlamento libanese e leader di Amal, lo sciita Nabih Berri, ha esordito ieri nel suo intervento all’assemblea generale interparlamentare di Ginevra. Dallo
scorso giovedì, in effetti, diversi avvenimenti si sono succeduti e
potrebbero portare, finalmente, all’elezione del presidente della
repubblica libanese nella prossima seduta parlamentare del 31 Ottobre.
Dal maggio 2014, infatti, il paese dei cedri non ha un capo dello stato.
Dopo la scadenza del mandato dell’ultimo presidente, Michel Suleiman,
le forze politiche che compongono il parlamento libanese non sono
riuscite a trovare un accordo per l’elezione della carica presidenziale.
In questi trenta mesi di stallo politico, il paese è scivolato
in una progressiva crisi economica e sociale sfociata nel movimento
trasversale “You Stink”. Le proteste del movimento erano e sono
le seguenti: il superamento del sistema confessionale e clientelare,
il progressivo degrado dei servizi essenziali quali lo smaltimento dei
rifiuti, l’acqua o l’energia elettrica, la crescente disoccupazione e
l’accoglienza di oltre un milione e mezzo di rifugiati provenienti dal
conflitto siriano.
In base al ”Patto Nazionale” del 1943, retaggio del
colonialismo francese, i poteri in Libano vengono divisi su base
confessionale: la presidenza della repubblica va ad un cristiano
maronita, la presidenza del governo ad un musulmano sunnita e quella del
parlamento ad un musulmano sciita, oltre alla suddivisione etnica dei
seggi del parlamento. Una tale divisione, creata in base alla
popolazione dell’epoca, non rispecchia più il reale andamento
demografico di questi ultimi anni e le concrete aspirazioni della sua
popolazione che vorrebbe, invece, il superamento dei vincoli
confessionali.
Lo scontro politico è visibile tra i due schieramenti che partecipano
al governo di unità nazionale presieduto dal sunnita Tammam Salam.
Da una parte il movimento “8 Marzo”, a maggioranza sciita e
cristiano-maronita, guidato da Hezbollah e dalla Corrente Patriottica
Libera del candidato alla presidenza Michel Aoun. L’”8 marzo”
sostiene il regime di Bashar Al Assad ed è intervenuto militarmente nel
conflitto siriano per non far cadere il Libano nel baratro della guerra
civile e del terrorismo jihadista. Dall’altra parte il
movimento “14 Marzo”, guidato dal sunnita Saad Hariri leader del partito
Al Mustaqbal (Futuro), ostile al regime siriano e sostenuto
politicamente dall’Arabia Saudita e dalla Francia. Sia Hariri che l’altro leader del movimento, Samir Geagea segretario delle Forze Libanesi (destra maronita), avevano da subito
sostenuto il rivale di Aoun alla presidenza: Suleiman Franjieh. Le
prime crepe nell’alleanza del “14 Marzo” si sono avute lo scorso aprile
quando, a sorpresa, Geagea dichiarò il suo sostegno politico
all’acerrimo rivale Michel Aoun, favorendo la creazione di un unico
fronte tra le forze politiche cristiano-maronite.
Lo scorso giovedì, invece, lo stesso Saad Hariri ha
dichiarato il suo “sostegno alla candidatura del generale Aoun per la
presidenza della repubblica, sulla base di un accordo politico di
convergenza per il bene del Libano”.
Hariri, in una conferenza stampa congiunta con il generale, ha
inoltre aggiunto di “voler dare una speranza al Libano con la presidenza
di Aoun” per “rilanciare lo stato, le istituzioni, i servizi di base e
per riportare i libanesi ad una vita normale”.
Nonostante le dichiarazioni di facciata la scelta di Hariri è stata obbligata
principalmente per due motivi. Il primo è il progressivo isolamento
politico del suo partito, sia a livello nazionale che internazionale, e
la conseguente sconfitta alle elezioni amministrative dello scorso
maggio. Il secondo è “la via d’uscita” offerta recentemente ad Hariri
dal suo “nemico” e vero vincitore politico per la conclusione dello
stallo: Hassan Nasrallah. Il leader di Hezbollah, nei mesi
precedenti, aveva proposto all’ex pupillo di Riyad la carica di primo
ministro di un governo di unità nazionale in cambio del sostegno alla
presidenza della repubblica per Aoun.
Nella serata di domenica lo stesso generale maronita ha incontrato
pubblicamente il segretario di Hezbollah per ringraziarlo in merito
alla sua mediazione politica e per sancire l’alleanza tra i due partiti
e la vittoria politica del fronte dell’”8 Marzo”. Il sostegno
di Hariri, infatti, rappresenta un’ulteriore sconfitta per quelle
nazioni straniere – principalmente l’Arabia Saudita, gli Stati del
Golfo e Israele – che, attraverso lo stallo politico, miravano ad una
maggiore ingerenza nelle dinamiche interne del paese dei cedri.
Al contrario la scelta del leader sunnita rappresenta una duplice
vittoria per la corrente del “Blocco della Resistenza”. Per prima cosa
pone Hezbollah come principale e indiscussa forza politica del paese.
Il movimento sciita è diventato sempre più una risorsa “indispensabile
sia per quanto riguarda la “resistenza” alle ingerenze esterne (Arabia
Saudita, Israele) sia per la parte di mediazione tra le differenti parti
politiche per il dialogo e l’unità nazionale. L’appoggio di
Hariri, quindi, spiana la strada all’elezione come presidente della
repubblica per il generale Aoun e allontana il paese da una pericolosa
instabilità politica durata tre anni.
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